Giu
Giu
Cinque come le dita di una mano che afferrano e tengono stretto.
Cinque come le vocali che rendono musicali le parole.
Cinque come gli anni di un tempo perduto.
Cinque come le maestre di una scuola elementare da salutare, senza potersi più voltare indietro.
“Come ti vesti per il pranzo di fine quinquennio scolastico?”
“Da funerale!”, ha risposto incisiva la decenne, mostrandosi indispettita per un tempo che, bastardo, si sfalda inesorabile.
Così, avvolti da una luce bianca, in un posto con il cielo addosso, una classe di quinta elementare, che classe più non era, tanti genitori e le maestre, hanno celebrato un addio.
Dentro un girotondo di emozioni nostalgiche, una maestra ha pianto, le bambine hanno pianto, qualche mamma ha pianto, suggellando un talento matriarcale a stare dentro le cose, con coraggio. Mentre i papà ed i ragazzini (tranne sparse eccezioni), si defilavano con il corpo o con la mente, perché si sa, l’attitudine oscura dello stare altrove è tutta maschile.
E tra chiacchiere, risate, lacrime, sguardi di intesa, amicizie consolidate, siamo rimaste ferme e vicine, ancora un po’ e ancora un po’, con addosso la silente percezione, come un dejà vu capovolto, come una premonizione, che l’urgenza del presente rapirà la memoria di questi anni lievi.
Poesia pura……ma è vita invece… e passa veloce come sabbia tra le dita…..
Stringiamo presto le mani…….
Grazie Laura, grazie di cuore.. 🙂