Set
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Cammino veloce davanti al mare la mattina presto (sì ho ripreso, i 40 minuti solitari, ché mi girava dentro la nostalgia) e mentre cammino scorrono volti e corpi in movimento . Li guardo appena quell’attimo che serve a conservare negli occhi l’ultimo gesto, come una polaroid.
Ecco alcune foto:
– signora, età tanta, rossetto colorato, capelli color distesa di grano bruciato dal sole di agosto. Il completo da corsa: vestito comodo, in lycra forse, con grandi fiori rosa e neri, sandali Dottor qualcosa tutti d’ oro. Ci guardiamo, è un attimo. Mi supera, mi giro a osservarla. Sì, è vera. Sorrido in ritardo a lei che non può più guardarmi . Avrei voluto dirle che mi piace la sua libertà sportivo-espressiva, mi piace la sua strafottenza. E’ un punto fiorato lontano, ora.
– signore dai capelli color nero irreale. Baffi conquestimisentoungigolò dello stesso colore improbabile. Camicia a righe color mal di testa, cintura e pantaloni color tristezza. Giace appoggiato alla ringhiera che delimita la Via Italo Falcomatà. Dall’altra parte il mare. Che il tipo non guarda. Osserva le donne. Non tutte intere: nella zona che va dall’attaccatura del collo alla bocca dello stomaco.Intanto il suo dito indice destro esplora le sue profonde cavità nasali. Sarà un gesto tribale. E poi dicono che gli uomini non sono in grado di compiere due azioni contemporaneamente.
– due donne. Stessi leggins neri. Canotte ugualmente scollate , ugualmente tecnologiche. Una è rosa fluo, l’altra giallo fosforescente. Sembrano due evidenziatori, ma un tantino più boni.
– signore che corre con giacca anti vento e lungo ombrello dal manico ricurvo. L’ombrello non è aperto. Ancora non piove. L’acqua dalle nuvole arriverà tra cinque minuti. Il signore non si bagnerà. Io che oltre al cellulare e le cuffie per ascoltare la musica, in mano non porto niente, sì.
Sarà bellissimo.
Anch’io guardo la vita scorrermi accanto, e mi piace leggere i volti ed i corpi di altri me stessi di cui non vivo, però e per fortuna, la loro vita. Mi basta la mia per soffrire abbastanza; ma il dolore o la voglia di vivere degli altri mi aiuta sempre , mi ricorda che son ancora viva e che posso ancora sorridere. Il rischio dello stare a guardare può essere quello di diventare spettatore anche di sé stessi mentre, ho imparato, che la “vita o la si vive o la si scrive”.
Mia cara Cetti, il dolore (con le sue molteplici gradazioni) purtroppo è una componente imprenscindibile della vita (sempre che non la attraversiamo come armadi chiusi). Poi spetta a noi decidere cosa farcene. Se farlo diventare un piedistallo sul quale salire o convertirlo in una opportunità per vedere e sentire in profondità la vita nostra e quella degli altri. E per vedere e sentire che la vita è bellissima nonostante tutto, sia che la viviamo sia che la scriviamo e sia che la osserviamo con sguardo benevolo. Vedo che tu hai sagacemente scelto la seconda strada 🙂 Ti abbraccio forte e ti bacio anche.