2014 archive

Che cos’è l’amor

Ieri Tizianeda, ha visto in rete un video, pieno di bambini. Un signore che senti solo la voce, ha chiesto cosa fosse l’amore. I bambini hanno risposto senza inutili pudori e Tizianeda ascoltandoli ha pensato che l’amore non è, almeno non subito. L’amore ancor prima di essere, lo senti. I bambini questo lo sanno.
L’amore lo senti nel cuore, lo senti nello stomaco, nelle gambe emozionate, sulla pelle, sulle spalle, sulle dita, nel mondo fuori che gira come una giostra piena di lucine colorate e pacchiane. E sudi, ti arresti, sorridi, ti viene la pelle d’oca, sei rilassato, confuso, lucidissimo, protetto, sperduto, invincibile, vulnerabile, solido, coerente, contraddittorio, vuoi restare, vuoi andare, sei piccolo, sei immenso, sei adulto, sei un bambino.
E allora Tizianeda ha pensato alle volte in cui sente tutto questo amore qui.

– lo sente, per esempio, quando si avvolge con lo scialle di lana scudoprotettivo di sua nonna Bianca. Grigio, con le frange e le maglie larghe. Lo sente sulle spalle calde, sulle braccia e dentro i suoi ricordi. E poco importa se lo scudo protettivo la rende la donna meno attraente dell’universo interplanetario. A lei proprio non interessa, perché con quello addosso è felice.

– lo sente in bocca e ha il sapore del caffè. Ma di più alle sette del mattino quando è sabato, perché non è sola ad assaporarlo, e in quel momento si sente consolata. Lo sente alle nove, nei giorni lavorativi, tranne il lunedì e il venerdì chè non lo beve in compagnia, e alle undici preannunciato da un messaggio a cui segue una risposta a cui segue un’altra risposta e a volte un’altra ancora.

– lo sente sullo stomaco e sulle gambe. Ha il peso di braccia e ginocchia ossute di un bambino di otto anni, nell’ora delle coccole e del sonno.

– lo sente tra la spalla e il collo, su quella curva fatta apposta per accogliere. Ha il peso della testa di una ragazzina di dodici anni che la sta abbracciando.

– lo sente nelle orecchie, ed è un suono che si chiama voce e la voce racconta e confida sapendo di potersi affidare, facendo fluttuare storie che a Tizianeda rimangono incastrate per sempre dentro il cuore che batte forte.

– lo sente nei piedi, quando cammina la mattina davanti al mare, veloce e allegra, ché lì in quel luogo sospeso ci si sorride tutti e c’è chi poggia la mano sul cuore, per salutare. Ed è bellissimo.

– lo sente sui palmi delle mani quando stringe mani altre, per consolare o essere consolata o semplicemente per riposarsi un po’ dal rumore e dal caos.

– lo sente sulla guancia, quando le arriva inaspettato un bacio caldo che sprofonda sulla pelle e le viene da sorridere.

E lo sente in un mucchio di altri posti, come tutti del resto. E certo, lo sente anche nel cuore, nello stomaco e nelle gambe, all’occorrenza.
Lo sente quando è a casa nei suoi 90 mq che l’avvolgono e quando è fuori, esposta e vulnerabile, chè la vita e l’amore per essere accolti ti vogliono così a braccia spalancate. Come i bambini del video che con limpidezza innocente ce lo hanno ricordato, facendoci sentire tutti innamorati.

Tizianeda

Starsky & Hutch

E’ salita su un treno che dovrebbe andare veloce come una freccia, ma non lo fa. Ha pagato una somma spropositata, perché il biglietto ridotto lo avrebbe dovuto acquistare il giorno prima. Ha un po’ imprecato, ma silenziosamente, non potendo prendersela con il signore dei biglietti dietro lo sportello, che la guardava come una sprovveduta senza possibilità di redenzione.
Si è sistemata nel suo posto e ha acceso il pc, con l’intenzione di approfittare di quel tempo di tranquillità e solitudine per scrivere qualcosa. Ha scritto pochissimo perché si è fatta distrarre dal sud suddissimo che scorreva dall’altra parte del finestrino. Ha lasciato che la incantassero il mare, la luce intorno, le rocce, la Sicilia alla fine di tutto, la vegetazione, la lontananza dell’orizzonte e un vagone vuoto. Poi è arrivata dove doveva arrivare, è scesa dal treno e ha aspettato. Dopo venti minuti sono venuti loro, i suoi colleghi, che per rispetto della privacy chiameremo sobriamente Starsky & Hutch. Uno bruno, riccio, scuro di pelle e con un cappello in testa, l’altro biondo, gli occhi chiari e gli occhiali da sole. Fumavano. Sono giunti su una macchina piccola, bassa, capace di andare velocissimo e con una striscia nera che la attraversava tutta. Tizianeda, che è piccola pure lei, si è seduta sul sedile posteriore, stando comodissima. Ma questo Starsky & Hutch, lo avevano previsto. Poi hanno iniziato a chiacchierare. E Tizianeda, abituata ormai da tempo alla complessità ossimora delle conversazioni femmine, ha provato un piacere leggero nell’interagire con maschi adulti e single, che ha osservato come un fenomeno al quale non è più avvezza. Starsky le ha mostrato la fotografia della nuova versione di un automobile che usavano i nostri padri, esaltandone la bellezza estetico-vintage. Tizianeda l’ha guardata rimanendo indifferente. Hanno parlato di donne e di calcio, i cui dettagli vi verranno risparmiati. Tiziana ha raccontato la sua vita di donna multitasking con figli, e non sa se Starsky & Hutch si sposeranno mai più. Si sono lasciati andare a ragionamenti sulle differenze di genere, hanno usato metafore matematiche, sono giunti alle medesime conclusioni. Gli esperti di genere, più avvezzi ad analisi complesse, forse scuoterebbero la testa inorriditi. O forse no e ne trarrebbero, invece, ispirazione. Ma che importa, loro si sono divertiti. Almeno così è stato per Tizianeda. Poi Starsky & Hutch, giunti nella città di destinazione, hanno acceso il navigatore satellitare, e come due rigorosi asceti dediti alla contemplazione, si sono dimenticati della collega seduta sul sedile posteriore. Tizianeda, in barba a tutti gli stereotipi, ha pensato che se al posto di Starsky & Hutch, ci fossero state Telma e Luise, lei avrebbe continuato a chiacchierare con loro, vista l’attitudine naturale delle donne a svolgere più azioni contemporaneamente. Anche se con Telma e Luise il finale sarebbe stato diverso.

Tizianeda

Da qualche parte

“Mamma non lo troviamo da nessuna parte”
“Come non lo trovate, non può essere sparito in 90 mq”
“Mi sto preoccupando, mamma, veramente anche i suoi amici si stanno preoccupando…”

Domenica l’ottenne ha allietato le sue ore pomeridiane, in compagnia di due amici che ama molto: G. suo “opposto e completamento” e D. che ha il suo stesso sguardo visionario e folle.
Poi c’era anche la dodicenne, che guarda come un fenomeno strano e una certa tenerezza, questi maschi che vivono in un mondo così diverso dal suo. Però, domenica pomeriggio, un po’ per rassegnazione, un po’ perché l’entusiasmo di chi ci circonda per quanto incomprensibile, è sempre coinvolgente, anche lei ha giocato con loro, a quel gioco antico come la terra di cui tutti i bambini non possono non sentire la forza attrattiva : nascondino. Che è una sfida che solo menti eccelse, solo fantasie sopraffine e visionarie, solo esseri dotati di fantasia ipertrofica e quindi solo dei bambini, possono affrontare nei 90 mq della famigliola.
Se poi a giocare c’è un ottenne folle, allora è probabile che questo, una volta nascosto, non si riesca più a trovare.
E così – mentre i tre restanti minori lo invocavano per le stanze senza ricevere risposta alcuna, facendo montare l’ansia irrazionale della sorella – Tizianeda, che nel frattempo stava infornando una torta, elaborava ipotesi sulla sua scomparsa: 1. Ha trovato un portale magico nell’armadio, è entrato in uno dei mondi che disegna sui fogli bianchi, ora sta volando tra stelle e pianeti e di tornare non ha intenzione alcuna 2. È stato rapito dagli alieni nascosti dentro l’armadio. Tra non più di cinque minuti ce lo restituiranno, per sfinimento. Degli alieni. 3. È nell’armadio, nella parte ordinatissima dello Sposo Errante, nascosto tra vestiti e maglioni che ha accuratamente sparpagliato per nascondersi creando un caos cosmico. Tra poco lo troveranno. L’armadio resterà nel caos cosmico.

Solo una di queste ipotesi si è rivelata, poi, corretta. Indovinate un po’….

Tizianeda

Afferrare pietre

Ehi ragazzina, mia tutta bella, ehi con quegli occhi lì dal colore che non ha nome. L’altro giorno, all’uscita della scuola così furente, che me ne sono accorta subito che il mondo fuori aveva spostato il tuo assetto, la tua rotazione perfettamente ellittica attorno alla terra, aveva spostato il baricentro e ho visto l’aria attorno che bruciava e fremeva come un’onda d’urto e niente più corrispondeva e il sopra era sotto e il sotto era sopra e non c’era ordine e distanza tra le cose, non c’erano le leggi geometriche del cosmo, ma sola la tua perfetta bolla di furore. Tu che all’uscita della scuola mi hai salutato così: “Oggi non è giornata, mamma”. E poi mi hai raccontato e tuo fratello con me ad ascoltarti.
Che un compagno della tua classe ti ha sparato frasi dissonanti, come un miscuglio di musiche diverse lasciate a disturbare l’aria, che di gentile non c’era nulla. E poi una ragazzina, non una qualsiasi ma, “la più bella della scuola, mamma”, ti ha detto che ti sei un po’ ingrassata. Ché, sai, non tutti sanno fermarsi quell’attimo prima, non tutti hanno il talento di vedere e sentire. Succede anche ai grandi, che le parole sono pietre a volte. Non avercela con loro. Tu impara ad afferrarle le pietre, specie quando sono scagliate a caso, impara a lasciarle inermi su un muretto qualsiasi, impara ad andare oltre, muovendoti al ritmo della musica che hai dentro.
E io, che sono solo tua madre, ti dico che sei bella e lo diventerai sempre di più.
E lo sei, non perché sei perfettamente allineata a quello che il mondo fuori ti chiede di essere, ma proprio perché non lo sei.
Sei bella nelle tue unicità imperfette, quando i tuoi occhi si fermano a guardare quello che non so, sei bella quando scrivi quelle cose lì che rimango io senza parole, quando sei furente e vorrei lanciarti il primo oggetto che mi capita tra le mani, quando tiri giù i bordi del maglione a nascondere centimetri di corpo, il tuo corpo bello dalle morbidezze femmine, sei bella perché sei in bilico, dodicenne, su quel filo che ti trasforma a ogni passo, impercettibilmente. E lo sei per un mucchio di altre cose che nulla hanno a che fare con canoni preconfezionati. E io, che sono qui, a guidarti, ad ascoltarti, a ritrarmi sempre più a poco a poco, che lo spazio tuo attorno si allarga, in questo complicato e affascinante e a volte crudele mondo, ti dico di sentirlo il mondo fuori, di annusarlo, di dare un nome alle cose, di dargli una direzione che parta da te e così di proteggerla la bellezza, quella fuori che osservi e vivi e quella unica e preziosa che ti si muove dentro.

p.s.: quando il gioco si fa duro, le dure vanno dal parrucchiere, che se è anche un po’ guru, è meglio. Cambiare taglio e aggiungere un po’ di colore, mentre il parrucchiere guru dispensa consigli, è più efficace di una seduta psicoanalitica. La dodicenne ha due ciocche rosse sulle punte e Tizianeda qualche riflesso viola. Questi colori furenti se ne andranno tra qualche lavaggio. Ma poco importa. Ora si guardano allo specchio e si sentono due allegre e baldanzose streghe. Siete avvertiti tutti.

Tizianeda

A volte ritornano

Eventi d’autunno:

– muoiono le foglie che come le anatre di Central ParK non sai mai dove vadano a finire;
– vieni risucchiata dai guardaroba casalinghi (tuoi e dei tuoi figli, lo Sposo errante fa da sé), ma invece di finire nel magico mondo di Narnia vieni rapita dal Signore Oscuro Cambiodellarmadio. Arrivi la sera stremata e con la voglia di sparire con le anatre di Central Park.
– sopraggiunge improvvisa come una mail molesta, la gastroenterite (la versione autunno/inverno), introdotta, come tutti gli anni, dall’untore Alfa. Con lei il ritorno della ciotola raccoglivomito in gran spolvero per l’occasione e l’inizio di una costante relazione telefonica con il paziente pediatra zen.

E ora vi lascio e perdonate il post breve, ma nei 90 mq ci sono fronti da tenere, ciotole da trovare e pediatri da perseguitare.
Ciao!

Tizianeda

Conversazioni poetiche

Il luogo in cui avvengono le più importanti conversazioni dei 90 mq: la cucina. I quattro seduti attorno alla tavola imbandita. Ora di cena.

“Per me papà è l’uomo più bello, il numero uno”
“Grazie dodicenne…. dici sul serio?”
“Certo papà”
“Per me invece la femmina più bella è la bambina M., anche se lei ormai quando mi vede fa così con la testa…guardate…e così con gli occhi …”
Santo cielo…come la bambina dell’esorcista …noooo
“E tu non darle retta, guardati intorno, ci saranno altre bambine…”
“No papà mi spiace io non ne vedo altre…”
E’ la fine…
“Cielo è come quella Fanny con Leopardi, che lui le dedicava le sue poesie, vi rendete conto le poesie di L-E-O-P-A-R-D-I… anche lei secondo me faceva in quel modo con gli occhi…vi rendete conto…”
“Sì mamma ci rendiamo conto…possiamo alzarci ora …”
“Sì andate bambini…senti Sposo Errante…”
“Cosa…”
“Non mi hai mai scritto una poesia …ok puoi recuperare…componimi una poesia”
“Quando?”
“Ora”
“Ma lo sai che non sono capace…e poi sono stanchissimo…non è cosa mia, no…”
“Va bene sposo …mi è venuta l’ispirazione…ti dedico io una poesia che ho creato or ora per te…”
“Oh mio caro Sposo —————————————————————————“
No, Tizianeda non vi rivelerà il seguito dei versi declamati, degni più di una bettola fumosa e alcolica, che di un’antologia letteraria. Però lo Sposo errante al ricordo di quelle rime improvvise, pronunciate con allegra impudicizia, ancora ride, dimenticando, per un po’, stanchezza, treni sbrindellati e strade malferme.

P.S.: Giacomo perdonami.

Un saluto allegro a tutti voi e declamate poesie a chi volete bene.

Tizianeda

Prima o poi

Ci andavano spesso quando erano ragazze, insieme. Poi li commentavano e li interpretavano secondo il loro modo singolare di vedere e sentire. Loro che sono diversissime ma si capiscono da sempre. Hanno frequentato i circoli, dove ne proiettavano uno a settimana, in autunno, inverno e inizio della primavera. Alcuni pesanti come panino salsiccia patate e peperoni di “Festa di Madonna”, la festa patronale della città sbilenca. Altri sorprendenti come un racconto nuovo, come una scoperta sensazionale. Una ci andava perché la cultura è la cultura e perché lì si incontravano i ragazzi. L’altra, che delle due è quella serissima, perché la cultura è la cultura, e basta. Poi, pare che le cose a volte cambino, le vite si mescolino con altre vite, che ci si sposi, nascano bambini da accudire, che questo nuovo movimento prenda tempo e spazi, modificando i ritmi e le priorità. E così al cinema insieme hanno smesso di andare. Lo spettacolo era dentro le loro case, dove erano andate ad abitare. Ognuna la propria. Tizianeda e sua sorella, la zia Dada, si sono date un appuntamento per la prossima proiezione, con ora, giorno, mese e anno da definire, custoditi in un speranzoso “prima o poi”. Che è arrivato. Hanno dovuto attendere un po’, ma è arrivato con un nome lungo lungo: sabatoventicinqueottobreduemilaquattordiciallediciassette. E’ arrivato con l’allegria di quando erano ragazze, con la felicità di essersi riprese uno spazio solo loro. E’ arrivato con un film che parlava di quel poeta italiano, che a leggerlo è bello sperdersi, come in un bosco pieno di meraviglia. E’ arrivato in una sala buia per due ore e mezzo dentro le quali si sono sedute vicine, perdendosi nella storia, come tanti anni fa. E’ arrivato perché la cultura è la cultura. E basta. Questa volta per entrambe.

Tizianeda

Tante cose

Tranquilli Tizianeda c’è e vi pensa, anche quando non scrive nulla o qui arriva in ritardo, ché ormai il blog è la sua ossessione amorosa. Questi sono giorni densi come la melassa, la crema pasticcera, i fanghi guam. Giorni in cui sta lavorando una cifra nello studio di avvocata, in cui ha acquisito nozioni varie di storia, geografia, antologia, scienze, geometria e matematica (queste ultime senza capirci granché), coprendo un arco culturale dalla quarta elementare alla terza media. Giorni in cui le sono state regalate storie femmine, così senza un motivo preciso, per una generosità al racconto che appartiene al genere. Storie che l’hanno divertita, stupita, commossa. Storie di leggerezza, apertura mentale, tenerezza, sfrontatezza, alcune dolorose. Storie zeppe di forza liberatoria, per chi le ha raccontate e per chi le ha ricevute.
Ha anche ascritto, in questi giorni, un articolo per Zoomsud, la rivista on line con la quale collabora. Lì c’è una storia, anche questa regalatole da una donna. E scriverla non è stato facile. E se vi va di leggerla la troverete  qui:http://www.zoomsud.it/index.php/cronaca/74047-reggio-hospice-con-le-stelle-fin-sulla-soglia-del-buio-calabro.html.
Sono anche giorni in cui si sveglia molto prima dell’alba, quando ancora non è chiaro fuori e la notte sembra resistere. E se non è il suo bioritmo scombinato a farlo, ci pensano i minori, con qualche pretesto onirico. Come l’ottenne che ride e chiacchiera tra cuscini e lenzuola, come fosse comodamente seduto al tavolino di un bar, con il sole sulla testa.
Oggi invece, alle ore 18,00, sarà a Melito P.S., vicino la sua città sbilenca, presso il “Circolo Culturale Meli”, a presentare, come ha fatto qualche settimana fa a Catania al “Buk – Festival della piccola e media editoria”, un libro, che parla di poesia araba in Sicilia in un tempo lontano lontano. Se vi va di saperne di più potete leggere qui: http://www.circolomeli.it/poesia-e-cultura-araba-nella-sicilia-medievale/.
Poi nel fine settimana spera di fermarsi un po’ e abbandonarsi al sonno compulsivo. Bio-ritmi dissociati e minori chiacchieroni permettendo.
Un saluto allegro a tutti voi.

Tizianeda

Come papà

“Mamma, posso ripeterti la poesia?”
“Certo dodicenne, dammi il libro… uh ma è quella del Foscolo, “A Zacinto”, ma quanto è bella… così struggente… e….”
“Mamma!”
“Ok, vai…”
“Né più mai toccherò le sacre sponde ove il mio corpo fanciulletto giacque, Zacinto mia……”
“Mamma mia, mi sono commossa, ma la senti la musicalità, la senti?”
“No”
“Vuoi che troviamo su internet qualche attore che la recita così la senti la musica? Ok, accendo il pc”
“Mamma, non ti ho detto sì, non ti ho neanche risposto”
“Guarda, questo ha un bella faccia…ascoltiamolo…….ti è piaciuto?”
“Sì, molto bravo”
“Ne troviamo altri e poi decidiamo chi è stato il più bravo? Ok cerco…”
“Mamaaaa…”
“Il più bravo è stato il primo”
“Decisamente”
“Ne cerchiamo altri?”
“No, basta”
“Che ne dite allora se decidiamo che oggi è la giornata “parliamo tutti come attori scarsi che recitano poesie?””
“…”
“Mamma, no, questo gioco mi fa innervosire e mi distraggo dalle scienze”
“Santo cielo, ottenne, oggi è domenica. Ma dovete essere così seri seri, voi due?”
“Come papà, mamma”

P.S.: questo post è dedicato a chi conosce la nostalgia per la propria terra lontana, proprio come la racconta il Foscolo nella sua “A Zacinto”. E’ dedicata a tutti i miei fratelli del sud suddissimo, che lasciandolo, cercano il loro futuro altrove. E’ dedicato a tutti i migranti, perché trovino sempre un luogo che abbia cuore e anima che li accolga e una casa con la sua vita minuta.

Tizianeda

A braccia aperte

Il tempo va e corre e così i giorni e le ore. E succede che Tizianeda ha uno studio pieno di carte tristi. Le carte sono sulla scrivania, dentro i mobili chiusi, sul tavolo di O. senzaditeallostudiononsapreicomefare, nei mobili di fronte, dentro i faldoni colorati, e nei pensieri. E Tizianeda sta lavorando e lavorando insieme alle carte e con O. dietro la sua scrivania dall’altra parte della stanza e ogni tanto ridono e scherzano. Così anche le carte tristi diventano meno tristi.

Succede che Tizianeda domani mattina dovrà accompagnare lo Sposo Errante all’aeroporto e questa volta lui partirà non per raggiungere rilassanti posti altri, ma per il suo lavoro. E succede che pensa, che attraversare la città quando ancora tutto è lento e sfocato, ha una sua bellezza antica, color carta da zucchero. E poi guiderà verso casa sola, con la musica accesa e i pensieri. E anche questo sarà bello.

E succede che con la dodicenne, che attraversa il mondo ondivago della adolescenza, Tizianeda per ora ha trovato un linguaggio semplice per entrambe, quello delle parole e del corpo e del silenzio anche. E non sa quanto durerà questo tempo comprensibile. Per ora Tizianeda preferisce non pensarci.

E succede che a scuola si parla ultimamente di pediculosi, che a Tizianeda viene subito l’ansia e il prurito e pensa che i pidocchi nel mondo non si debelleranno mai, come le zanzare, i peli superflui e la cellulite. E nei 90 mq si fa ogni tanto l’ispezione delle teste, che sembrano in una colonia estiva o in una comunità di gorilla.

E succedono un mucchio di cose nei giorni e nelle ore. Non sempre piacevoli, anzi a volte proprio sgradevoli. Però tra gli spazi di questo fluire, ci sono tesori da cercare. Per questo Tizianeda, per non sbagliare, ogni tanto si ferma sul ciglio della strada e allarga le braccia e guarda e sorride. Lei sa che facendo così, le cose belle accadono.

Tizianeda