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Ne ha incontrate tante, tantissime in questo anno scivolato nell’altro.
Avevano le scarpe consumate di chi viene da lontano, camminando e camminando con passo deciso e fiero. Questa sulle scarpe non è polvere, le hanno detto. Questa è la vita che si è posata qui. Ogni granello è il racconto della nostra storia, le hanno detto.
Avevano i bordi delle gonne ampie e tonde, strappati e sfilacciati. E’ la nostra bandiera di libertà, le hanno detto. Vedi, vedi, hanno provato a fermarci trattenendoci dalle vesti, ma non ci sono riusciti. Ogni strappo è una vittoria. Dai buchi guardiamo la vita che scorre e il cielo che passa, mettiamo a fuoco dai buchi il tempo che va. Lasciamo che il vento e l’aria riempiano le parti vuote, le hanno detto. Li nutriamo di leggerezza questi buchi e di nuvole e sorrisi, ancora le hanno detto.
Avevano una scopa in mano. Ce l’hanno consegnata, per incatenarci a terra. Ci hanno assegnato un ruolo, le hanno detto. Scopa in mano, sguardo sul pavimento, concentrazione, contrizione, attenzione. Una mano sotto e una sopra chiuse a pugno sul manico, scopa in verticale sul pavimento e orsù spazzare. Non lo hanno fatto, le hanno detto. Hanno visto la scopa come si guarda l’orizzonte lontano, un libro appena iniziato, un luogo da esplorare, una strada solitaria da percorrere, il palmo della mano con le sue linee misteriose, come si guarda un sorriso, come si guarda un bambino che ti osserva senza distogliere gli occhi. E le hanno detto, che quando il tuo sguardo cambia sulle cose, anche le cose cambiano. E la scopa, si è staccata da terra, si è sdraiata in aria, fluttuando silenziosa e complice. E così loro hanno capito, che qualcosa di grande si stava manifestando. Sulla scopa si sono accomodate, le hanno detto. E la scopa, le ha innalzate sempre più dal pavimento. Sempre più su. E loro lì in alto con le loro scarpe tutte rotte e impolverate, la veste strappata svolazzante e vittoriosa, guardando giù, hanno visto come mai prima.
Hanno preso del carbone, lo hanno posato nelle tasche. Ma non per portarlo ai bambini cattivi, perché i bambini cattivi non esistono. Esistono i grandi, che hanno dimenticato, costruito muri, abbassato lo sguardo, steso ombre. A loro portano i pezzi di carbone, le hanno detto, per fare vedere, come a volte il cuore può diventare.
Questo le hanno raccontato in questo anno scivolato via, le donne che Tizianeda ha incontrato, diventando la sua epifania. A loro è grata per quello che le hanno regalato e insegnato, per la vicinanza, per averla fatta sentire riposata anche quando le raccontavano le loro verità e le mettevano sulle scarpe un po’ dei loro granelli di polvere. E per tutte le volte che anche lei ha poggiato i suoi sulle loro scarpe consunte.
Tizianeda