Inno alla lentezza

Questo è un luogo in cui tutto succede con calma. Come l’inverno per esempio, che non ha nessuna fretta di esplodere nell’aria. Come le foglie sugli alberi che si accartocciano con lentezza e cambiano colore a rallentatore. Come gli uccelli migratori, che ancora sono qui e li vedi su nel cielo, compatti ad allargarsi e stringersi come le maglie scure di una rete. Come il Vulcano dall’altra parte del mare, che soffia fumo come una oziosa signora. E così Tizianeda, in una mattina di caos e uffici in cui entrare e uscire, di carte da prendere per portarle nel suo studio di avvocata, di tedio e corsa, ecco in una mattina così che si riprometteva triste e monotona, all’improvviso in questa giornata dal gusto amaro, ha avuto un improvviso desiderio di dolci. E questo desiderio di dolci si è trasformato in un bisogno di concedersi un tempo fermo. Così ha guardato il cielo che era dell’azzurro dell’estate, anche se è dicembre, si è sbottonata la giacca perché l’aria era tiepida e dagli uffici è andata nella via della sua città sbilenca che cammina accanto al mare. La via che da lì vedi l’isola con le sue montagne bitorzolute che cambiano colore e un po’ più in là a volersi distinguere, il Vulcano sospeso, la montagna di fuoco, bella ed esibizionista con i suoi giochi di furore rovente e cenere. E insomma, Tizianeda è entrata in una gelateria che fa anche pasticcini e ha comprato dei cannoli che sono dolci siciliani, ma li sanno fare anche da questa parte del mare. Li ha comprati che la crema era al pistacchio. Poi si è seduta su una panchina, che se guardava a sinistra, vedeva l’Etna con il fumo che le usciva dal corpo, se guardava a destra tutto il marciapiede ampissimo, con i lastroni di marmo, pieni di strisce di cenere che il vento aveva trasportato dal cuore della montagna di fuoco. Se guardava davanti, c’era il mare che era di un azzurro irreale e placido. E se guardava in alto c’era la luce del suo sud suddissimo. E così, seduta sulla panchina più bella del mondo, Tizianeda che si sentiva piccola piccola davanti a tutto quell’immenso che le cadeva addosso, ha preso dal sacchetto della pasticceria il primo cannolo al pistacchio e lo ha mangiato lentamente, sentendo il croccante della cialda cedere al suo morso e così conquistare il morbido aroma della crema. Ne ha mangiato anche un altro di cannolo, che tanto erano piccoli e non era il momento di pensare ai risvolti calorici. Poi è stata ancora un po’ a guardare quella roba intorno, sopra, sotto, di lato, che sapeva di infinito e si è sentita proprio naufragare, come quel poeta di Recanati che le cose le sapeva dire veramente bene. Poi è andata via, anche se non ne aveva proprio voglia. E in quel tempo sospeso, lei si è sentita fortunata.

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Tizianeda

2 thoughts on “Inno alla lentezza”

  1. Camilla ha detto:

    Per un attimo ho tolto guanti, cappello e piumino pesante e ho assaporato il sole (e i cannoli ovviamente!!) 🙂
    Meraviglia!

  2. tizianeda ha detto:

    Il sud suddissimo fa questi regali per fortuna. Un bacio da qui!

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