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La famigliola è tornata. Aveva abbandonato per qualche giorno la Terra di mezzo, e portato le dimensioni Hobbit nel regno degli Elfi, dove gli abitanti sono biondi, alti, fighi e ti sorridono gentili quando si accorgono da lassù che sei laggiù. Sono arrivati in una città che era primavera, ma faceva freddo come un inverno rigido del sud suddissimo. Sono arrivati in una città che le case sono alte e strette, tutte in fila, attaccate l’una alle altre come sorelle che si somigliano, con grandi finestre che se vuoi ci guardi dentro e vedi gatti pelosi e umani, entrambi indifferenti agli sguardi curiosi dei passanti. Sono costruite con mattoni che non sai bene che colore sia. Un po’ porpora, un po’ marrone, un po’ arancio, un po’ blu cobalto, un po’ giallo. Molte sono inclinate in avanti come in un inchino e la cima assomiglia a una matita appuntita disegnata su un foglio. E sono belle messe così, poggiate sull’acqua e sulle nuvole riflesse nei canali come dei quadri impressionisti. Perché la città in cui la famigliola è stata ospitata, ha tanta acqua che scorre e si insinua tra le strade e le case e per poter attraversare da una parte a un’altra, sali su ponti avvolti da un vento gelido. Ti fermeresti anche a contemplare per ore i canali e le barche ormeggiate e la prospettiva delle case, ma se non sei abituato a quel freddo, rischi che lì ci rimani secco. Sono andati in una città in cui le differenze convivono. Una città in cui accanto al fruttivendolo di fiducia, trovi il verduraio di fiducia che ti vende tante erbe, che però non si mangiano ma si bruciano dentro una cartina leggera e poi ti prendi il fumo e poi ti vengono gli occhi lucidi lucidi e fai una faccia strana. Almeno così le è sembrato a Tizianeda quando ha visto i clienti del verduraio. E quell’odore acido che ai minori sembrava quello una bombetta puzzolente, era ovunque e a tutte le ore e si mischiava con gli aromi di fritto, di pesce o di caffè. Una città che nelle vetrine vedi esposti vestiti, gioielli, scarpe, tazze e bicchieri, corpi femminili, giocattoli per bambini, giocattoli per adulti di tantissime forme e dimensioni. E non ti meravigli se girato l’angolo, vicina a questa varietà trovi chiese o congreghe religiose. Tizianeda ha anche notato che la città è sotto il dominio di una razza padrona superiore. Sono migliaia, occupano le strade, vanno velocissimi, non li puoi contrariare, non li puoi ostacolare, ti possono insultare. Sono i biciclettisti che con i loro mezzi di trasporto privati sono ovunque a tutte le ore del giorno e della notte, occupano le strade, mettono lucchetti ai ponti, invadono lo spazio aereo con il suono dei campanelli. I biciclettisti sono protetti, intoccabili e liberi. Come le vacche sacre in India.
La famigliola è andata anche nei dintorni di questa città che ha i quadri di un certo Van Gogh, di un signore che si chiamava Vermeer e un altro Rembrandt, che hanno dipinto cose così belle, ma così belle, con una luce talmente magica che a Tizianeda veniva quasi da piangere a guardare le loro opere e non capiva cosa le stesse succedendo. Almeno non fino in fondo.
Hanno visto distese di fiori, villaggi di pescatori, mangiato panini con le aringhe, torte di mele. Hanno passeggiato dentro campi di Mulini a vento, che sono costruzioni che spuntano da terreno enormi e ferme e placide. Le pale che girano e girano, rilassano con quel suono del vento che si insinua nelle tele e ti senti come su un veliero con le onde del mare che si oppongono inutilmente alla sua forza. Ed è una sensazione azzurra e bianca. E non sa se tutta questa meraviglia l’ha provata per tutto il fumo che ha inalato passivamente, o perché lei è proprio così.
Però, qualunque sia la causa, Tizianeda pensa che questa città che si chiama Amsterdam e i suoi dintorni colorati e le persone che ha osservato e con cui ha parlato, saranno per la famigliola un ricordo allegro e felice e rimarranno nel cuore e negli occhi, così come il vento gelido del nord nelle ossa, prima che il caldo del sud suddissimo lo sciolga.
Tizianeda
Ho amato profondamente Amsterdam. Il primo viaggio con il mio Metà 🙂
Tu la descrivi fiabescamente bene e io mi crogiolo nelle immagini e nei ricordi ❤️
Grazie