Giu
Giu
Ciao ragazzina, ciao. Come stai? Stai bene bene veramente, come mi dici sempre? Stai bene come sta bene una ragazzina di quattordici anni che non capisce questa domanda invadente. Che mi dice che noi adulti ci spaventiamo inutilmente dei vostri umori poggiati altrove. E allora ti guardo e ti guardo e te ne accorgi e sorridi e dici “smettila” e sorridi ancora, in quel modo tuo intimo che mi piace. Ma io, non riesco a non guardarti. Mentre attraversi le stanze dei 90 mq, per esempio, o stai muta nel tuo silenzio di quattordici anni, o quando usciamo insieme e improvvisamente infili il tuo braccio sotto il mio e mi sorridi piano. O quando disegni tutte quelle ragazzine come te dagli occhi malinconici, e non vorrei che tu già conoscessi questo sentimento qui, che è presto, troppo presto. Ma tanto, malinconici si è, con quel modo lontano agli altri di appoggiarsi sulle immagini che scorrono, che vanno come i passaggi delle nuvole inquiete, che già sono altro e perdute.
Ciao bella mia bella, morbida e solitaria ragazzina. Che mi hai fatto leggere un messaggio che hai inviato a una tua amica. Le hai regalato la tua visione della vita, la tua percezione di te, il tuo bisogno di spazio e libertà, la tua calma di pensiero. Ti ho chiesto di rileggermelo, per fissarmi le parole. Hai una visione tu, in questi tuoi quattordici anni assoluti. Una visione di sentire, una solidità, che non so quando è sbocciata, ché ti vedo spesso avvolta nella pigrizia dei gesti, in una svogliatezza che rifiuto. E invece, invece, tu sei un mondo che a volte si svela e rimprovera le mie paure di madre che poco si sofferma e molto chiede. Ma quando lo faccio, sì quando mi fermo cado dentro quella pozza calda che stento a chiamare amore, perché io questo insieme di lettere non le so dire. Però è questo che succede. I fall in love with you, ché gli inglesi sono bravi, a volte, con le parole. Quell’inglese che tu parli e comprendi e ami. E non c’è niente da fare. Io sono caduta. L’amore è un inciampo. Lo sgambetto me lo hai fatto tu, ragazzina. Ma non te lo dico, ché non lo so dire, ché non voglio incatenarti. Lo scrivo qui, lo affido a un mondo che fluttua come la malinconia. E intanto continuo a guardarti e a cadere, a guardarti e a cadere.