A heaven in a wild flower

Ieri – nella casetta montanara dove, ancora per poco, abiterà la famigliola – ho visto il mondo nel seme piccino di una pianta e il paradiso in un fiore selvatico, e l’infinito nel palmo della mia mano e l’eternità nel tempo di un abbraccio.
Questo grazie a Nicolò (- Con una sola “c” vedi – Ok Nicolò starò attenta) e Matilde.
Nicolò ama le piante, è un esperto botanico. Di molte di loro conosce il nome in latino. Ne osserva i dettagli, scova la bellezza nascosta, le stacca con cura con le radici, le ripianta in contenitori provvisori per poi portarsele a casa e arricchire il suo giardino distribuito nei vasi. Nicolò ha due occhi grandi e neri che sembrano essergli spuntati sul viso, così all’improvviso, proprio come due fiori bellissimi. E’ gentile, parla senza smettere e cerca pazienti ascoltatori con cui condividere le passioni. Gli occhi diventano più grandi quando racconta, come una fiaba, le sue piante carnivore e il loro meccanismo di adescamento e inclusione degli insetti. Belle e spaventose e inconsapevoli, ma anche, alcune, capaci di affidare alla vita la scelta di digerire la preda o impollinarla per poi lasciarla andare a spargere le sue essenze fertili tra altri fiori. E mentre Nicolò concentrato parla, ti dice di un meccanismo misterioso in cui ogni granello di esistenza è legato all’altro, nel trascorrere della vita e della morte. E guardi ammaliata Nicolò con una sola “c”, nei suoi sei anni immensi, che senza saperlo ti ricorda il prodigio di tutto questo esistere.
Matilde ha un nome morbido proprio come lei, sorride sempre fiduciosa, come se il male del mondo non esistesse e riuscisse a dissolverlo nei suoi momenti di presenza lieve.
Cammina dondolando e oscilla in un eterno presente. Anche i suoi occhi sono neri, come quelli del fratello Nicolò. I suoi sembrano essersi posati un giorno, lì proprio in mezzo al naso di soli due anni. Sembrano venire da lontano i suoi occhi, da civiltà antiche e calde. Matilde ha la bellezza fiduciosa e non corrotta dei suoi pochi anni. Se le dici “andiamo?” lei sorride e infila la sua mano nella tua. E non sai bene se a condurre sei tu oppure è lei a portarti nel suo mondo altro dove tutto è immenso.
Quando le ho chiesto, nel momento dei saluti, “Matilde ci abbracciamo forte forte?”, lei ha detto “sì”, ha sorriso, allargato all’infinito le braccia e poi mi ha attratta a sé senza nulla chiedere in cambio, regalandomi l’eternità nel tempo impreciso di quel gesto morbido e consolatorio.

P.s.. Ringrazio William Blake per avermi prestato i suoi versi, e per avermi dato il consenso (tacito) a una loro leggera alterazione per adattarli al testo. Grazie William!

P.p.s.:
Mercoledì 24 alle 19,00 un’altra insolita presentazione del mio libro “La medaglia del rovescio”. QUI una bella assai recensione del Direttore di Zoomsud, Aldo Varano. Giù la locandina dell’incontro. Mi farò condurre dalla bravura di gente bella. Se potete siateci! Se non potete pensateci.

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Tizianeda

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