Nov
Studio con il decenne la costruzione della terra, il lavoro paziente dei continenti. Il loro unirsi, innalzarsi, scontrarsi, toccarsi per poi cambiare idea e allontanarsi e così fare spazio all’acqua. Studio la geologia e con lei il moto antiorario di alcuni continenti. Un atto di ribellione al movimento costante inverso dell’universo. Un impulso per altri pezzi di terra. La geologia celebra la necessità del distacco, per un assetto adulto degli elementi. Il suo scorrere perenne nelle profondità nascoste, la connessione di ogni singolo pezzo. Il grande dono degli animali marini alle montagne, che con le loro carcasse e i gusci hanno contribuito all’innalzamento dai fondali, dando un senso alla loro stessa morte. Studiare le possibilità della terra in un tempo non toccato dal pensiero degli esseri umani, lascia la sensazione che niente è come sembra. Le rocce nella loro materia impenetrabile sono figlie dell’acqua, di un trapasso sereno di inconsapevoli vite lontane. La terra, nella sua attuale bellezza è un atto di gratitudine al costante movimento, dentro cui ogni elemento è legato all’altro, è parte di un linguaggio semplice, di un donarsi senza nulla chiedere, se non quello di far parte di un tutto che vuole mostrarsi. E oggi il decenne che studia e io con lui in questo moto incessante, in questa danza, dove non c’è un solo danzatore. Perché questo ci racconta le geologia. Ci muoviamo e ci avviciniamo e a volte per crescere ci allontaniamo, dando spazio a un fluire liquido in cui siamo connessi. La terra ci insegna il moto sereno e paziente dei corpi, i loro cambiamenti senza l’ostacolo della paura. E’la storia dell’acqua e delle rocce, così lontane eppure così vicine. E’ la storia del passato che scrive il futuro. La costruzione della terra è la costruzione di un amore, che si offre, che non chiede nulla in cambio, se non di essere guardato e protetto.
Tizianeda