Giu
Giu
– Come? Parti, Tizianeda?
– Sì mamma vecchietta.
– E i bambini?
– Non sono bambini, e poi c’è lo sposo un tempo errante ma oggi ormai presente.
– E lui non dice niente?
– No, mamma vecchietta. E poi parto venerdì e domenica sera sono già a casa. E comunque non mi sto arruolando alla legione straniera. Vado dalla cugina tacco 12 che mi aspetta da un po’ e anche io.
– Mah!
Così Tizianeda, è partita. E’ salita in un pomeriggio caldo su un treno, di quelli del suo sud suddissimo, un po’ sbrindellato e sudaticcio e dopo due ore in compagnia di un ragazzo che ha occupato il tempo a recitare preghiere e torturare la bottiglia in plastica che teneva tra le mani, è giunta a destinazione. Lì c’era la cugina tacco 12 ad aspettarla, che c’avevano tutte due una voglia matta di vedersi e dirsi. La cugina tacco 12, la figlia della zia Sisa, la zia santa che non c’è più, che ha due sorelle meraviglia e guardarle, tutte e tre insieme, ti incanti, come in un film di Almodovar, colorato e pieno di vita. Che lì a Tizianeda la chiamano cuginetta, perché è la più piccola e in quella parola lei si accomoda e sistema come su una poltrona accogliente e morbida. Che ogni tanto ha bisogno di sentirsi così, cuginetta e basta. Che quando arriva, la cugina tacco 12 le apre una bottiglia di vino bianco che sa che le piace e lei lo può bere senza mal di testa postumo. E non c’ha neanche voglia di uscire quando è lì, se non la mattina per andare insieme a mare e stare dentro l’acqua a esercitare dimenticanze provvisorie. E ha riso e tanto con lei, come quando ha aperto l’armadio pieno di scarpe tacco 12 e ci ha giocato, come si faceva con i bauli pieni delle nonne.
Ora Tizianeda, è sul treno che è ritorno, e scrive. Ogni tanto guarda verso il mare dello jonio, quando l’offesa di certe case non le ruba lo sguardo.
Alla stazione, prima di partire, con la cugina si sono guardate negli occhi e abbracciate, si sono dette parole che solo loro sanno. “Torna” “torno, prometto”. Poi Tizianeda è salita sul treno, ma non si è seduta subito. E’ rimasta lì in piedi davanti alle porte chiuse a guardare la cugina. Mentre il treno partiva si è messa una mano sul cuore, come un’urgenza segreta. “Torno” le ha detto, allontanandosi dentro il movimento ferroso.