Ott
La quindicenne è seduta alla mia sinistra, la gatta Tàlia alla mia destra, io sono al centro in piedi. Siamo sistemate ai tre lati del tavolo della cucina. La ragazza ripete le lezioni di filosofia, io impasto farina e lievito, la gatta ci osserva e risponde solo se interrogata con il suo articolato linguaggio. Tàlia di piace Parmenide? Miao. E Anassimene? Miao. Anassimandro? Miao. Vuoi mangiare? Miao. Lo conosci Kant? Miao. Ci vuoi bene? Miao. Io continuo a impastare dentro al piatto smaltato bianco che era stato di mia nonna. Vorrei avere la stessa coerenza di pensiero di Tàlia, ma ho studiato filosofia molti anni fa, come la quindicenne, e sono perduta per sempre.
Tutto scorre, non ci si bagna mai due volte nello stesso fiume, ciò che è è ciò che non è non è, la tartaruga riesce a trovare sempre il modo di fottere Achille, già messo male con il tallone, che non la raggiunge mai. Guardo Tàlia, per vedere se lei c’ha capito qualcosa di questa tartaruga. Tra animali, magari. Mi dice “miao”. Le rispondo: “anche io, Tàlia”, mentre sistemo le consistenze della materia. La ragazzina scorre, io non affondo mai le dita due volte nello stesso impasto, Tàlia se ne frega, come la tartaruga di Zenone che non sa neanche che sta uccidendo l’ego di Achille. Zenone che non è più, se la ride da qualche parte, Anassagora ci ha lasciato semi, di cui pare sia fatto anche il mio impasto, che forse non è quello che è, ma faccio come Tàlia. Non ci penso. Siamo una scuola filosofica noi tre. Forse stiamo svelando i segreti dell’esistenza, senza saperlo. La quindicenne ci ricorda le meraviglie e gli abissi incomprensibili della mente, io li contrasto con l’apparente permanenza della materia, che ci rassicura. Poi c’è il maestro del simposio, la gatta e il suo miaopensiero. Ci guarda, immobile e distante dal nostro dire e fare umano. Sbadiglia, si stiracchia, salta dalla sedia. La lezione è finita, o forse no. Si accomoda davanti alla sua ciotola vuota. Aspetta. Achille ancora insegue la tartaruga, il fiume scorre, i figli crescono, le mamme imbiancano, niente è come sembra, niente è come appare. Solo una certezza. L’ha incarnata in sé Tàlia, attraverso l’osservazione senza pensieri. Presto qualcuno prenderà la scatola dei croccantini e le riempirà la ciotola. Lei intanto aspetta e sa senza saperlo.