La mamma vecchietta, il nosocomio e la poesia

Lunedì mattina Tizianeda ha accompagnato la mamma vecchietta in ospedale, per delle innocue analisi al reparto di genetica. Il motivo preciso di questo controllo Tizianeda non lo ricorda, benché la zia Dada, sua sorella più grande di un anno, glielo abbia spiegato più volte. Ma come le succede sovente in questo periodo, lei ha fatto “sì” con la testa e ha detto “tranquilla vado io”, confidando sulla capacità di acquisizione dei dati medici genitoriali della compita zia Dada. Così lei e la mamma vecchietta, seduta sul lato passeggeri, sono partite in macchina. La mamma vecchietta, che fa parte della sempre più nutrita schiera di detrattori della Tizianeda automobilista, per tutto il tragitto ha mostrato una certa freddezza di nervi e un consistente auto controllo. Tizianeda questo lo ha molto apprezzato. Le due parenti strette, giunte sul luogo, si sono recate nel laboratorio preposto, sotto la guida della più energica, lucida e dal passo veloce delle due: la mamma vecchietta. Poi mentre la mamma vecchietta attendeva il suo turno all’interno dell’ospedale, Tizianeda è stata mandata da un medico in un’altra ala, per reperire le provette. Il medico le ha spiegato dettagliatamente dove recarsi. Tizianeda, come le succede sovente in questo periodo, ha fatto sì con la testa e poi si è persa. Però, sempre come le succede sovente in questo periodo, ha ritrovato la retta via ed è tornata trionfante con le provette in mano dalla mamma vecchietta. La mamma vecchietta quando l’ha vista si è commossa, come il padre del figlio prodigo. Tizianeda ha abbracciato la sua mamma piccola e le ha detto di non preoccuparsi ché anche se l’avessero rapita, l’avrebbero restituita subito per sfinimento. Quando le due donne consanguinee sono entrate nella stanza, Tizianeda ha notato l’infermiera che sedici anni prima la teneva stretta tra le braccia, mentre un’anestesista poco gentile le infilavano un grosso ago nella schiena. Stava per nascere sua figlia e Tizianeda cantava per non sentire la paura delle gambe che sparivano dai sensi. Tizianeda guardando la donna nella stanza delle analisi, ha sentito un’emozione potente e l’ospedale brutto è sparito. Così ha deciso che l’ospedale non lo chiamerà più ospedale, ma “nosocomio”, che è una parola più poetica, che fa anche rima con manicomio. Ché il nostro nosocomio è anche un manicomio pieno di caos e dolore. Eppure, come può accadere in ogni istante, anche in quelle stanze brutte appaiono scorci di poesia a cui aggrapparsi. Come riesce a fare la memoria, per esempio, che ha trasformato un taglio antico sulla pancia, in una porta attraverso cui, quasi sedici anni fa, una bambina è passata.

Amiche e amici, questa domenica sarò a Roma a parlare di ciò che il libro “La medaglia del rovescio” racconta. Nella locandina troverete tutti i dettagli. Io vi aspetto amorevoli.

Tizianeda

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