Ott
Ott
La mamma vecchietta me lo mostra. È soddisfatta. Ha acquistato un giubbotto fucsia. La riparerà dal vento e la renderà più visibile per le strade.
“Devi metterci le pietre nelle tasche, mamma, ché se c’è vento, ti vola sicuro”
È contenta mia madre. Lo indossa, così vedo anche io come le sta. Mia sorella scatta foto. Giochiamo nella camera da letto tra specchi e mobili scoloriti. Giochiamo perché impariamo da subito i trucchi per dimenticare le nostre nature provvisorie. Mia madre ci sta insegnando il futuro, o almeno a crederci ancora, a persuaderci di vivere resistendo.
Indosserà il giubbotto quando esce, e quando andrà nell’unico luogo mondano che frequenta: la chiesa. Per fortuna che non gliele hanno chiuse a mia madre le chiese. Specie in questo tempo qui, in cui le geografie interiori stanno andando al diavolo, e ci costringono a ridisegnare spazi e a trovare profondità. Vorrei dirle che hanno però chiuso i teatri e che nessuno ha spiegato il perché. Che ognuno ha bisogno dei propri luoghi per decodificare meglio la vita e anche la morte, per sentirsi meno soli. È così che fanno la poesia, la letteratura, la musica e la bellezza quando assumono la sostanza della narrazione, dentro luoghi dove si rinnovano miracoli. Proprio come accade ora, nella stanza di mia madre, dove la tenerezza ci unisce, un giubbotto fucsia ci rende coraggiose, anche se fuori il vento soffia forte e abbiamo bisogno di pietre da mettere nelle tasche.
Tizianeda