Quando quindici?

Ciao ragazzo. Quindici, minchia quindici. Quando quindici? Dov’eri in questo tempo, così impegnato a crescere, in  trasformazioni pirotecniche del corpo. Quando quindici, ragazzo? Che eri bambino dietro l’angolo svoltato, tu che le ossa si allungavano a sorpresa, e io a rimpicciolirmi accanto. È sul petto che ti arrivo ora, a un passo dal battito che non mi fai ascoltare, perché gli abbracci  sono all’improvviso e  appena, così, per non farti imbarazzare. Ciao ragazzo, che non so in quale mondo scavi i tuoi pensieri che a tratti ti riveli, e mi sorprendo come davanti alla scoperta di un tesoro. Che hai un mondo nascosto che non dici, perché non è importante  raccontarti, ma solo esserci un passo dopo l’altro, rivelarti a te, con la naturalezza di chi non deve dimostrare. Ciao che fuori sei fermo e dentro colorato e senti il mondo e il suo boato e con il fiato ti sembra di mancare, a volte, in questo andare, perché la vita tu la sai annusare  senza bisogno di sforzi di parole. E mi piace quando mi sorridi dall’angolo dei timidi, ché questa mamma circo non la vuoi cambiare. E a me non resta che guardarti, guardarti allontanare. Ché se  la vita mi aveva regalato una bambina che per la prima volta mi ha detto come amare, tu hai completato uno stupore già iniziato. E allora ciao ragazzo, mio tutto bello, ciao, sottile come un giunco, ciao, non smettere di essere gentile, ché questo mondo è monco e va sorretto.

Auguri mio bel ragazzo, auguri mio bel Domenico.

Tizianeda

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