Ott
Ott
Quando è arrivato, sembrava uno scherzo. Qualcosa di diverso, nella falsa tranquillità della provincia meridionale fine anni ‘80. Fumava anche. Un prete gesuita, figuriamoci. Si incazzava, a volte, mandandoci a quel paese. Amava il teatro e i testi che potessero smuoverci le viscere. A noi ragazzi, poco più che maggiorenni, diceva che dovevamo essere liberi e rivoluzionari, di ricordarci di essere preparati, di amare e servire. Perché? Dove era il trucco. Nessuno si espone così, se non ha uno scopo, un fine opaco. Padre Vincenzo, gesuita, di Napoli. I genitori avevano paura, noi ragazzi oscillavamo tra il bisogno di fidarci e la diffidenza imparata. Perché le sue parole riscaldavano e accoglievano, erano nuove e coraggiose. Sono rimasta e non solo io. Ho continuato ad ascoltarlo. Poi ventiquattrenne sono salita su altre strade, decidendo di non pensare più a quel Dio da lui tanto amato, relegandolo nella convinzione della sua inesistenza. Mi ha benedetta, come sanno fare i padri. Negli anni arrivati dopo, avrò rivisto Vincenzo una manciata di volte. Era bello incontrarlo, come tutto ciò che pacifica.Pochi giorni prima che morisse, neanche un mese fa, parlando di lui e della malattia che lo aveva assalito, un’amica, con cui avevo condiviso le ore lontane, mi ha detto: “ti ha salvato la vita”. Lo penso anche io, ancora oggi, che lui abbia salvato la mia e la vita di molti, con le parole e i gesti, dando a quel tempo un assetto inaspettato. Lui mi ha fatto credere in una possibilità, dentro un mondo, quello dell’adolescenza, in cui ero attraversata da scie dolorose, da interrogativi a cui non trovavo risposte adeguate, dalla ricerca spigolosa di una identità. E in tutto questo magma informe di cui lo rendevo partecipe, lui mi ha fatto sentire meritevole di essere amata.Ho pensato a Vincenzo in queste settimane. Si invocano i padri quando attraversiamo tempi che non riusciamo a decifrare e ci sembrano oscuri e malati. In cui l’irrazionale senza passione ed entusiasmo, senza la follia dello stupore, fa un chiasso avvilente e ti chiedi cosa fare, ma non trovi risposta. Eppure, forse, le risposte le ho avute molti anni fa, quando ero una ragazzina senza una direzione certa e con vie tortuose in testa e un giorno, un padre, senza chiedere nulla in cambio, mi ha salvato la vita.
(nella foto una Tiziana bambina di vent’anni, con un bambino bellissimo)
