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Mia madre nel giorno del suo novantesimo compleanno, ha dichiarato a figli, nipoti, generi e nuore, che ha cambiato idea circa l’opportunità di andare alla casa del Padre, cioè di morire. Ha deciso che il Padre, tanto pervicacemente nascosto nei cieli, può anche aspettarla, giacché lei non soltanto ha ancora voglia di vivere, ma questo permanere le piace, nonostante gli assenti che la esiliano, a tratti, dentro angoli di tristezza. Ha capito, mia madre, nel giorno del suo compleanno, che le piace l’amore che riceve e da par suo restituirlo. Quel giorno, ossia il venti gennaio, sin dalla prima mattina ha risposto alle molte telefonate in cui amici e familiari la salutavano con lo stupore verso chi ha attraversato due secoli e nove decenni, resistendo ai colpi e contraccolpi di un’umanità sballottata tra i viaggi della Storia, crepuscoli siderali ed esistenziali. Un’umanità che oggi appare sul bordo dell’abisso, lo stesso bordo su cui lei sembra passarci sopra, con la stessa levità di Mister Magù. Del resto, come da lei dichiarato, è nata nel medesimo anno della resistente Settimana Enigmistica, rivista che ancora oggi acquista e con cui olea gli ingranaggi sinaptici, anche se non ha più l’amica amata Graziella, con cui si confrontava e gareggiava, spesso, con il settimanale in mano, passeggiando le domeniche nelle ore vuote della città. Mia madre, nel giorno del suo compleanno, ha ricevuto così tanti fiori e piante che l’hanno fatta gioire come una bambina nella notte di Natale. “Minchia mamma, neanche al tuo funerale avrai tutti ‘sti fiori”, le ha detto la figlia di mezzo, suscitando la ilarità della madre, che ormai lasciata l’ansia delle regole e dell’educazione da impartire, si concede la libertà di ridere anche delle sconcezze e di non turbarsi delle parolacce proferite da questa figlia che, in fondo, nel suo essere naif e inquieta, non è poi tanto dissimile dalla madre. Anche se una recita rosari e l’altra sgrana la vita con diversi metodi non sempre contemplativi. Nel giorno del suo compleanno la madre, nonna e zia con il discorso proferito con la semplicità dei longevi, ci ha regalato l’amore per i mattini e la meraviglia dello stare insieme. Perché nelle vertigini di questa giostra – in cui giochiamo a dadi con il dolore e le perdite, con le storture delle nostre anime, in cui la geografia interiore del corpo fa male nei punti sensibili e violati – ci artigliamo alla benedizione degli istanti che ci connettono al lato buono e fragile dell’umano. Ancora di più se a ricordarcelo è una donna accartocciata dalla vecchiaia, nata nello stesso anno e appena tre giorni prima della Settimana Enigmistica.
