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Non so sciogliere i nodi. Quelli stretti, intendo. Mia madre, quando ero ragazzina, diceva che una donna che non sapeva sciogliere i nodi non poteva sposarsi. A mio fratello non lo ripeteva. Allora rinunciavo subito, per tigna, perché non sopportavo il dolore alle dita e perché mi sembrava un imbroglio. Molti anni dopo mi sono sposata lo stesso. Se c’è un nodo stretto, ci pensa mio marito, o i miei figli che hanno le mani più abili e forse più pazienza. Quando ne vedo uno mi sale una certa inquietudine. Sarà per quella frase così perentoria di mia madre. Se non ho nessuno a cui chiedere, cerco metodi creativi: lascio perdere o faccio un buco o uso forbici. Come nella vita. Davanti a nodi insormontabili, mi affido alle forbici della parrucchiera. La mia parrucchiera è paziente. Come quando le ho chiesto di tagliare i capelli cortissimi e le ho mostrato una foto di Katy Perry bionda. “Però bionda non ti faccio” mi ha detto. “No bionda no”, le ho risposto. Quando mi sono vista la prima volta, ho pensato che ero figa, che un po’ a Katy Perry somigliavo ed era un buon modo per non pensare ai nodi e stare meglio. Il giorno dopo, però, ero già pentita, perché mi guardavo allo specchio e Katy Perry era sparita, non capivo chi fossi e mi sentivo troppo esposta, persino a me stessa. “I nodi mica li sciogli pensando di assomigliare a Katy Perry, bella mia”, mi sono detta. Poi i capelli sono cresciuti, anche perché, dopo pochi mesi, c’è stata la pandemia e non potevo andare da nessuna parte. Se tutto si era fermato in quel periodo, i capelli no, loro continuavano a muoversi e a fare nodi. A scioglierli ci pensava mia madre, che per passare il tempo prendeva una spazzola e mi pettinava. Poi mi infilava un ferrettino. Sembravo l’attrice di Misery non deve morire, ma quello era un momento di tregua e mia madre era felice.
Non so perché, a volte, noi donne, abbiamo questa fissazione dei capelli, perché loro devono subire i nostri umori. Come quelle statuette che vendono sui camioncini per strada, quelle tamarre che cambiano colore a seconda del tempo. Non mi sembra sia lo stesso per gli uomini. Sarà che sanno di poterli perdere e allora preferiscono non affezionarcisi troppo ed esercitano noncuranza, o forse perché a loro non dicono che devono essere pazienti per avere una compagna. Che poi, a pensarci, la vita è piena di nodi. Ne trovi di tutti i tipi e non sempre riesci a scioglierli o non sempre ti va di farlo. E te lo tieni questo groviglio, questa nebulosa compatta, questo callo sulla superficie liscia. Che a furia di assommarsi fanno una trama, come quella dei tappeti orientali che raccontano storie e sono pieni di simboli segreti e di centinaia di acari. E mentre stai lì a guardare e a farti domande su come aprire il sacchetto di formaggio annodato stretto e sul senso dell’esistenza, non riuscendo a trovare una soluzione per entrambi i quesiti, mandi alla tua parrucchiera la fotografia di un nuovo taglio di capelli che hai visto, in una rivista glamour, sulla testa di una tipa fighissima che non ti somiglia per niente e le chiedi di tenere affilate le forbici.
Qui è quando volevo essere Katy Perry. La foto è di Elvira Alfida Costarella
