Nov
Mia madre ha le ossa fragili, sostengono con fatica la sua anima ribelle, la mente ha intermittenze di memoria, che la riportano indietro nei pensieri, in un loop nuovo e inesplorato, per noi figli.
L’estate ha i giorni fragili, nel tentativo di ricomporre pezzi di esistenza che, a volte, sembra evaporare nella mancanza di senso. È il troppo caldo dicono, fa perdere consistenza ai pensieri. Anche il mondo sembra perdersi in un loop già visto, già sentito. La guerra, i bambini, la troppa stupidità, l’odio per la libertà degli altri, l’ignoranza che cataloga ed esclude e questo e quello cosi dissonanti e stonati. Calpestiamo cocci di vetro dai nostri primi passi.
Sono in montagna anche quest’anno. È la meta estiva, arrivata in ritardo, un grappolo di giorni in cui riesco a essermi indulgente in un distacco effimero. Non mi annoio, la vita sociale qui è un lumino, vengo per ricompormi nel silenzio degli alberi, anche se poi il chiasso arriva. Sarà perché quest’anno mi sembra che il mondo sia una moltiplicazione di scricchiolii di ossa, come quelle di mia madre. Ed è un gioco semplice sentirsi dimidiata in questa meta, in quest’agosto che gioca al ribasso, in questo rimestio che oscilla, come un’altalena che non si decide tra il cielo e la terra.
Sembra sbiadita questa estate nelle sue mancanze e trasformazioni, in questo osservare e ascoltare ogni sottofondo di suono e crepa dell’altro, il nostro muoverci impacciati o impazziti, chissà, mentre imparo a saltare con la corda, in un’ostinazione infantile, cercando balzi leggeri che ancora non trovo, per non sentire troppo la durezza del suolo, per rafforzare il respiro e i muscoli e le ossa con il loro destino di fragilità, in una fuga ferma sul posto che solleva la terra e che non si vuole arrendere.
ph Elvira Alfida Costarella
Tizianeda