° Il seienne ha ripreso ad ascoltare le canzoni di Fabri Fibra, che è un rapper arrabbiato, che si agita ansiogeno, che in ogni verso infila una parolaccia. Lo osservo mentre ascolta eccitato il tipo che canta – “mamma hai sentito?” “Si però tu non ripetere” “no….e che sono matto!” – pensando a quanto si possa essere attratti da ciò che non ci somiglia .
° La decenne da un po’ di giorni, oltre ai documentari su cani, gatti, invertebrati, coccodrilli, squali, subisce la fascinazione di trasmissioni che raccontano storie agghiaccianti di UFO e di manifestazioni soprannaturali o che parlano di disgustose malattie rare – “mamma non ti preoccupare guariscono tutti”- che guarda con serena disinvoltura e serafico distacco. “ Se arriva tuo fratello cambia canale per favore”.
° Da due settimane si verificano inquietanti fenomeni notturni. I minori, si spostano dalle loro postazioni, per stazionare in quella dei due adulti di casa. Il sonno è diventato un fenomeno collettivo e sembriamo una comunità hippie. A volte però prima di procedere all’occupazione silenziosa, ti fissano immobili ed ansimanti mentre sei avvolto in un sonno profondo che implode svegliandoti. Poi per tutto il resto della notte hai la sensazione di essere intrappolato in un film di Kubrick . “Mamma ti guardavo perché volevo capire se dormivi”.
° Sabato al supermercato, ho fatto la spesa riempiendo il carrello fino all’inverosimile, come se l’apocalisse fosse imminente, e dovremo passare i prossimi mesi in un bunker chiuso ermeticamente. Il carrello sotto quell’enorme peso, ha iniziato ad ignorare i miei comandi girando su se stesso come la testa di un indemoniato.
° Da qualche giorno, per le strade, si aggirano donne con gli sguardi un po’ assorti, un po’ preoccupati, un po’ allucinati, un po’ deliranti. Camminano veloci trascinando bambini e buste piene di libri quaderni penne matite borsellini righelli colla diari zaini forbici colori scarpe nuove per l’inverno. Io sono una di loro.
° L’uomo adulto di casa da questa mattina ha iniziato “l’operazione scanner”. Ha preso montagne di fotografie di quelle che si facevano con i rullini. Con pazienza le ha ricercate, copiate, catalogate. C’è un passato che ci appartiene ed uno individuale quando l’altro era ancora molto lontano dall’arrivare ed ancora più lontano il risultato del nostro incontro. In questo tripudio scientificamente nostalgico, lui sguazza e si bea. Io un po’ meno.
° Domani ricomincia la scuola per tutti i bambini e ragazzini della mia città. Si sa che le attese che nascondono aspettative, paure e speranze, fanno fare ai grandi ed ai piccini, cose a volte strane, a volte insolite, a volte solo diverse.
Domani si ricomincia anche per la famigliola. Buon inizio ragazzina decenne per il tuo primo giorno nella scuola media. Che hai addosso una paura che mi intenerisce, che la nascondi dicendomi che non vedi l’ora, che ti guardi allo specchio mille volte spostando la riga tra i capelli, che vorresti vestirti con jeans strappati, una maglietta punk e tutta bardata di gioielli e so che dovremo trovare un compromesso . E buon inizio a te mio piccolo seienne ormai quasi settenne, che invece della scuola non vuoi proprio parlare e se ti chiedo, cambi discorso. Che mi accenni a volte a quel compagno “fastidioso”, che in prima elementare ti spaventava e poi a casa ci raccontavi degli scarafaggi e dei ragni sul tetto. Ma quest’anno sarà diverso perché sei più forte, perché tuo padre ti ha insegnato a pedalare senza le rotelle, perché sei caduto mille volte graffiandoti le gambe e non hai pianto e non ti sei arreso.
Buon inizio a tutti voi.
Tizianeda
“Mamma perché se le figure mistiche di Babbo Natale e della Fatina dei Denti non esistono, dovrebbe esistere Dio?”
“…”
La decenne mi incalza
“Ma allora quando muori che succede?”
“Non lo so non sono mai morta”.
“Mamma smettila!”. Ride.
Il seienne è più diretto…ed inquietante.
“Io penso che tu moriraiprestononmivedraicrescereenonvedraiimieifigli!”.
“E’ una profezia? Ma perche non coinvolgete anche papà nei vostri discorsi?””
“Mamma smettila!” Ride.
Non posso spiegargli qualcosa che non so o di un aldilà in cui non credo più da un bel po’. Però gli parlo della vita che è il mistero dei misteri e della sua complicata bellezza, e prima o poi gli leggerò quella poesia che dice “la vita non è uno scherzo”….anche se io faccio sempre la buffona.
P.S.:
“(…) La vita non è uno scherzo,
prendila sul serio
ma sul serio a tal punto
che a settant’anni, ad esempio,
pianterai degli ulivi
non perché restino ai tuoi figli,
ma perché non crederai alla morte,
pur temendola,
e la vita peserà di più sulla bilancia.” N.H.
Buona vita a tutti.
Tizianeda
Buoni propositi per l’anno che verrà:
. le unghie delle mani non saranno più sbrindellate, ma curate e colorate. Perché così ha fatto questa estate un’amica dopo un pranzo gustoso ed ipercalorico a casa sua in montagna. Dopo il caffè ha imbandito la tavola di smalti multi-cromatici, ne ho scelto uno, lei lo ha steso sulle mie unghie incredule, regalandomi mani di una sconosciuta. Dopo due giorni però i primi cedimenti strutturali, colpa di qualche piatto lavato ed un po’ di detersivo, ho perso l’incanto, sentendomi come Cenerentola dopo il ballo di mezzanotte con il principesempreazzurro. Avendo quindi capito che le mani smaltate sono incompatibili con le faccende domestiche non le farò più…le faccende domestiche intendo.
. imparerò a camminare sui tacchi dodici. Troverò, le mie decolté dimenticate e nascoste come il mondo di Narnia nell’armadio e comprate sul web in un momento di ottenebramento feticista. Andrò dalla mia cugina fighissima, quella di cui vi ho parlato, quella che ha il tacco dodici nella testa prima che nei piedi, le chiederò di svelarmi i segreti della camminata perfetta e magari frequentandola diventerò bona come lei.
. applicherò con disciplina da asceta indiano, la assoluta atarassia, l’indifferenza sentimentale nei confronti del cibo. La cucina calabrese verrà sostituita da piatti ipocalorici ai quali mi abituerò con serena determinazione, come un’elegante ed ossuta signora milanese.
. diventerò la reginetta delle check list, che mi trasformeranno nella persona più organizzata dell’universo interplanetario. Avrò una c.l. per le attività lavorative, una per i bambini, una per la gestione della casa, una per le attività al di fuori della casa, una per curare le relazioni con gli altri una per i colleghi di lavoro, una per disciplinare i miei accessi su internet, una per usare in maniera efficiente le check-list.
. imparerò la lingua inglese. Il mio eloquio raffazzonato e preistorico si trasformerà in una retorica degna di un drammaturgo vittoriano o di un traduttore simultaneo…tempo preventivato per il raggiungimento di un risultato soddisfacente : 10 anni.
. finirò di leggere il libro che giace impolverato sul mio comodino surclassato da altre più fluide letture. Innalzerò la media di approccio giornaliero che, tenendo conto delle lunghe pause di riflessione, è di circa 10 righe, ma soprattutto imparerò a citarne il titolo troppe volte diventato “il Giardino delle ragazze”, “L’ombra degli alberi”, “Le fanciulle sotto l’ombra”, “I fiori sotto l’ombra delle fanciulle” e mi perdoni il signor Proust se la sua opera si intitola “All’ombra delle fanciulle in fiore” . Dopo aver letto questo, ricercherò tutti gli altri suoi libri sperando di finirli prima della vecchiaia.
. andrò spessissimo dall’estetista dal parrucchiere dal massaggiatore ed in palestra, andrò in piscina, a fare corsa, Yoga e pilates non considerando più queste attività tediose o faticose. Le incastrerò nella mia quotidianità nevrotica senza subire cedimenti o ripensamenti, sarò granitica come un lottatore ed ostinata come uno scienziato pazzo.
. ogni tanto fuggirò per qualche giorno, per ricaricarmi o per ritrovarmi, lascerò quei tre a cavarsela da soli, prenderò un aereo per andare al Polo Nord o nel Kamchatka, o soltanto a Roma per trovare la zia M., che amo alla follia, lo zio M. , mia nipote M., e mia nipote I (perché in famiglia ci vuole sempre una lettera dissonante). Per dirmi che anche io lo posso fare, per fregare la paura della distanza, per mettermi alla prova, per avere un tempo che sia tutto mio e di nessun altro, perché i bambini sono più grandi, perché anche io sono cresciuta, forse anche grazie a questo blog che mi fa guardare dentro con un sorriso, ed a voi che mi rendete felice leggendomi pazienti.
Tizianeda
Illuminata da un vestito azzurro, il corpo abbronzato, cammina sullo spazio bianco davanti una labirintica costruzione, la mattina invasa da noi avvocati. Una collega, di quelle con cui parlo del lavoro o delle piccole cose della vita, con piacere e di sfuggita.
In mezzo ai nostri incontri, agosto e l’assenza da questi posti. Oggi la rivedo ed è cambiata, come i bambini che tornano a scuola dopo le vacanze.
Il suo cambiamento è attrattivo soprattutto per noi donne, gli occhi si posano sopra, come quelli di un uomo per una scollatura audace. Produce empatia e la voglia di toccarla. Il suo cambiamento oggi protetto dal vestito azzurro, è un punto esclamativo, un grido impertinente, un precedere la vita.
“Tizianeda, a quarantadue anni sono rimasta incinta come una sprovveduta sedicenne”.
La donna con il vestito azzurro, prima di tutto questo, stava bene dentro il suo tempo, dentro la sua libertà senza figli, con il suo compagno.
Così parliamo. Non del lavoro o delle piccole cose della vita. Lei è un fiume di pensieri sui quali vuole soffermarsi, perché non si è mai abbastanza grandi e preparati per questo nuovo spazio prepotente.
Chiede a me come si fa ad essere madre e donna e tutto il resto, a me che ho due figli ed un lavoro complicato come il suo.
A me che vorrei dirle che una mamma è una fata ed un orco, un’ eroina con i super poteri, è Superman ma con la criptonite infilata dappertutto, è un funambolo con mille braccia e cento piedi, è un pagliaccio a volte triste, è un alieno che legge nella mente ed usa il teletrasporto, è uno zombie asociale, è Anna dai Capelli Rossi, è Barbarella, è la Fatina Smemorina, è Cenerentola, è GenoveffaedAnastasia, è Wendy e Capitan Uncino, è Alice nel Paese della Meraviglie, è Mago Merlino.
A me che non ho tutte le parole per spiegarlo, che contemplo i miei figli come uno spettacolo stupefacente di cui non posso più fare a meno, loro che mi hanno fregata per sempre ed intrappolata dentro un ossimoro affascinante e indistricabile.
Ma la donna con il vestito azzurro, tutto questo lo sa, ha l’intelligenza ed il cuore per vedere per capire. Suo figlio che solo lei sente, già la rassicura già la spaventa.
Così ci salutiamo e poi la osservo mentre si allontana piano, con il suo bambino dentro quel palloncino azzurro e fluttuante.
Tizianeda
Quando mio marito chiacchiera al telefono con i suoi antichi amici cinquantenni sparsi per l’Italia, lo sento ridere, come mai fa con me. Ride come quegli adolescenti maschi che incontri per strada, quando passeggiano in gruppi di tre o quattro elementi, tutti gesti, ammiccamenti e brufoli.
Se melliflua, cerco di carpire i segreti di tanto sganasciarsi, lui risponde evasivo “ Abbiamo parlato di tutto. Niente di particolare”. Che tradotto in linguaggio compiutamente femminile significa : ” cosa vuoi che ti racconti. Non puoi capire tu che sei di un’altra generazione, che non hai vissuto e condiviso i tempi dell’infanzia e dell’adolescenza, quando eravamo completamente liberi, incoscienti e pazzi. Quando ancora i nostri ormoni erano addormentati e non potevamo sapere che quel tempo di grazia, sarebbe stato sostituito da pruriti e struggimenti amorosi, preludio della perdita della nostra spensieratezza”.
Però lo stesso voglio capire, e lo interrogo avida e curiosa di un mondo che non esiste più.
Lui racconta ed io vedo bambini sparsi per il quartiere e nei cortili, teppistelli rumorosi ed innocui. Li vedo arrampicarsi, come ragni imperturbabili, lungo le impalcature dei palazzi in costruzione, li vedo lanciarsi sui cumuli di terra, li vedo addormentarsi la sera nelle loro case, esausti e sporchi con in testa i giochi del giorno dopo.
Li vedo ancora camminare incoscienti e svampiti e sempre miracolosamente vivi lungo le rotaie della ferrovia, raccogliere lattine di bevande vuote da collezionare, gettate dai finestrini dei treni.
Li vedo qualche anno dopo, ascoltare musica, quando la musica era un tempo da dedicare e non un prodotto da consumare distrattamente. Li vedo prendere tra le dita come reliquie i loro vinili, li vedo lenti e concentrati inserirli nel giradischi per ascoltarli seduti e muti, da soli o in compagnia. Li vedo chiudersi, un tempo indefinito, dentro le cabine dei negozi di musica. Li vedo ascoltare con le enormi cuffie alle orecchie le ultime novità che il più delle volte non avrebbero comprato, eccitati ed increduli per tanta gratuita abbondanza, sotto gli occhi distrattamente rassegnati, del proprietario dell’unico venerato negozio di dischi della città.
Questo è il tempo perduto dell’uomo adulto di casa e dei suoi amici. Loro sanno di non poterlo più riavere, perché è inutile, certe cose non ritornano più.
Allora si tengono stretta la memoria comune ed il cazzeggio privo di ritegno, che li fa sganasciare dalle risate…. senza troppo preoccuparsi di essere capiti dagli altri.
Tizianeda
“Ciao mamma, siamo venuti a trovarti…..hai le chiavi di casa vero?”
Alle quattro dell’ultimo pomeriggio di agosto, dopo il trasloco del suo studio in un appartamento che è dentro lo stesso palazzo dove vive la famigliola solo un piano più giù, Tizianeda ha iniziato a liberare la sua casa dalle invasive carte di avvocatessa.
“Bambini papà non c’è io scendo un attimo sotto, non vi muovete sono senza chiavi lascio il telefono qui”
“Mmmm”
Dopo pochi minuti la decenne ed il seienne, suonavano al campanello.
Dopo pochi secondi di conversazione con quei due, Tizianeda apprendeva che avevano chiuso la porta di casa al piano di sopra, che no, le chiavi non le avevano con loro, che la decenne si era portata con sé il seienne per non lasciarlo solo, che non avevano il telefono fisso e mobile perchè il cellulare era dentro casa e la linea telefonica dello studio non era stata ancora trasferita nell’appartamento.
Dopo lo sconcerto che si è trasformato in arrabbiatura che si è trasformata in urla che hanno echeggiato per le scale del palazzo mutando la mamma gentile in un orrido orco senza cuore, i tre si sono recati sul balcone che confina, diviso da una grata, con quello della vicina artista e folle e del suo cane, per farsi prestare il telefono e avvertire l’uomo adulto di casa.
“Ciao sono io richiamami siamorimastifuoricasahailechiavi?”
Click!
Poi l’uomo adulto ha richiamato comunicando che anche le sue chiavi giacevano insieme alle altre dentro casa.
“Si però non imprecare così”.
Lui ha invece continuato ha esprimere il suo dissenso riempiendo l’etere di parole e frasi grevi, solitamente usate dagli adulti nei momenti di difficoltà emotiva.
Poi i tre rinchiusi nel nuovo studio, finito di parlare al telefono, hanno aspettato che qualcosa succedesse, mentre la decenne piangeva dicendo che quello era il giorno più brutto della sua vita, mentre il seienne per esigenze emulative piangeva pure lui dicendo che in quello studio semi vuoto sarebbero morti tutti e tre di fame e di sete.
Invece l’uomo adulto di casa, finito di imprecare, veniva soccorso dal signore del negozio di ferramenta, dove in quel momento si trovava.Il signore del negozio di ferramenta da coerente uomo del sud aveva intercettato la conversazione telefonica, carpito il senso e trovato la soluzione. Dopo pochi minuti, infatti, il titolare, l’uomo adulto di casa, un avventore unitosi al consesso ed una radiografia con sopra impresse ossa di chissà chi e inspiegabilmente dentro il negozio, come una spedizione per una missione di soccorso, si sono recati davanti alla porta chiusa della famigliola.
Così l’uomo della ferramenta ha infilato la lastra tra gli ingranaggi della serratura, l’avventore l’ha smossa con foga e l’uomo adulto di casa si è ripreso dal turbamento assistendo al miracolo della porta che si apre grazie a quei due, che come Sherlock Holmes e Watson, Batman e Robin, Topolino e Pippo , avevano restituito la normalità alle vite dei rintontiti destinatari del loro intervento.
Tizianeda ancora una volta si domanda se spostare il suo studio così vicino a casa è stata una buona idea.
Tizianeda
Tizianeda, che è anche avvocatessa, un po’ di tempo fa ha pensato che la montagna di carte, che come una fitta giungla aveva riempito la stanzetta dell’appartamento condiviso con altri colleghi amici, in realtà lì dov’era, non poteva più stare.
Per questo ha trovato un’altra stanzetta, che in realtà è una stanzona, che è dentro un appartamento, che è dentro lo stesso palazzo dove c’è la casa di Tizianeda e della sua famigliola, solo un piano più giù.
Per questo Tizianeda, ha dedicato i suoi ultimi giorni d’agosto a spostare da un posto ad un altro, carte fascicoli faldoni computer stampante scanner fax scrivania sedie libreria libri e suppellettili varie.
Ed ora che tutte le cose del suo lavoro sono accatastate ed ancora inscatolate dentro la stanzona sotto casa, prima che la assalga come uno tsunami la malinconia per il posto che lascia con tutti i suoi abitanti, si è concentrata sui variegati momenti del trasloco:
1) Momento Toy Boy.
Lui è il ragazzo di fatica….. e molto altro. E’ quello che dodici anni fa, l’aveva incoraggiata ad affittare la stanzetta del vecchio appartamento, anche se di clienti Tizianeda ne aveva appena tre, “non ti preoccupare tu sei un buon investimento”, che le aveva pitturato le pareti di color aragosta con addosso la sua aderente canottiera bianca, i jeans tagliati e gli addominali scolpiti. Quello che le aveva appeso i quadri alle pareti e l’aveva rassicurata per il futuro. Lui è lo stesso ragazzo che oggi l’ha aiutata ad inscatolare, posare, sigillare con i nastri adesivi, che si è preoccupato di un’infinità di aspetti pratici cui Tizianeda è poco avvezza, che l’ha rassicurata per il futuro. Lui dopo dodici anni è ancora il suo ragazzo, anche se le magliette aderenti non le mette più perché sono diventate troppo strette, anche se da questa fatica forse non si riprenderà, anche se con lui Tizianeda ha fatto due figli e tutti insieme vivono in una casa di 90 mq.
2) Momento Vintage.
Alle tre del pomeriggio, sono arrivati gli uomini del trasloco per prendere la roba impacchettata, metterla su una piattaforma fissata ad una scala mobile appoggiata ai balconi che dalla strada saliva fino al cielo, per poi ritornare giù dove c’era un vecchio camion che ingoiava gli scatoloni di Tizianeda come il ventre di una balena.
Poi quando tutto è finito e la stanzetta diventata vuota come una galleria dismessa della Salerno-Reggio Calabria, Tizianeda ha chiesto all’uomo che guidava il camion di poter andare con lui. E’ entrata dentro quell’ affare chiassoso e cigolante che le ha provocato un’esaltazione puerile. Avrebbe voluto guidare lei quell’aggeggio pesante che non sa perché le ricordava l’infanzia e l’ha riportata in un mondo un po’ sfocato e in bianco e nero come i programmi televisivi di quando era piccina. Ha contemplato l’abitacolo rosso tutto sbrindellato come i sedili, ha guardato i finestrini a manovella, il cambio delle marce con il pomello, il volante grandissimo che ci vogliono braccia lunghe e forti, ed i bottoni quadrati incastrati nel cruscotto che Tizianeda avrebbe voluto schiacciare per vedere che succede, tutti gialli verdi e rossi che sembrava di essere in una navicella spaziale di un ingenuo telefilm degli anni ’70. Poi sono arrivati sotto i balconi dove c’è il nuovo studio ed anche la casa di Tizianeda. L’uomo del trasloco ha tirato il freno a mano, il camion ha sferragliato vibrando, ed il viaggio vintage è finito, purtroppo.
3) Momento pediatrico-terroristico.
I più felici per questo trasloco, per questo ardito avvicinamento a casa anche negli orari lavorativi, sono la decenne ed il seienne, che hanno partecipato con giubilo alla movida degli scatoloni, trottando per le scale del palazzo per approdare nel nuovo studio della mamma. E mentre quei due debosciati correvano per l’appartamento semi-vuoto, si nascondevano eccitati dentro le stanze, esploravano gli anfratti, aprivano e chiudevano le finestre, uscivano sul balcone dove il seienne socializzava con la vicina artista e folle invitandola a venire a lavorare con Tizianeda, tempestavano di domande gli uomini del trasloco, litigavano tra loro, chiedevano di poter mangiarebereandareinbagno, Tizianeda si chiedeva se questo sforzo fisico ed emotivo fatto per rendere più fluida la giornata, per meglio assemblare i diversi momenti della vita, facilitare gli spostamenti e togliere da casa un bel po’ di noiose carte, è davvero stata una buona idea.
Tizianeda
“Il mondo sarebbe triste senza le ragazze”.
Questo pensa il seienne di casa, e lo dice con serafica convinzione.
Perché le ragazze, “sono belle, intelligenti, non dicono le parolacce e non fanno la lotta”.
Ed un giorno lui sposerà la donna che “capisce come sono fatti i maschi, fa i rutti con le mani davanti alla bocca, le puzzette solo dentro casa …vero mamma? E poi se lei non vuole fare una cosa io mica la posso costringere?”
La prescelta è la bambina F., la sua fidanzata da sempre, quella a cui un giorno di due anni fa, dentro l’aula della scuola d’infanzia, tra gli sguardi curiosi di bambine dagli occhi stupiti e bramosi, ha regalato un enorme “diamante” preso da una scarpa dismessa della sorella. E per lui è un dettaglio trascurabile che da quando ha lasciato l’asilo per la scuola primaria non vede più la bambina F., ed a volte è ammaliato da altre graziose bambine.
Vorrei spiegargli che non sempre le donne sono sinonimo di felicità maschile, e che comunque certe cose non funzionano così come le vede lui, ma travolta dalle sue dogmatiche convinzioni, preferisco rimandare.
Tuttavia non avevo previsto che il materialismo estremo della decenne, sorella del romantico innamorato, avrebbe riempito i miei vuoti pedagogici, e preceduto gli insegnamenti della vita.
“La vuoi finire con questa F., lo vuoi capire che lei non ti pensa più e sicuramente ormai avrà un altro fidanzato”
“Non è vero. Lei mi pensa e quando cresco la sposo”
“Mamma, diglielo tu che non è così che si ragiona, che poi quando è grande e sua moglie divorzia da lui, quello va a dire in giro che stanno ancora insieme mentre lei è già fidanzata con un altro..pensa che brutta figura!”.
“Ragazzina, ora basta vedi di non esagerare!”
Poi per fortuna quei due si dileguano imperturbabili, con le loro estreme visioni dell’amore.
Tizianeda
Prima gli amici organizzati, ospiti della famigliola, che hanno portato dalla città il loro robot delle meraviglie, che sminuzza trita cucina impasta riscalda bolle, tutti i giorni ti prepara anche un dolcetto, e finisci per venerare quell’oggetto, come un totem dotato di poteri ultraterreni. Poi altri amici, tutti cucine dotati, amanti della compagnia e delle tavole generose. Così le passeggiate nei boschi non bastano a smaltire tanta gaudenza culinaria, perché per salvarti, dovresti attraversare correndo, con uno zaino pieno di pietre, tutto l’Aspromonte…..più volte.
E si sa, dopo il tripudio, dopo Sodoma e Gomorra , dopo il Paese dei Balocchi, la festa finisce, si spengono le luci e ti abbandoni senza ritegno ad inutili brontolii solitari…… sempre che nelle vicinanze non c’è un seienne, che ti intercetta come un esperto radio-amatore.
“Porca miseria. Ho mangiando troppo in questi giorni, sono ingrassata!!”
“Mamma non ti preoccupare ognuno è diverso, io sono magro, mangio tanta pasta e lenticchie e non ingrasso. Tu invece sei come sei”
Già, pasta e lenticchie, il suo piatto preferito che mangerebbe anche la mattina a colazione…
“Perchè come sono io?”
“No, non te lo dico non ti voglio dispiacere”
“Tesoro, mamma non si dispiace, dimmi”
“Mamma tu sei cicciottella, però a me piaci lo stesso”
“………….”
“Ma non ti preoccupare. Se mangi sano come me dimagrisci. Cucina tutti i giorni pasta e lenticchie”.
Tizianeda
“Possiamo piantare due tende nel giardino da voi? Siamo cinque”.
La casetta in montagna, che non è della famigliola, ma è popolata nelle giornate vacanziere da Tizianeda e dagli altri tre, è circondata da un generoso giardino, dove in uno spazio silenzioso e nascosto, per un giorno ed una notte, sono state ormeggiate due tende da campeggio, come due barchette placidamente appoggiate in un mare tranquillo.
Perché Tizianeda, dinanzi alla richiesta di uno di quei cinque, ha detto sì senza pensarci.
Quei cinque, sono una mamma e un papà e i loro tre ragazzi, tutti maschi tra i tredici e i vent’anni passati da un po’. Sono una famiglia. Dentro questo assemblaggio multiforme e colorato, c’è musica che sgorga da ogni parte come quando ti si pianta un odore addosso, arte esibita per strada, ricerca di radici lontane, senso di appartenenza, matematica, disegni, rime strambe, impegno pulito, vita da gitani iperattivi, silenzio e chiacchiere, libertà e regole, cibo e blues, armonica, basso elettrico e contrabbasso.
E ora che sono nel mio giardino, io li osservo questi cinque, come mai ho fatto prima. Perché tutti insieme e così vicini, come una famiglia non li avevo mai pensati. Anche se quella mamma e quel papà, io li ho visti diventare genitori nel tempo del cazzeggio e dell’incoscienza. Nel tempo in cui, hai addosso un vago odore di infanzia lasciata ormai per sempre. Quando provi a dare una forma ai tuoi pensieri e alla tua vita. Un tempo in cui non si hanno ancora vent’anni e sei un’esplosione di sogni, progetti, ribellione, possibilità, dentro a un mare tumultuoso e mutevole in cui cerchi la tua strada.
Io li ho visti, con loro figlio in braccio, bellissimo, percorrere quel mare. Quando, incosciente e giovane, non mi chiedevo quanto grande fosse lo sperdimento e la paura . Quel bambino, era una presenza fresca e allegra per me, da guardare come si contempla uno spettacolo stupefacente.
Poi quella mamma e quel papà, sono cresciuti con il bambino in braccio, senza perdere di vista la loro strada da tracciare, i loro sogni, le loro possibilità.
E oggi guardo questa donna mentre frigge le zucchine nella mia cucina, con gli occhi da aliena e tutti quei capelli colore della terra, avvolta da un tripudio maschile di testosterone che le danza attorno, lei compatta silenziosa moderna passionale con le sue tante cose da fare. E guardo lui con gli occhi grandi da sognatore con la sua piccola armonica, che ci soffia dentro ed esce fuori la musica. E ci sono quei tre, i tre fratelli, perché il bambino in braccio nel frattempo è cresciuto senza rimanere solo. Il bambino in braccio che ora è un uomo, che è andato lontano, con la valigia di cartone da riempire per diventare adulto, con le costellazioni da cercare per orientarsi dentro il suo mare da percorrere, anche lui con la musica tra le mani e il vento dell’indipendenza soffiato alle spalle.
Tizianeda