Compagni della Scuola media G.G. sez. c

Sono stata trasportata con un tocco di prestigitazione virtuale, con un teletrasporto informatico, dentro un gruppo facebook, composto da persone che in comune hanno l’età, una diaspora ormai trentennale, e l’aver condiviso per tre anni, le loro vite in bilico tra la fanciullezza e l’adolescenza, tra sbalzi umorali, cambiamenti epocali, ormoni pronti ad esplodere e brufoli in arrivo.
Ci incontreremo, i Compagni della scuola Media G.G., davanti ad un chiosco di gelati, come fossimo ancora piccoli, non senza perfida curiosità, ansiosi di rivedere i ragazzini di allora e gli adulti geneticamente modificati di oggi.
Per lenire l’ansia da prestazione, mi sono prospettata una serie di possibili non augurabili situazioni:
1) ci verrà uno struggimento nostalgico, che ci farà venire voglia di abbracciarci tutti e piangere;
2) ci scambieremo sorrisi benevoli e pacche sulle spalle, dicendoci l’un l’altro che nonsiamo cambiatiaffatto e comefaiamantenerticosìbene, pensando tuttavia l’esatto opposto;
3) qualcuno ricorderà episodi della nostra preadolescenza scolastica, che qualcun’altro avrebbe voluto dimenticare;
4) non sapremo cosa dirci per tutta la serata, e dopo esserci salutati promettendoci di riorganizzare assolutamente un altro incontro, ce ne andremo ognuno per la propria strada e non ci rivedremo per almeno altri trenta anni;
5) non appena osserverò i volti dei compagni, la nebbia che ho di quel periodo, si dissolverà lentamente, si materializzerà l’immagine sbiadita di una ragazzina goffa e fastidiosa, e con sgomento capirò che quella figurina lontana, che alle feste faceva tappezzeria, sono proprio io;
6) saluterò con una scusa, tornerò a casa e costringerò mio marito a mettere una musica lenta anni ottanta perché, per la legge della compensazione, dovrà farmi ballare tutta la notte.

Ora, siccome so che nessuna di queste ipotesi immaginifiche si verificherà (almeno spero), vado a prendere un bel vestito nell’armadio per indossarlo questa sera , come quando si andava tutti alle festicciole, con la musica del Tempo delle Mele. Come quando in un tempo assai lontano, tutti ci sentivamo un po’ Sophie Marceau o il ragazzo di cui non mi ricordo il nome con il gelosino, anche quando l’unico incontro ravvicinato era con la tappezzeria.

Tizianeda

Prendi

Prendi un ruscello di montagna “che dura tanto”, coi massi dentro, quattro minori semi-irrazionali convinti che lì nell’acqua ci siano milioni di girini da catturare.
Prendi un seienne che si crede Super Mario, e saltella sui massi, ma poi i suoi piedi le sue scarpe e le sue calze planano nell’acqua.
Prendi i milioni di girini che non si trovano perché, in preda al panico, sono tutti fuggiti altrove.
Prendi la decenne, il seienne ed i loro amici V. ed E., e dì loro che è inutile, che i bicchieri bianchi che si sono portati per la caccia, rimarranno vuoti.
Prendi un bellissimo sentiero da seguire in mezzo ai boschi.
Prendi la ragazzina, che ha dieci anni ed è in un’età dagli umori altalenanti, e per questo decide che no, la passeggiata non la vuole fare.
Prendi che ignori i suoi sbalzi ormonali e la poni dinanzi alla prospettiva di camminare o di rimanere lì, sola, tra lupi, cinghiali, la strega cattiva di Hansel e Gretel e folletti malefici.
Prendi che lei opta per la prima soluzione, ma che per tutto il tragitto ci segue a distanza, come un segugio famelico, con la bocca serrata e teatrali occhi cupi .
Prendi che la passeggiata tra i boschi è bellissima, a parte lo sguardo torvo della tipa che ci cammina dietro.
Prendi che quando arrivi sulla strada ed esci dal bosco, si prosegue a fila indiana su uno stretto marciapiede.
Prendi che in mezzo alla strada tortuosa, tra gli sguardi attoniti degli automobilisti, deambula zigzagando una signora ultracinquantenne stretta in un vestito fiorato fucsia, come il colore dello smalto sui suoi piedi ed il rossetto.
Prendi che al guinzaglio tiene un barboncino nano bianco accessoriato di codino sulla testa, come il suo.
Prendi che pensi che devi salvare da morte certa la signora ed il cane, e la inviti a salire sul marciapiede.
Prendi che eviti alla donna ed al quadrupede un incidente, ma non la salvi dalla logorrea compulsiva del seienne.
Prendi che la signora manda messaggi subliminari al seienne “il mio cane non ama i bambini”, ma il seienne continua a sorriderle beato.
Prendi che il seienne inonda la poveretta di domande “come si chiama il cane, quanti anni ha perché è così piccolo ma cresce quanto è lungo il guinzaglio lo posso accarezzare lo posso prendere in braccio ma come è carino ma dai lo posso prendere in braccio”
Prendi che la signora con il cane, saluta e senza darci il tempo di risponderle, è di nuovo in mezzo alla strada.
Prendi che si torna nella casetta montanara tutti stanchi, felici e sporchi di terra, come Pig Pen dei Peanuts, senza però le mosche ronzanti sulla testa, almeno credo.
Prendi che alla decenne la tempesta ormonale si dissolve come nebbia e così Voldemort ci restituisce Hermione.
Prendi tutto questo, che è poco, che è tanto, anzi tantissimo, che è uno spazio senza tempo, come quello dell’infanzia, dove tutto è sospeso, la prospettiva è diversa, lo sguardo è pieno di innocenti possibilità. Prendi una giornata così, che ti regala sorrisi ed un bel po’ di nostalgia.

Tizianeda

Vacanza=Vuoto

Vacanza= vuoto.
Il primo ad andare in vacanza è stato il mio cervello, resettato da un improvviso ed inusuale tripudio di ozio. La famigliola si è trasferita in un posto amato da Tizianeda e dallo Sposo Errante, dove non si suda, la notte si dorme coperti, si contempla fermi e stupiti il silenzio.
E’ fuggita in un posto dove la terra vista da lì sembra semideserta e fascinosa, perché gli alberi e la fauna sovrastano la presenza umana. Ma anche un posto che è un’occasione mancata, perché qui al sud molto sud, a chi ha il potere sul bene pubblico, con frequenza drammatica, la bellezza è invisa.
Così il mio cervello, in questi primi giorni di vuoto, sta vivendo come un’irresponsabile collegiale alle prese con la sua prima esperienza di campus, dominato dal sonno e da una fame compulsiva da tenere a bada. I due minori,, il seienne e la decenne, solitamente contrariati da tanto entusiasmo montanaro, quest’anno hanno partecipato al nostro tripudio, grazie alla presenza salvifica di una coppia di amici, minori forniti, ospiti nostri per qualche giorno in questa casa fresca ed avvolgente, profumata di legna e bosco, colorata da chiazze di ortensie blu.
Salvifica anche per me, che sono la reginetta del caos, perché a fare da controcanto alla mia dinoccolata gestione del tempo libero, c’è la mamma di V. ed E., ai miei occhi la donna più organizzata dell’universo interplanetario. Con lei hai la insolita fortuna di conoscere con almeno un giorno di anticipo quello che mangerai. Con lei non soltanto ogni cosa è al posto giusto, ma anche secondo logica ed ordine. Lei che con le sue lunghissime dita prensili, come tutto il resto del suo corpo, arriva dappertutto a sistemare. Per questo, la seguo beata e grata, sentendomi placidamente sgravata da tanto sforzo mentale .
Ecco sono in vacanza. Sono nel vuoto, nella lentezza calma. Dentro chiacchiere in ore insolite, con un bicchiere di vino in più. Dentro lo sguardo distratto sui figli che corrono impazziti e liberi, dentro pomeriggi ingoiati da un allucinogeno sonno amniotico, dentro improvvisi momenti di amore coniugale veloce e furtivo.
Sono in non luogo ed un tempo di grazia, irreale come in un sogno, un buco bianco,che mi regale l’essenziale, mi ricorda chi sono, mi scrolla da dosso la nevrosi di tante vite da incastrare perché tutto funzioni e rimanga saldo.
Oggi il mio cervello è una leggiadra ragazza dei fiori.

P.s.: In questo posto la lentezza avvolge anche il collegamento internet. Mentre scrivo non so se riuscirò a postare. Se invece mi leggete vi mando il mio saluto allegro.

Tizianeda

Siccome sono molto triste…..

Per sette lunghi giorni la decenne di casa, ha vissuto selvaggiamente tra castagneti, pini, felci, coetanei in divisa verde e marrone con fazzoletto al collo, pentole da lavare, acqua da reperire, giochi, canti buffi o malinconici, fuochi di bivacco.
Per sette lunghi giorni, il seienne di casa, ha vissuto nostalgicamente a casa, tra inquietudine, noia, bisogno di consolazione e ristoro per la subita assenza della sorella maggiore, con due genitori ancora sommersi dal lavoro, il campo estivo finito, la cugina gemella, preferita e coetanea, altrove, i nonni vecchietti fuggiti al mare, consolato dall’amata da tutti G., presenza sicura ed intermittente della casa. Il tutto farcito dalla sua innata capacità di ottimizzare anche i momenti di sconforto.
Per questo ogni richiesta del seienne, preannunciata dalla seguente premessa: “Mamma siccome sono molto triste, perché mia sorella non c’è…”, accompagnata da uno sguardo scuro e penetrante impastato di innocente dolcezza, colorata da un sorriso accessoriato di fossetta laterale, è stata esaudita.
Per questo per sette lunghi giorni, sono state svolte le seguenti attività:
1) Mangiato per cinque volte pasta e lenticchie, il suo piatto preferito.
2) Giocato alle tre del pomeriggio a nascondino..in due in una casa di 90 mq.
3) Guardato mano nella mano vicini vicini, sudati sudati, i suoi programmi televisivi preferiti.
4) Dormito in tre nel lettone “perché mamma sono molto triste e non voglio dormire solo senza mia sorella” “Si però ora dormi. Ma perché ti rigiri così nel letto?” “Perché sono molto triste ché penso che noi siamo insieme nel lettone e mia sorella no..”
5) La sua mamma ha dormito malissimo, perché, essendo il seienne molto triste, le è stato tutta la notte addosso.
6) Giocato alle tre del pomeriggio con giocattoli vari consistenti in Tuffy e Procy, peluche spelacchiati e consunti, 17 piccoli cuccioli di plastica, tutti di animo buono ed irrazionale tranne due di animo cattivissimo ed irrazionale: un gatto nero con gli occhi da drogato, ed un castoro con un fiore rosso in bocca. Un ometto di plastica che si chiama Luigi vestito con una buffa tuta verde e con improbabili baffi, tre minuscoli personaggi di carta disegnati dal piccolo e ritagliati da Tizianeda, che poi sarebbero i tre elementi della famigliola sfornita della decenne, tutti con la coda ed un buffo cappello in testa con le orecchie. L’onirico circo, ha combattuto con i due elementi disturbanti, il gatto drogato ed il castoro, ogni tanto sono morti tutti, per poi resuscitare. “Mamma ora combattono muoiono tutti ma poi si abbracciano” “Ma un po’ d’amore non c’è mai?” “Si abbracciano”.
7) Invitato a casa il suo amico del cuore dai tempi dell’asilo, Giuseppe, dotato di occhiali da vista, sguardo furbo, sorriso avvolgente. Amante del calcio, Giuseppe ha manifestato il suo affetto con tutta la sua fisica prorompenza, non lesinando scappellotti, che da sempre lasciano interdetto il seienne. I due minori sono l’ opposto ed il completamento l’uno dell’altro. Unico elemento in comune: riescono a devastare una stanza in pochi minuti.
8 ) La mamma, più di una volta, adducendo spregevoli scuse, si è rifugiata in bagno, zona franca della casa, dove si e’ chiusa a chiave senza destare sospetti, solo per godere di qualche momento di solitudine e silenzio.

Poi la decenne è tornata, la folle normalità familiare è stata ripristinata con tutti i suoi quattro elementi. Il seienne ora dorme nella sua stanza, il primo pomeriggio gioca con sua sorella, continuiamo a cucinare pasta e lenticchie, il bagno è usato per i suoi scopi naturali, almeno per ora…

Tizianeda

La ragazzina decenne

Mi aspettavo uno tsunami, un terremoto emotivo, uno struggimento nostalgico senza ritorno, ed invece….
Ti ho lasciata nella piazza calda, piena di ragazzini in divisa Scout, gli zaini accatastati in disordine, e un pulmino sonnecchiante, circondato dalle vostre presenze eccitate.
Non ho aspettato il momento della partenza come faceva mia madre, che non si scollava dalla strada con gli occhi grondanti e rossi, fino a che non sparivo dall’orizzonte.
Sono andata via prima, con tuo fratello in lacrime, lui sì, già avvolto dalla nostalgia.
Sette giorni di distanza e silenzio, senza il sollievo di una telefonata, perché queste sono le regole, affidata ad altri ed a te stessa.
Faccio i conti con il mio mutismo, il mio essere dimidiata, come tutte le donne, tutte le madri, tra il sollievo e la mancanza.
E’ una voce sorda, un silenzio ovattato, un ventre pieno.
Ora che non giri per la casa, mi scontro con quello che so, che ho sempre saputo: tu non mi appartieni, non sei mia, non sei di tuo padre, non sei del mio passato.
E’ mio però il nostro tempo condiviso, da quando tutto è iniziato, da quando mi hanno detto che c’eri, da quando hai occupato il mio respiro, allargato i muscoli prima compatti del mio corpo, cambiato per sempre il mio sguardo. E’ mio questo tempo da quando sono stata espugnata da dentro. Perché l’amore non sempre e non subito è solare e facile.
L’amore si è insidiato come un seme piccolo piccolo nella terra, non il giorno in cui hai iniziato a crescermi dentro, e neanche il giorno in cui ti ho vista per la prima volta e ti ho baciata, perché è così che si fa, e a te non è piaciuto. L’amore è successo dopo, quando eri da un mese la costante presenza nei miei giorni mutati per sempre. Dopo che mi hai stordita e confusa. Dopo che ho dato un nome alla paura. Io ero seduta sul divano di casa con fuori l’inverno, quando all’improvviso, con voce lenta ho detto a tuo padre che mi ero pentita, che non ero pronta.
Lui quel giorno mi ha guardato stupito ed incredulo con due occhi da bambino, ed io ho iniziato a guarire dallo sperdimento, ho iniziato a diventare madre.
Si è aperta una porta ed io sola, l’ ho attraversata con te, sicura tra le mie braccia.
E’ mio questo tempo dentro il quale ti muovi ed io ti guardo e ti accompagno, restando ogni giorno un po’ più in disparte. Guardo il tuo modo vibrante e già femminile di percorrere lo spazio, il tuo sguardo ironico, le tue mani mobili a volte nevrotiche.
Tra pochi giorni ci rivedremo, ragazzina. Ti troverò cambiata, impercettibilmente. Nel diverso movimento della tua testa, in un guizzo nei tuoi occhi, in un altro modo di far scorrere le dita tra i capelli o di sorridere. Ed ancora, davanti a tanto innamorato stupore, rinnoverò come una preghiera arcana quello che so e che ho sempre saputo: tu non mi appartieni, non sei mia, non sei di tuo padre, non sei del mio passato.

Tizianeda

La strada

Variegate attività commerciali presenti sulla via dove abito:
1) Investigatore privato. Si pubblicizza con vistosa insegna luminosa dove è impresso il numero di telefono.Ho il sospetto che il titolare (del tutto sconosciuto) sia un folle sociopatico che da anni usa i suoi sofisticati strumenti di spionaggio per controllare il vicinato, composto da vegliardi settantenni, oltre che dalla famigliola…..credo che l’investigatore sia diventato ancora più sociopatico.
2) Cantina o bettola. L’insegna è bianca, luminosa, le scritte sono di color amaranto. Gli astanti sono gli stessi da almeno trenta anni, e da almeno trenta anni comprano lo stesso prodotto consumato sul posto: vino al bicchiere. Il proprietario cinquantenne e i clienti, stanziano la maggior parte del tempo sul marciapiede antistante al “locale”, circondati da botti di legno, una grossa moto da città ed una sedia sull’uscio, dove è riposto seduto e sonnecchiante il padre novantenne del proprietario. Nelle infinite volte che entro ed esco da casa, loro sono lì, parlano di calcio, guardano le donne passare pur rimanendo immobili e con lo sguardo fisso. Penso siano tutti degli ologrammi. Un giorno di questi li tocco.
3) Negozio di fumetti colorato frequentato da ragazzi e ragazze. Chiacchierano a bassa voce, sono educati, distrattamente ti osservano passare. Penso che con la mia vita caotica ed il mio perenne correre, sembro a loro molto più irreale dei personaggi dei fumetti che leggono. L’insegna è a forma di nuvoletta azzurra.
4) Servizio di pompe funebri. Attività florida aperta da pochi anni tra gli scongiuri generali. L’ufficio/negozio è sito sul livello della strada, chiuso da una vetrata. È possibile, passandoci davanti, vedere all’interno l’esposizione dei prodotti. L’insegna è fissata su un grosso palo piantato sul marciapiede.
………Dimenticavo:
5) “Casa di appuntamento”. L’attività si svolgeva in un appartamento nel palazzo accanto al mio. E’ stata chiusa dopo una retata della polizia. Non c’era nessuna insegna.

Tizianeda

Le scarpe

Odio guidare la macchina. Mi piace camminare a passo svelto con la musica attaccata alle orecchie. Per questo l’altra mattina, per le strade cittadine vagavo in cerca di un paio di scarpe comode, adatte alla mia quotidiana attività motoria. Dovevano essere con poco tacco e confortevoli, come quelle che indossano le signore anzianotte, con i piedi bitorzoluti e consunti.
Mentre mi dedicavo alla noiosa attività di entrare ed uscire dai negozi, ho incontrato A., la mia amica alta ed entusiasta.
“Mi devo comprare un paio di scarpe”
“Ne ho visto adesso un paio bellissimo..sono perfette per te, seguimi!”.
Fiduciosa le sono andata dietro, perchè si sa le amiche, quelle che ti conoscono, quelle con cui chiacchieri, con cui raggiungi le alte vette dell’armonia e gli abissi del disaccordo, quelle a cui pensi se hai bisogno di un consiglio o per trovare consolazione, quando mostrano tanto travolgente entusiasmo , le segui senza discutere.
“Ti ho detto che voglio scarpe comode da passeggio?…però non correre che un passo tuo sono almeno tre dei miei!!”
“Guarda … non sono bellissime!”.
Dovevo immaginare che tanta eccitazione, non poteva essere stata generata da anonime e rassicuranti scarpe adatte a stabili deambulazioni.
“Sono da Drag Queen!”
“Misuratele, se potessi le comprerei per me…ma con questo tacco!”.
Così le ho misurate e le ho comprate, dimenticando dentro gli oscuri meandri della mente, il motivo del mio originario vagare annoiato per i negozi, travolto dall’idea che la mia amica A. mi veda come non sono: una gran figa sopra dei trampoli assurdi!
Poi ho portato i femminili oggetti contundenti a casa, che sono stati scoperti dalla ragazzina decenne.
“Mamma cosa è questa meraviglia!!!”
La mia non più bimba, in preda ad un’ eccitazione irrefrenabile ha indossato le scarpe da Drag Queen, e non le ha più tolte. Sono due giorni che passeggia per casa con loro ai piedi, come fossero confortevoli pantofoline.
Io la guardo, come si vede la bellezza che improvvisa ti si piazza davanti, come si guarda qualcosa in divenire, un cambiamento epocale, guardo la donna ancora nascosta dentro di lei che allontana un millimetro alla volta la bambina, in una lenta ed impercettibile evoluzione, come quella della terra.
A dire il vero, guardo anche le mie scarpe e mi convinco che ho fatto proprio bene a seguire la mia amica A., alta ed entusiasta.

Tizianeda

Davide e Golia

Il piccolo di casa, la sera a letto ama circondarsi di oggetti familiari e rassicuranti. Oltre al sacchettoacchiappaincubi, bisaccia di panno rosso cucita dalle mani pazienti della zia M., che di notte risucchia dalla sua testa i brutti sogni (“però mamma non funziona molto bene perché si prende pure quelli buoni”), ci sono i suoi piccoli pupazzi spelacchiati e consunti: il cagnolino Tuffy ed il procione Procy.
Il primo, il più bisognoso dell’affetto del suo padroncino ha un solo enorme sproporzionato occhio tondo, perché l’altro non c’è più, sostituito da una cavità nera e profonda come un cratere di un vulcano pronto a risvegliarsi (“ Mamma è’ stato il suo amico Procy il procione a cacciarglielo, però non lo ha fatto apposta, quindi Tuffy lo ha perdonato”).
Poi ci sono io, seduta sul bordo del letto che raccolgo le confidenze del piccolo che ignora il sonno, preso dalla serale logorrea compulsiva.
“Mamma Tuffy non vuole solo le coccole. Lui è anche un eroe! Sconfigge i giganti cattivi!”
“Ma come fa così piccino ad uccidere i giganti!”
“Ora ti spiego. Si fa ingoiare e così quasi strozza il gigante. Poi scende giù giù nell’intestino e si muove fortissimo da una parte e dall’altra . Ti faccio vedere…così…… prima che al gigante esce il vomito lui risale veloce veloce e dopo il gigante vomita e muore”.
“Molto furbo questo Tuffy”.
“Mi dimenticavo. Quando è fuori si scrolla tutto. Perché lui è un cane e non si può fare la doccia”.
“E perché si deve scrollare?”
Sgrana gli occhi e parla greve: “Perché mamma il gigante dentro……… è pieno di sangue!!”.
La sua voce trema mentre mi descrive quest’ultima scena decisamente troppo splatter per lui…..Per fortuna c’è il sacchettoacchiappaincubi!

Tizianeda

Storia triste senza lieto fine

Protagonista:
la cesta del bucato.
Coprotagonista:
tu.
Ambientazione:
stanza piccola e angusta arredata con meste mensole piene di inutili oggetti dimenticati e detersivi comprati con le offerte dei supermercati. Ci sono anche la cassetta degli attrezzi e la lavatrice.
Sceneggiatura:
la protagonista e tu vi guardate. Tu sospiri mugolando. Vorresti cospargere tutto di benzina, accendere un cerino, buttarlo sopra quella cosa informe, chiudere la porta della stanza piccola ed angusta ed allontanarti al rallentatore, spietata e fighissima, mentre alle tue spalle si innalza una massa di fuoco. Ma non lo fai.
La protagonista è un’ informe bitorzoluta montagna, immobile e affatto profumata, come roba accatastata in una discarica. Ti sei distratta e lei è di nuovo piena. La coprotagonista crede che la cesta del bucato viva di vita propria. Ha ragione. La protagonista è uno spirito maligno che agisce non visto per sfibrare i nervi della coprotagonista. Una notte mentre la famiglia è immersa nel sonno, la cesta del bucato infila una stronzettina calza rossa nella lavatrice piena di mutande e magliette bianche del marito della coprotagonista, che diventano tutte di un bel rosa brillante.
Epilogo:
“Bellissimo colore il rosa!” Esclami tu, mentre il maschio adulto di casa osservava incredulo i suoi nuovi capi di intimo.
Fine della storia triste senza lieto fine.

Tizianeda

Tiziano Ferro

Tiziano Ferro canta in televisione.
“Mi piace quest’uomo. Pensa a quanti ragazzi avrà dato coraggio facendo coming out” dico allo sposo.
“Che vuol dire ?” mi chiede il seienne.
“E’ quando una persona rivela pubblicamente chi è.Tiziano Ferro ha detto di essere omosessuale”.
“Che vuol dire eprosessuale?”
“Non eprosessuale, omosessuale”
Lo sposo ed io spieghiamo al piccolo di casa, così come si spiega perché il sole sorge ad est e tramonta ad ovest, così come si spiegano la luna e le stelle. Come si spiega perché i fiori sbocciano in primavera e le rondini migrano d’inverno. Glielo spieghiamo così come si racconta l’ordine naturale delle cose nell’universo.
“Come mamma si è innamorata di papà e papà di mamma, una donna può innamorarsi di un’altra donna ed un uomo di un altro uomo, e se ne hanno voglia vivono insieme”.
“Ho capito è come avere due papà o due mamme”.
“Già, è come avere due papà o due mamme”.

Tizianeda