“Per i miei cinquanta anni (sig! snif!) non voglio festeggiare, voglio partire per un posto lontano… ”.
Le cinque decine anagrafiche che hanno raggiunto, battendolo sul tempo, il contrariato uomo adulto di casa, sono diventate per la famigliola, il felice pretesto per varcare compatta, i confini nazionali.
Alle nove del mattino di una sonnecchiosa giornata primaverile lo sposo errante e la ragazzina decenne sono già vestiti e con le valige in mano…… anche se l’aereo per Londra partirà tra sette ore.
Il piccolo invece, vagola semi-nudo con l’aria altrove dentro la sua misteriosa dimensione spazio-temporale.
In aeroporto ci incontriamo con mio fratello, sua moglie, il prodotto treenne divertente e folle della loro unione e una coppia di amici anche loro muniti di minori, che insieme, in preda ad un miscuglio delirante di noia ed eccitazione, rivelano ai presenti i gravi deficit pedagogici di noi genitori. Solo il piccolo di casa, si dissocia da questo tripudio. Dopo aver scoperto il tabellone degli orari di imbarco, folgorato da tanta profusione di numeri, si piazza lì davanti con aria assorta e beata.
Come un’incosciente armata Brancaleone piena di chiassosi elementi semi-irrazionali e potenzialmente pericolosi, ci imbarchiamo verso una civile, silenziosa educata metropoli, numericamente assimilabili ad una rappresentanza italiana all’estero.
Mi sale una crescente ansia da prestazione nazionalista, alimentata dal ricordo dell’Inghilterra e della sua capitale, che risale a 25 anni prima, quando appena quindicenne ho trascorso lì una vacanza studio.
Prima di toccare il suolo londinese mi spertico in raccomandazioni: 1) non gridate 2) non attraversate la strada se la luce del semaforo è rossa, anche se non si vede nessun mezzo nell’aria di un chilometro. Pena il pubblico ludibrio, il disprezzo collettivo, o peggio sonoro cazziatone di un policeman tra gli sguardi stizziti dei civili 3) se vedete tante persone pazienti e composte disposte una dietro all’altra, quella cosa lì si chiama fila: le file stanno agli inglesi come il rosario serale alla nonna Mara 4) Sulle scale mobili disponetevi sulla destra.
Soltanto nell’abbigliamento mi sono concessa l’assoluta anarchia, forte delle mie reminiscenze adolescenziali sullo stile anglosassone. Travolta da gaudente disinvoltura estetica ho accostato capi blu con capi neri, il marrone con il rosso. Ho messo in valigia calzettoni multicolori, cappello color melanzana ed informi copri pioggia.
Arrivati a Londra però, ho capito che in un quarto di secolo, lì la gente è decisamente cambiata……(to be continued)
P.S.: Mi sono chiesta, in questi giorni cupi di “invasioni barbariche”, che hanno stravolto la vita di chi le ha subite ed intorbidito gli umori dei giusti, se questi post spensierati risuonassero stonati.
Poi ho pensato che una risata lieve e non sguaiata è solo un modo per continuare ad amare la vita..nonostante tutto. Non me ne vogliate…..
Tizianeda
Il piccolo di casa, neofita alunno delle elementari, in un bel giorno radioso:
“Mamma sai qual è la mia materia preferita ?”.
“ Non so…. religione, motoria?”
“No mamma, la Ma-te-ma-ti-ca”.
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Stupore e sconcerto: la felicità ha bussato alla mia porta.
Avete presente il film Forrest Gump, quando lui, Forrest vede per la prima volta il figlio di cui disconosceva l’esistenza e chiede alla madre se quel bambino è intelligente? Io capisco come si è sentito quell’uomo dopo la risposta affermativa della donna!
Perché la matematica ha indelebilmente segnato il mio percorso scolastico e minato le mie sicurezze intellettive.
Io e lei due mondi paralleli in disarmonia, lei portatrice insana di un linguaggio ostile, entità astratta ed informe.
Il tutto aggravato da una serie di zii in famiglia amanti della materia, una sorella maggiore da 10 e lode ed un professore delle medie che mi giudicava un caso disperato ed irrecuperabile, espressione vivente del suo fallimento di docente.
Con l’età adulta, diventata mamma correttrice di compiti di una bambina della scuola primaria, ho in parte riscattato il severo giudizio sulle mie doti matematiche, grazie alla comprensione di concetti prima del tutto oscuri.
Con sorpresa mi sono vista capace nel risolvere problemi ritenuti nella pubertà enigmi insuperabili, ho capito le frazioni e le espressioni.
Ma ora che il quinquennio scolastico si avvia al termine, dinanzi alle nuove e più complesse richieste di spiegazioni di mia figlia ed alla mia rinnovata incapacità, sono giunta alla serena conclusione che cerebralmente sono come un bambino di quinta elementare, però fermo al primo quadrimestre e più precisamente alla prima metà del primo quadrimestre.
Non volendomi più soffermare sui miei limiti cognitivi, né bisticciare con i meandri oscuri della mia mente, dinanzi ai quesiti matematici, compongo l’unica sequenza numerica che può giungermi in soccorso: quella dell’utenza telefonica di mia sorella, la consanguinea da 10 e lode per intenderci.
Tizianeda
“Mamma vieni anche tu?”.
L’incipit di questa storia è una domanda, fatta da una ragazzina decenne.
La mamma, ha detto si, senza pensarci, perché sa bene che i “vieni” di oggi, presto diventeranno “vai”; sa che il desiderio di presenza si trasformerà malinconicamente in desiderio di distanza.
Così, nel mese di maggio, questa mamma, è partita per tre giorni, verso la Sicilia, con sua figlia, il direttore della Scuola primaria frequentata dalla ragazzina, la moglie del direttore, due maestre, sei mamme , un papà e 40 decenni invasati, nella pienezza delle sue facoltà mentali, consapevole che la gita di fine anno di una quinta elementare sta agli adulti come le montagne russe ad un cardiopatico.
Ma non si è affatto pentita:
perché lì c’era sua figlia e le bastava
perché è stata in un’ isola gialla e azzurra immersa in una allucinogena luce calda
perché è stata adottata da un gruppo di bambine che la chiamavano per nome, che le prendevano la mano, che cercavano abbracci e un po’ di consolazione per la prima vera lontananza da casa, che le chiedevano il permesso anche per andare a fare pipì
perché c’era la mamma “rappresentante di classe”, che è una voce calma, una presenza attenta, una risata che ti avvolge
perché ha impiegato cinque anni per capire che la madre di un compagno di sua figlia è una donna ironica ed intelligente con cui è piacevole scherzare
perché le bambine ogni sera per l’ora di cena indossavano vestiti puliti e graziosi per poi sedersi lievi attorno alla tavola
perché c’erano due piccoli innamorati nell’età volubile in cui l’amore è un silenzio innocente, bello da guardare
perché ha chiacchierato chiacchierato chiacchierato e riso tanto, dentro ad un tempo miracolosamente rallentato
Perché per fortuna, alla fine, si ritorna a casa da quelli che hai lasciato a cavarsela da soli.
Tizianeda
Ironica ed empatica, parlava in un programma televisivo del suo lavoro in giro per il mondo e dei suoi scritti in difesa dei diritti delle donne. Di lei mi sono innamorata e per questo ho cercato i suoi libri. Niente di più facile… me ne rimaneva tuttavia uno, lasciato per ultimo……
Ora vado in libreria e lo chiedo a uno dei giovani commessi gentili e sorridenti.
“Signora la posso aiutare?”
“Ehm ! no grazie, voglio dare solo uno sguardo!”
Vigliacca che sono, la parola mi si blocca nell’esofago e non riesco a pronunciarla. Un animo bacchettone dentro una sedicente progressista e disinibita. Mi spaccio per svedese ma sono una donna delle caverne.
Mi improvviso allora stratega. “Tesoro ti lascio l’elenco dei libri che devi cercare quando vai a Roma. Qui purtroppo non si trovano”.
L’ho inserito tra “L’idea di giustizia” di Amartya Sen e l’ultimo premio Pulizer. Consegno il foglietto sgualcito all’uomo adulto di casa.
Peccato però che non riesca a trovarlo da nessuna parte. Lui almeno, così mi dice!
Indomita, allora decido di chiederlo alla signora dell’edicola che mi conosce da almeno tre decenni.
Aspetto il momento propizio, quando lei è sola senza il marito. Perché tra donne certe parole risuonano familiari.
“Avete per caso I monologhi della bzibzi?”
“Come?”
Sudo ma continuo.
“ I MONOLOGHI DELLA vagina ?”
“Non ho sentito”.
“ I MONOLOGHI DELLA VAGINA!!!!!”.
“Non lo abbiamo ma ve lo sto ordinando via internet”.
Chi ha parlato?
Spunta da dietro una catasta di libri e riviste il marito dell’edicolante, che per tutto quel tempo è stato lì nascosto.
Dovrei rispondere grazie ha fatto bene e invece, come un coniuge falsamente devoto scoperto a frugare tra riviste equivoche, mi spertico in giustificazioni : “Non è un libro porno anche se dal titolo…. insomma, cioè è un libro scritto da un’attivista per i diritti delle donne!”.
“Certo certo. Quando consegnano il libro se vuole lo do a sua madre che tanto viene qui ogni giorno”.
Mi si apre una voragine sotto i piedi!
“NO!!!! A mia madre meglio di no! Faccia una cosa, quando passa mio marito, lo dia a lui!”.
Fuggo da quel posto, mentre penso all’uomo adulto di casa, al signore dell’edicola ed al loro prossimo incontro … e finalmente sorrido.
Tizianeda
“Ciao, allora ci vediamo? Sono in giro con la macchina. Dimmi tu dove.”
“Non so… Piazza Castello va bene? Davanti all’edicola?”
“Ok. Tra dieci minuti sarò lì”.
Porca miseria dieci minuti. Devo prepararmi. Come mi vesto? Non ci siamo mai visti.
Non troppo elegante altrimenti appaio come una fighetta senza cervello. Con le scarpe da tennis!… E se poi non mi fila nella mia sciatteria? La gonna o i pantaloni? Il tacco un po’ più alto o quello un po’ più basso? Il cappotto o il piumino? E se non mi convince? E se è un mezzo matto? E se sto sbagliando? E se mi sto incaponendo con qualcosa di cui non sono all’altezza? Mi vesto accidenti. Gonna nera, scarpe nere, calze nere, piumino nero. Mi metto il foulard colorato che è meglio.
“Ciao a tutti. Io vado!”.
Non vi disturbate a rispondermi!!!!
Cammino veloce. Sono quasi arrivata. Eccolo, lo intravedo davanti all’edicola…. Oh Madonna! E’ un ventenne tamarro. Ha uno sguardo assente che naviga tra due sopracciglia sottilissime. Si gratta vistosamente come un gorilla annoiato. Ora scappo, lo chiamo al cellulare e mi invento una scusa.
“Ciao, sei tu ?”.
Una voce calma fluttua da dietro.
Mi giro, voltando le spalle al primate pulcioso. Non era lui l’Uomo X, il Contatto, ma quest’altro. Sorridente e alto, dall’età indefinita in bilico tra i quattordici ed i sessant’anni. E’ vestito come un dandy moderno, una sciarpa indiana colorata intorno al collo, gli occhiali da sole cerchiati di giallo. Che educatamente si toglie subito. Perché quando non ci si conosce, bisogna guardarsi negli occhi per potersi scrutare un po’ prima di parlarsi. Ci stringiamo la mano, facendo a gara a chi lo fa di più, come due uomini duri. Ci sediamo su una panchina. Dispiego il foglietto con sopra i miei appunti disordinati, per riempirlo di domande. Comincio incerta …….e ……..……..
Questa storia, non è stata vissuta da un’ adolescente sprovveduta e sconsiderata al suo primo appuntamento con uno sconosciuto, ma da una quarantenne nevrotica e dissociata, al suo primo incontro con l’Uomo del Blog,con il creativo supercinetico che ha arredato questa stanza virtuale, consigliato dalla vicina di casa artista e folle. Il tutto si è concluso qualche tempo dopo, in un pomeriggio tiepido, quando nella sua casamuseostudio , nel suo onirico paese delle meraviglie dai soffitti alti, ancora odoroso di vite antiche, gli ho consegnato gli ultimi disegni della ragazzina decenne e del piccoletto di sei anni per completare l’arredo.
E i due minori quel giorno erano lì con me.
Mentre lei, la non più bambina, si aggirava per la casa stupita e con la voglia in corpo di toccare tutto, lui, il seienne strambo, è stato assalito dalla solita indifferenza logorroica, attratto dall’unico oggetto non artistico della casa: un telecomando.
I due tipi poco raccomandabili, sono riusciti ad estorcere succhi di frutta e gelati all’Uomo del Blog, che serafico li ha lasciati scorazzare liberi nella sua casa, affatto consapevole di quanto possano essere pericolosi per la tappezzeria due minori con un gelato in mano.
Quanto a me sarei voluta sprofondare nel più nascosto degli abissi immaginandomi scenari pediatrico-apocalittici…Ma per fortuna quel giorno la sorte mi ha miracolosamente graziato.
Tizianeda