Nov
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Mia madre ha una comitiva. Si incontrano il pomeriggio in piazza. Così ora non va soltanto in parrocchia. Alterna. Un po’ in parrocchia e un po’ in piazza. Nella comitiva hanno tutti e tutte superato gli ottant’anni. Molti per camminare usano il bastone, qualcuno a volte viene accompagnato da una badante o da un figlio o una figlia. Il più grande ha novantasette anni ed è un medico a cui mia madre chiede consulenze sui dolori del corpo e lui risponde sempre con pazienza. Nella comitiva ci sono anche due fidanzati. Lui sembra molto più vecchio, tutto curvo com’è, lei più forte, come chi ha sempre sorretto e curato. Si tengono per mano, le dita intrecciate, a volte si scambiano baci sulle guance e quando si sorridono guardandosi, viene a entrambi una luce dentro gli occhi, come quando si è giovani e innamorati e non si pensa al tempo che passerà veloce prendendosi le cose e le persone. Mia madre in piazza va con l’amica che ha gli occhi azzurri, un corpo snello e nervoso, una voce forte che senti da lontano. La sua amica anche se ha avuto tanti dolori, a vederla ti fa credere che la vita porti in grembo un certo mistero luminoso. Mia madre, invece, è piccola e accartocciata, ha novantuno anni, il passo svelto e da quando frequenta la piazza sembra più contenta. Insieme parlano dei figli, dei coniugi morti, forse di Dio, chissà.
Penso spesso alla comitiva di mia madre e mi appaiono le immagini di questi uomini e donne che non hanno smarrito il desiderio dell’incontro, di raccontarsi, di tenersi per mano, di darsi baci con stupore e gratitudine. Penso al nucleo di bellezza e ostinazione, ancora di più in queste moltitudini di ore in cui la morte si annuncia a più latitudini, con squilli striduli che spaccano il cuore. È strano che siano dei vecchi a parlarmi di futuro, creando cerchi di luce tremula dentro la notte. È strano. O forse non lo è.
Tizianeda