Luci

La città è chiara di luci nelle strade principali e nelle piazze. Da dietro le finestre si vedono le intermittenze luminose degli addobbi. Non mi ero accorta che il Natale stesse arrivando, mi sono distratta. A casa non montiamo più l’albero, da quando gatta Tàlia mangiandosi pezzi sintetici ci ha fatto prendere uno schianto al cuore. Ora avvolgiamo fili di luci attorno alle cose. Li piazziamo in alto, per evitare gatte folgorate o con in pancia addobbi luminosi. Non mi dispiace che ci siano loro al posto dell’albero sintetico da smontare con noia dopo l’epifania. Non mi dispiace che i figli siano cresciuti e che siano loro la mia natività rinnovata nella fatica dei giorni e ringrazio, anche se non so bene chi o cosa se non una sorte clemente, che siano dentro giorni sicuri e non esposti all’orrore, che vivano dentro una città chiara di luci a richiamare stupore e dietro le finestre osservino intermittenze luminose e innocue.
Non so cosa sia accaduto questo Natale, quale dimenticanza del racconto di un bambino povero e in fuga dall’odio. Un profugo, protetto dal coraggio e dalla disperazione di due fuggitivi. O forse non c’è mai stata nessuna dimenticanza, perché questa storia è qui e ora ed è da sempre.
La città è chiara di luci nelle strade principali e nelle piazze. Da dietro le finestre si vedono le intermittenze luminose dei missili. I bambini non nascono, i bambini sono uccisi dalle bombe. C’è da aver voglia di pregare davanti alla distruzione della speranza. Ma a quale dio rivolgersi?
Penso a questo, mentre preparo la cena per la vigilia. Verranno i miei fratelli con le famiglie. Sono felice quando stiamo insieme, mi hanno protetto dalle mie bombe interiori quando ero ragazza. Anche i miei figli sono così tra di loro. Si guardano a vicenda. Posso riposarmi ora. Accendo le luci messe in alto per proteggere le gatte. Dietro le finestre delle altre case ci sono intermittenze luminose. Non fanno rumore, sono una moltitudine, sembrano una preghiera.

Tizianeda

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