Al lunedì chiedo di essere clemente, e se è possibile, ma solo se è possibile, un po’ meno lunedì. Chiedo di farsi amare, ricoprendoci di colori e gentilezza: l’arancione del sorriso di chi ci piace, l’azzurro del mare, il viola delle montagne, il blu di uno sguardo, il bianco del vulcano sospeso tra l’acqua e le nuvole, il fucsia di una risata che ti scoppia in un orecchio e viene da ridere anche a te.
Al martedì di essere meno anonimo e un po’ più sorprendente. Di stupirci con un guizzo di follia, con una carezza inaspettata, un bacio sulla guancia, un grazie, un prego e un per favore.
Al mercoledì, di non essere spigoloso e arcigno. Chiedo una giornata morbida, come i piedi grassocci di un bambino, come l’abbraccio di un’amica, una frase che trovi in un libro, e dici: “questa è mia!”. Come lo scialle della nonna Bianca, come i calzettoni di lana che ci cammini a casa e non fai rumore, come un biscotto al cioccolato, come il bacio della buonanotte.
Al giovedì chiedo una promessa mantenuta, un sorriso in più e non uno in meno, un “facciamo a chi arriva prima” con tuo figlio, una telefonata di chi volete voi che vi riempia il cuore di battiti. Chiedo di farci lavorare meno e divertire un po’ di più o di farci divertire lavorando. E un momento, uno qualsiasi, anche banale o stupido, per poter dire :”La vita è bella”.
Al venerdì di arrivare presto, di essere lento, di farci sentire salvi. Chiedo una birra con le amiche e chiacchiere femmine. Chiedo mani che stringono mani, gesti protesi, un film che ti fa piangere a singhiozzi ma poi ti senti bene. Di farci addormentare la sera con un libro che ci piace così tanto, che di lui vorresti parlarne con chiunque, come quando sei innamorato di qualcuno.
E poi arrivano il sabato e la domenica e va bene così. A loro non chiedo niente.
Un saluto allegro e buon inizio settimana.
Tizianeda
“Mamma, che fa papà da un’ora?”
“Niente…scannerizza i suoi avi”
“Sono morti?”
“Direi di sì, tutti, da un pezzo. Deve inserire le foto in quel programma con cui sta disegnando l’albero genealogico della sua famiglia. Ci siamo pure noi con le nostre fotografie”…
Lo Sposo Errante ha trascorso parte delle sue vacanze natalizie, per immettere nel programma informatico – che segue e cura da anni con la ostinazione di uno scienziato e la pervicacia di un folle – i dati anagrafici dei suoi avi con annesse immagini. Per ricostruire con precisione maniacale gli intricati intrecci genealogici, ha perseguitato sua madre santa Gina, qualche zia, i suoi cugini, i cugini dei cugini ed i cugini dei cugini dei cugini, che ormai quando lo vedono cambiano strada, si nascondono, fingono malori o amnesie improvvise. Ha fatto vedere a Tizianeda tutte le fotografie prestate dai generosi parenti, forse per sfinimento, piene di quei volti antichi che ci hanno consegnato la tenerezza di un mondo che non esiste più. E poi, insomma tutte queste immagini sono state trasferite nella rete che racconta gli incontri tra famiglie e gli effetti riproduttivi che ne sono scaturiti.
Tizianeda si chiede, se mai lo Sposo Errante finirà di riempire gli spazi vuoti del suo passato familiare, a quale altra attività deciderà di dedicarsi. Ovviamente con la ostinazione di uno scienziato e la pervicacia di un folle.
Tizianeda
“Ciao Tizianeda, oggi pomeriggio siamo in negozio. Festeggiamo l’Epifania. Vuoi venire anche tu? Non sei una motociclista ma…”
“Ok…ma mi devo vestire di pelle nera e tutta borchiata?”
“Siiii! Ora voglio vedere che ti metti…”.
Lunedì pomeriggio, Tizianeda è stata invitata dalla sua amica M., l’amica che l’abbraccia con gli occhi, nel suo negozio pieno di moto grandi e lucide, aperto nell’ultimo giorno di festa, ad un raduno di motociclisti.
Tizianeda, ha detto subito sì, e avrebbe voluto vestirsi da dura con un look degno del più sgamato centauro. Poi, ha dovuto trovare il giusto compromesso con la sua natura di bacchettona timida e con l’armadio carente di pelle e borchie. Così ha indossato una camicetta a pois e si è fatta scortare dai due tipi più duri che conosce: l’ottenne e la undicenne.
Lì si è aggirata, come un elemento dissonante in mezzo a giubbotti portati in trionfo da decine di stemmi cuciti sopra, fazzolettoni al collo, fazzolettoni in testa, fazzolettoni sia in testa che intorno al collo, frange lungo le maniche, frange nei sellini della moto, frange sui manubri, scarponi resistenti a temperature da glaciazione o a climi torridi e tropicali, ai monsoni indiani ed alla siccità africana. Si è aggirata tra barbe, baffi, facce ispide, mani in tasca, risate grasse e cavernose, bicchieri di vino, e la familiarità di chi condivide la stessa passione. Si è aggirata scattando decine di foto, ed osservando tutto quel concentrato di testosterone in tenuta “Easy Rider” subendone l’innata fascinazione, non senza timore di improvvise inaspettate reazioni davanti a tanta invadenza – “Amica M., sei sicura che i signori motociclisti non si infastidiscano…mi sembra che mi guardano torvo…fanno un po’ paura…”, “Ma no Tizianeda, tranquilla, fai tutte le foto che vuoi”, “Se lo dici tu che li conosci…”
E così Tizianeda ha osservato e fotografato i signori motociclisti senza essere malmenata o mandata a quel paese. Li ha fotografati con quei loro vestiti da uomini duri, che forse hanno lo stesso effetto dei guanti in lattice bianchi dell’ottenne, che quando li indossa viene teletrasportato in un’altra dimensione.
E così anche loro, i signori motociclisti, con i loro giubbotti indistruttibili, le mani sul manubrio che li fa vibrare, i piedi sulle pedane e quel rumore continuo che sembra provenire dalla pancia di un drago, smettono di essere quello che sono per gli altri, e diventano centauri fighissimi che corrono liberi per le strade della California. E anche le rotondità addominali, i capelli bianchi e i dolori alle articolazioni non più giovani, miracolosamente scompaiono.
Tizianeda
Da 11 giorni i loro ritmi sono cambiati, inevitabilmente. Da 11 giorni hanno preso possesso delle stanze, lasciando ovunque tracce caotiche del loro passaggio, seguite da echi ricolmi di minacce. Da 11 giorni non appena i due adulti di casa abbassano la guardia, la sera assediano il lettone e si addormentano, per non essere costretti alla sistemazione nei propri siti notturni. L’insubordinazione costringe i grandi che li hanno generati ad una diaspora notturna: “E ora che facciamo” “E chi li sposta?” “Ho capito… devo andare a dormire solo nella loro stanza?” “Temo di sì…”. Da 11 giorni dipendesse da loro diventerebbero un tutt’uno uniforme con il pigiama – che li riveste come una seconda pelle- il divano e i plaid, dai quali si distaccano soltanto a seguito di ripetute incitazioni scarsamente amichevoli degli adulti. Da 11 giorni gli orari e la disciplina che li contiene hanno perso la loro compattezza, diventando entità astratte. Da 11 giorni anche tra gli adulti di casa, vista la presenza continua della genia, si è instaurato un rapporto di mera fratellanza, in un clima di Tuttinsiemeappassionatamente. Tizianeda comincerà a cucire ai minori i vestiti con le tende, tutti danzeranno allegre coreografie austro-ungariche e intoneranno sorridenti, inni patriottici, anche se forse al posto di “Edelweiss” canteranno “Calabrisella Mia”.
In questi 11 giorni, i quattro della famigliola hanno anche riso tanto e guardato la sera qualche film, come quello su un naufragio di una tigre ed un ragazzo indiano, in un mare visionario che sembrava popolato dai sogni, o un film su un bambino spuntato dalla terra come un ravanello, che al posto dei peli sulle gambe aveva foglie. In questi 11 giorni sono venuti spesso a trovarli i cuginetti, chè nel sud suddissimo affollamento e famiglia sono sinonimi.
Ancora 5 giorni, e la riapertura della scuola, che si attende come l’esercito della salvezza, restituirà la normalità alla famigliola.
P.s: solo per dirvi che ogni tanto Tizianeda, con il suo nome ufficiale scrive su un giornale on line. Se vi va di sorbirvi i suoi serissimi buoni propositi per l’anno che verrà cliccate su http://www.zoomsud.it/index.php/cultura/61930-2014-i-miei-propositi-per-non-vergognarmi-faro-come-ulisse.html . Un saluto allegro.
Tizianeda