Mar
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Ci siamo guardate. Occhi dentro occhi. E’ stato un attimo. Io tornavo dai colloqui scolastici. Mia figlia ha quattordici anni, sai, primo Liceo Classico. Avevo fretta. Lei ha la febbre alta, è nel mio letto tra piumone e cuscini, avvolta come in un ventre materno. E’ così. I figli quando stanno male invocano sempre un luogo sicuro che li sappia confortare, ricercano quella condizione primordiale che li ha preparati dolcemente alla vita. Facciamo un po’ tutti in questo modo, perché siamo tutti figli. Mi dice: mamma stai qui con me e poi mi chiede abbracci. E’ una sensazione strana. Proteggo un corpo caldo che ormai è più grande di me e mi avvolge e io scompaio. Per questo avevo fretta di tornare a casa.
Ieri tra noi, è stato un attimo che ci siamo guardate. Tu eri insieme ad altri ragazzi e ragazze della tua età. Forse neanche maggiorenni. Ma eri diversa da tutti gli altri, avevi una distanza irraggiungibile, tracciata da una bambina dentro un passeggino che trattenevi. Ti diceva “mamma” quella bambina, forse l’unica parola che sapeva pronunciare. Te lo ripeteva con il sadismo inconsapevole e felice dell’innocenza, che ti ricordava cosa eri diventata: una madre bambina. E ho sentito passandoti accanto il tuo sperdimento e la rabbia e la paura. E oscillavi tra il bisogno di mantenere una distanza per proteggerti e di lasciarti andare a quelle strane, contraddittorie, calde sensazioni che noi donne madri sappiamo. Perché è vero, l’amore ti fotte, come è stato scritto da un anonimo pensatore su un muro. Quello per i figli di più. Bisogna avere le spalle larghe per accoglierlo, per non spaventarsi, bisogna avere la leggerezza della maturità, il buon senso di chi ha una certa visione della vita, di chi ha imparato ad accettarsi. O forse niente di tutto questo, chissà, forse formule valide per tutte non ce ne sono. Io, “ti amo” non l’ho mai detto a nessuno. Due parole troppo grandi, impegnative e ho paura che possano imbrigliare specie chi le riceve. Non l’ho mai detto ai miei figli. Credo che non si debba dire. Eppure se penso alla parola “amore” spesso così distorta dalla retorica comune, è ai miei due ragazzi che penso. Io non so cosa succederà tra te e la tua bambina, quale storia si traccerà per voi. Io spero che si tracci dentro di te questa parola qui, questo suono che a tratti il mondo fuori libera dentro di noi. Io te lo auguro mamma bambina, ti auguro di non avere paura delle parole “ti amo”, da pronunciare in silenzio come un rosario, da pronunciarti come un abbraccio. E chissà, forse già sta succedendo e ancora non lo sai.