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Hanno suonato e cantato al Cartoline Club per quasi due ore, mentre noi presenti ascoltavamo ammaliati per la bravura e i virtuosismi. Sono carini, garbati, sembrano due ragazzi anche se non lo sono, forse per il sorriso, la magrezza e i tanti capelli, hanno bevuto tutta la sera solo acqua, vengono dall’America, da un posto situato in culonia tipo la Calabria, dove i laghi si ghiacciano, ci si diverte pescando, si guarda in tv il football, si beve tanta birra, si mangia poco e leggero e nei giorni scorsi hanno subito gli effetti, destabilizzanti per stomaci poco avvezzi, dei nostri cibi. Però sono sopravvissuti e l’olio di oliva extra vergine, che qui abbonda in cielo in terra e ogni dove, non ha compromesso la loro performance. Dopo il concerto e il discorso divertente e caloroso del musicista calabro tirrenico Vincenzo, che li avevi proposti al Cartoline, si sono educatamente seduti in un tavolino senza disturbare. Poi la più coraggiosa della nostra tavolata e l’unica che parlava inglese senza dover incorrere a mirabolanti acrobazie linguistico-creative, si è avvicinata ai musicisti e li ha invitati a unirsi a quel microcosmo curioso dell’Italia del sud. E così ci siamo ritrovati a chiacchierare tutte e tutti miracolosamente in americano o in qualcosa di simile, per quel meccanismo alchemico creato dall’atmosfera del luogo e da una certa attitudine all’umano. E dopo esserci preoccupati che si sfamassero a sufficienza, perché non si nasce in Calabria per caso, abbiamo scoperto con chi interagivano con i loro cellulari, dopo il concerto. Perché Hayward e Brooks, avevano un motivo antico e molto rock di nostalgia, i figli, tre il primo (benedica), due il secondo, che non vedono da più di dieci giorni. E il consesso potenzialmente alcolico, si è trasformato in una riunione di genitori. Mentre loro mostravano a noi le foto dei loro bambini conservate nei cellulari, noi , per l’impulso irrazionale dell’appartenenza e della comunanza, cercavamo quelle dei nostri figli ormai grandi. Dai figli siamo passati ai cani e ai gatti,ché dopo l’ostensione delle prole, si era creata una certa confidenza. E poi si è parlato di altro, essendo saggio porre un limite anche al romanticismo. E così la serata è trascorsa, veloce, leggera, dentro un luogo accogliente, dimentichi per un po’ del mondo fuori, con la musica che girava intorno e dentro di noi, accorciando le distanze tra micro-cosmi apparentemente lontanissimi, e nonostante le differenti latitudini, concordi nel
sentirci inconsapevolmente accomunati dalla ricerca di senso e bellezza e di istanti di tregua.
La foto è di Marco Costantino.
Tizianeda