La musica che gira intorno

Doveva camminare, andare in giro per uffici, salire e scendere scale, entrare in stanze piene zeppe di carte che circondano le persone che lì dentro ci lavorano. Ha indossato le scarpe con il tacco che quasi non si vede, e la trasformano nell’Hobbit più Hobbit del mondo. Non si è truccata, ha indossato una gonna ben sopra le ginocchia, un giubbotto verde e gli orecchini dello stesso colore che si muovono oscillando con lei e che le piacciono tanto. E’ entrata nel primo ufficio, dove c’è un signore sorridente. Prima di lui ce ne era un altro che invece non sorrideva mai ed era sempre torvo. A Tizianeda piaceva, perché borbottava come un vecchio scontroso, ma poi le cose che gli chiedeva le faceva uguale. Tizianeda sorrideva a lui, lui mormorava qualcosa e poi faceva. Tizianeda non si scomponeva, perché pensa che i tizi così hanno un punto tenero da qualche parte sotto strati e strati di murmuriamenti vari. Con il tipo che c’è adesso invece si chiacchiera, è gentile, fa qualche complimento garbato e tutto questo anche piace a Tizianeda. Ognuno è come è, del resto. Poi ha fatto gli auguri di Buona Pasqua a tutti i cancellieri che ha incontrato ed è uscita dalle stanze e dal palazzo, con le sue scarpe con il tacco basso basso, che le fanno sentire la terra sotto i piedi. Doveva arrivare in un altro ufficio e c’era da camminare un po’. Così ha attraversato le strade della sua città, che le sembra così malinconica e vulnerabile come le cose dimenticate. E’ arrivata sulla via che accompagna il mare e c’era il sole e il vento che quando tocca le cose e i corpi diventa qualcos’altro, come una musica che gira intorno. E c’erano qua e là gruppi di persone che guardavano il mare e c’era lei che guardava loro e pensava un po’ a questo e un po’ a quell’altro e a chi vuole bene e agli intrecci della vita e alle complicanze e alla paura di sbagliare, di fare troppo o di fare troppo poco, alle parole esatte da trovare, agli affetti che si fermano, all’abbraccio che le ha chiesto una sua amica nell’ora del primo caffè e a come bisogna sapersi cercare in certi momenti anche solo per guardare vicini e in silenzio questo mare che a volte placa e a volte ci confonde.

piedi sul lastrone

Tizianeda

La contentezza ha migliaia di rughe

“Signorina, mi scusi … una parola … volevo dirle che lei mi fa veramente molta simpatia. E’ da un po’ che volevo fermarla da quando la vedo  la mattina”
“Ma veramente! Grazie anche lei mi fa molta simpatia e mi piace passare e vedere quello che fa”
“Qualsiasi cosa abbia bisogno … conti su di me”
“Certo grazie mille, è stato un piacere parlare con lei. Ora proseguo, tanto ci vediamo presto…”.
Questo diceva un signore a Tizianeda mentre le teneva strette le mani e le poggiava il suo sorriso paziente sugli occhi, regalandole un buon umore che lei si porterà come risorsa per tutta la settimana.
Tizianeda, la mattina quando cammina sulla strada che accompagna il mare (in quei quaranta minuti che si concede prima di farsi inghiottire dalla quotidianità), a un certo punto arriva sulla battigia. Scende attraverso scalini rotti. Sceglie sempre li stessi scalini, perché appena iniziata la spiaggia, alla sua destra vede un vecchio pescatore con la sua barca, le reti colorate che tiene spesso tra le dita, delle sedie bianche e un tavolino su cui appoggia il pesce fresco. E’ lì la mattina, con la sua presenza rassicurante, il suo sorriso, le mani gonfie d’acqua e i movimenti calmi. A Tizianeda piace guardarlo in quegli attimi che gli passa accanto e salutarlo come si fa con le persone che conosci da un po’: “buongiorno!” sorriso “buongiorno!” sorriso ricambiato. Tutto qui. Lei pensa che questi attimi di gentilezza con il vecchio pescatore, siano placidi e riposanti, come ciò che la circonda quando si trova a passeggiare sola. E pensa che ci sono mattini davanti al mare, segnati dalla grazia più degli altri, come questo di oggi. E a Tizianeda le è venuto un sorriso che si sentiva la faccia segnata dalle rughe, ma proprio a migliaia. E di quei segni profondi, non si è preoccupata granché.

Tizianeda

Se una sera tanti uomini in un pub

“Ma cos’è questa confusione?”
“E’ pieno! Sono quasi tutti uomini. Cosa guardano nel maxi schermo? Santo cielo a tutto volume!”
“Ragazze andiamocene da un’altra parte, qui c’è troppo casino”
“Ma no, ci sediamo al bancone e poi dappertutto sarà come qui”
“Sì rimaniamo. E’ divertente. Possiamo fare un interessante studio antropologico”
“Guarda come sono carini, tutti attenti a guardare la partita”
“Anime semplici”
“Vabbè a me scappa la pipì, come faccio a passare in mezzo a tutti”
“Tranquilla vai, non ti noterebbero anche se passassi in mezzo a loro tutta nuda”
“Infatti, non li vedi come sono concentrati, teneri”
“E poi lo sai che sanno fare soltanto una cosa alla volta”
“Senta possiamo ordinare?”
“Magari, visto che tutti guardano la partita può portare prima a noi, tanto non se ne accorgono”
“Senti come gridano! Sono contenti. Guardali ha segnato la loro squadra”
“Gli basta poco, in fondo, per essere contenti”
“Che succede ora! Si stanno disperando … poverini”
“Ha pareggiato l’altra squadra (Sgrunt!)”
“Ah, grazie signor tifoso della squadra di calcio Juventus, mi dispiace”
“Ha detto il signor tifoso della squadra di calcio  Juventus che ha pareggiato l’altra squadra”
“Sì ho sentito”
“Cielo come urlano e gesticolano!”
“Facciamolo anche noi. Vediamo come ci si sente!”
“E ora che succede? Sono ammutoliti tutti”
“Sono tristi”
“Chiediamolo al signor tifoso della squadra di calcio Juventus…”

Tizianeda

La mamma bambina

Ci siamo guardate. Occhi dentro occhi. E’ stato un attimo. Io tornavo dai colloqui scolastici. Mia figlia ha quattordici anni, sai, primo Liceo Classico. Avevo fretta. Lei ha la febbre alta, è nel mio letto tra piumone e cuscini, avvolta come in un ventre materno. E’ così. I figli quando stanno male invocano sempre un luogo sicuro che li sappia confortare, ricercano quella condizione primordiale che li ha preparati dolcemente alla vita. Facciamo un po’ tutti in questo modo, perché siamo tutti figli. Mi dice: mamma stai qui con me e poi mi chiede abbracci. E’ una sensazione strana. Proteggo un corpo caldo che ormai è più grande di me e mi avvolge e io scompaio. Per questo avevo fretta di tornare a casa.
Ieri tra noi, è stato un attimo che ci siamo guardate. Tu eri insieme ad altri ragazzi e ragazze della tua età. Forse neanche maggiorenni. Ma eri diversa da tutti gli altri, avevi una distanza irraggiungibile, tracciata da una bambina dentro un passeggino che trattenevi. Ti diceva “mamma” quella bambina, forse l’unica parola che sapeva pronunciare. Te lo ripeteva con il sadismo inconsapevole e felice dell’innocenza, che ti ricordava cosa eri diventata: una madre bambina. E ho sentito passandoti accanto il tuo sperdimento e la rabbia e la paura. E oscillavi tra il bisogno di mantenere una distanza per proteggerti e di lasciarti andare a quelle strane, contraddittorie, calde sensazioni che noi donne madri sappiamo. Perché è vero, l’amore ti fotte, come è stato scritto da un anonimo pensatore su un muro. Quello per i figli di più. Bisogna avere le spalle larghe per accoglierlo, per non spaventarsi, bisogna avere la leggerezza della maturità, il buon senso di chi ha una certa visione della vita, di chi ha imparato ad accettarsi. O forse niente di tutto questo, chissà, forse formule valide per tutte non ce ne sono. Io, “ti amo” non l’ho mai detto a nessuno. Due parole troppo grandi, impegnative e ho paura che possano imbrigliare specie chi le riceve. Non l’ho mai detto ai miei figli. Credo che non si debba dire. Eppure se penso alla parola “amore” spesso così distorta dalla retorica comune, è ai miei due ragazzi che penso. Io non so cosa succederà tra te e la tua bambina, quale storia si traccerà per voi. Io spero che si tracci dentro di te questa parola qui, questo suono che a tratti il mondo fuori libera dentro di noi. Io te lo auguro mamma bambina, ti auguro di non avere paura delle parole “ti amo”, da pronunciare in silenzio come un rosario, da pronunciarti come un abbraccio. E chissà, forse già sta succedendo e ancora non lo sai.

Tizianeda

Sonno

Tizianeda ha sonno. Un sonno che il letto e il cuscino le sembrano i suoi più intimi amici del cuore. Un sonno che vorrebbe dormire per ore e ore come quella gran fortunata nullafacente della Bella Addormentata. Un sonno che la mattina si sveglia che ha sonno e la sera dice : “scusate ho tanto sonno vado”.
La mamma vecchietta le ricorda che fa troppe cose, lo sposo le suggerisce di assecondare le richieste del suo corpo e di dormire, ignorando le conseguenze devastanti e l’effetto caos di una scelta del genere sulla famigliola. Lei è certa che se si dovesse assecondare si sveglierebbe nel 3014 e poi per lo shock si riaddormenterebbe. I minori le rispondono che anche loro hanno sonno e che non si sentono di fare niente, neanche di andare a scuola. Le amiche di farsi ogni controllo clinico, nel frattempo diagnosticandole possibili morbi. Tutti, per fortuna, risolvibili. In alternativa la esortano a rinchiudersi per un tempo indeterminato in un centro benessere con loro.
Tizianeda pensa che in questi mesi le è sembrato di aver vissuto anni e che non si è mai riposata e che hanno ragione un po’ tutti (tranne i due minori). Ma per ora non può fermarsi, anche perché un’altra avventura sorprendente sta per iniziare. Nel frattempo cerca di andare presto a letto la sera, bere acqua e limone la mattina, mangiare frutta e le bacche di goji che non hanno alcun sapore e si attaccano ai denti, ma pare facciano bene all’esistenza e la mattina, per 40 minuti, passeggia davanti al mare che le pacifica i pensieri. Si dedica anche a ludiche attività anti stress, ogni volta che le condizioni spazio temporali dei 90 mq lo consentono. Quindi ora, non le resta che aspettare che questo stato di letargia passi e magari, nel frattempo, dormirci sopra.

Un saluto allegro a voi belli. E dedicatevi ad attività anti-stress molto ludiche per tutta la settimana.

Tizianeda

La ricerca della felicità e i jeans ritrovati

“Quattordicenne cosa stai cercando?”
“Sto cercando la felicità. Mamma … scherzo! Cerco i miei jeans”
Mi ha fatto ridere la ragazza, regalandomi un incipit di giornata allegro. Non ho pensato al disordine dei 90 mq e che ogni benedetta mattina iniziamo la caccia di pantaloni, maglioni, camicette, spazzola, dentifricio, deodorante che misteriosamente scompaiono e si materializzano dove non dovrebbero stare. No, ho sorriso per la bellezza di quella battuta arrivata all’improvviso, proprio come la felicità. E penso da due giorni a questa frase. Penso alla felicità che cerchiamo, spinti anche dalle nostre inquietudini. Penso ai jeans nascosti negli anfratti della casa, indispensabili nella loro spiazzante materialità, per uscire dalle stanze familiari e iniziare le cose della vita. E penso a questa condizione che sembra così astratta e sfuggente e sempre un passo davanti a noi e che invece è fatta anche di materia, è fatta di qui e ora e va indossata come i jeans della ragazzina. Bisogna pensarla, la felicità, per riconoscerla mentre abita le nostre stanze interiori stimolate, come il meccanismo complesso di un orologio, dai moti della vita.
Bisogna riconoscerla, la felicità, quando ci cammina accanto, rivolgerle lo sguardo, vederne la bellezza sorridente, chiederle di fermare il tempo almeno per un po’, di fermare la corsa, farci riprendere fiato, respirare. Ed è come indossare i jeans ritrovati sotto una montagna informe di vestiti. Così uscire dalle stanze per respirare gli odori del mondo fuori e sentire e credere che in fondo, questi attimi clementi ce li siamo meritati, anche per averli saputi riconoscere.

Tizianeda

Complicanze, soccorsi, spettacoli e colori

Cose che Tizianeda ha fatto in questi giorni.
Ha registrato la puntata di una trasmissione televisiva che si chiama “Fuori in trenta minuti” insieme alla sua amica Eleonora per parlare dei loro mondi creativi. Ha parlato dello spettacolo che rappresentano insieme, tratto da questo blog. Un signore altissimo con le mani giganti, i capelli turchini come quelli delle fate e dei piedi lunghi lunghi come quelli di un Orco, che fa il cromatologo, le ha detto che il colore della sua anima è rosa fané, che è madre e figlia, soldato e comandante, inossidabile e decisa. Le ha detto anche di dipingere per liberare le sue troppe energie. Lei crede che non lo farà, perché la sua vita per ora è già abbastanza complicata.

Ha fatto una breve gita in tarda serata al Pronto Soccorso della sua città sbilenca, per portare lo Sposo Errante (niente di grave, tranquilli, tutto sistemato). Lo Sposo errante non ha gradito la sua guida creativa e anarchica, lei ha ignorato le sue richieste di regredirla al ruolo di passeggera. Al pronto Soccorso sono arrivati entrambi integri. Un infermiere gentile ha assegnato allo Sposo un colore che indica il grado di urgenza: il verde. Dopo la visita l’uomo verde e la donna rosa fané sono tornati nei 90 mq.

E’ ritornata al Pronto Soccorso dopo pochi giorni. E le è sembrata una discreta media per la sfiga. Lo ha fatto per accompagnare una signora. La signora era convinta di avere un infarto o la polmonite, Tizianeda era convinta che le sue costole non fossero perfettamente integre. Tizianeda ha ripercorso la stessa strada fatta pochi giorni prima, ha condotto la signora nelle stanze ospedaliere, ha parlato con infermieri e medici con la sicumera di chi sa la questione e di come ci si comporta in certe situazioni. Ha scherzato con la signora per distrarla dalla paura, ha scherzato con il giovine che l’ha fatto sedere su una sedia a rotelle, portandosela in giro, perché lei quando il gioco si fa duro, scherza. Ha scherzato con la dottoressa addetta ai raggi X, perché le è sembrato che quelle stanze e quei corridoi fossero tristi assai. E’ stata scambiata per la badante della signora, forse per il rossetto rosso fuoco che ormai indossa come una copertina di Linus e per gli orecchini dell’identico colore. La dottoressa si è sentita mortificata per l’errore. Tizianeda si è sentita molto contenta per l’errore, ché nell’immaginario collettivo le badanti sono donne dell’est, con bei rossetti sulle labbra e bone. La signora che ha accompagnato al Pronto Soccorso, aveva le costole non perfettamente integre.

Ha rappresentato con Eleonora lo spettacolo tratto dal suo blog. Lo ha rappresentato in un teatro pieno di gente. E’ piaciuto a chi era presente. Probabilmente si apriranno scenari inaspettati. Il 12 maggio questo blog compirà quattro anni. Quando questa avventura è iniziata Tizianeda non sapeva proprio dove l’avrebbe condotta. Certo non credeva che si sarebbe trovata su un palco, dentro uno spettacolo inondato da così tanto affetto. Eppure è accaduto. Eppure sta accadendo. Vi aggiornerò su tutto questo e su qualcos’altro che sta per arrivare.
Un saluto allegro e capovolto a tutti voi!

P.S.:  Qui la locandina dello spettacolo. Un grazie felice a una donna e al suo coraggio per averlo proposto e voluto con pervicacia: Maria Rita Stilo, avvocata anche lei e molto molto di più.

Tizianeda

Auguri mia ragazza

Ridi spesso, ti tocchi i capelli, vesti di nero, a volte ti concedi un colore, hai un odore inconfondibile, sei spiritosa e sarcastica. Sei bella e non lo sai. Osservi il mondo senza fartelo sfuggire troppo. Hai morbidezze e un sorriso lieve. I tuoi occhi di quel colore che non ha nome, che sono mare e cielo e nuvole e acciaio, a volte hanno nel fondo la tristezza, o forse è la malinconia delle donne che ci avvolge così all’improvviso. Sei un mondo che scruto, sapendo di non poterlo conoscere fino in fondo. Ti fai abbracciare e io mi perdo perché sei più possente di me e mi piace in quegli attimi clementi sentirmi madre e figlia. Devo stare attenta a distribuire equamente baci e abbracci tra te e tuo fratello. E aspetti e osservi per evidenziare le dimenticanze. Sei acuta e non dici. Sogni di prendere un giorno una valigia e partire per luoghi lontani. Perché tu sei indipendente e solitaria. Tu che oggi hai quattordici anni, mia tutta bella, mia ragazza, mia non più ragazzina. Non sempre so come starti vicina in questa tua terra di mezzo. L’adolescenza è il luogo delle possibilità, dei sogni e delle scelte. E’ il luogo in cui tutto è assoluto, in cui tutto è qui e ora. Non ci sono grigi, non ci sono sfumature, si è inclementi e puri, perché la purezza è estrema, come i vostri umori oscillanti e repentini. Sei una terra affascinante che si forma e si sposta e vibra, si innalza, si espande, muta ogni secondo impercettibilmente. Sei donna, amore mio, ogni giorno di più. Sei donna quando abbracci dentro quel movimento che riconosco, quando ridi, quando mostri l’amore per tuo padre, quando proteggi tuo fratello, quando ti scontri con me, quando ci cerchiamo sapendo di essere entrambe parte di un universo circolare e ciclico e intimo, sapendo di essere fatte della stessa essenza.

Auguri mia ragazza, mia bella, auguri unica A.

Tizianeda

Il rossetto rosso fuoco

“Allora, cosa ne dici?”
“Mmmh … ti preferisco senza”
“Perché decenne?”
“Perché ti preferisco “mamma” e con questo rossetto rosso non lo sei”
“Ma la mamma è sempre mamma anche sotto questo rossetto rosso fuoco. E a me, amore mio, piace truccarmi, perché una mamma è anche donna”
“Sì però ora abbracciamoci”
“Vieni qui, così ti do anche un bel bacio e ti lascio il segno rosso”
“No! Quello non lo voglio”
“Faresti un figurone, però…”
Il bacio non lo hai voluto, per non macchiare le guance. Ti sei riposato un po’ tra le morbidezze madri, le mie. E anche io mi sono riposata attraverso questo esercizio di dimenticanza del tempo. Poi sei andato via, appagato per quella dose di tenerezza. Lo so che non sei abituato a vedermi con il rossetto rosso sulle labbra, che ho deciso all’improvviso di infilare tra i miei racconti intimi di femmina. Mi piace e regala allegria all’anima e al volto, che a volte si fanno ricoprire da improvvise malinconie. Imparerai, amore mio, attraverso me, che le donne con il rossetto rosso, non smettono di essere tutto il resto. Soprattutto se con quel colore luminoso sul volto che le racconta come piace a loro, si sentono più felici e belle.Giusto quel tanto in più che serve ai loro pensieri.

Tizianeda

Fare l’amore

Ne hanno parlato quasi tutti. Ne hanno decantato le meraviglie, lo hanno denigrato, hanno fatto intendere delusioni tramutate in cinismo, gli hanno dato la forma di nostalgie e assenze. E anche chi lo ha taciuto, in fondo, lo ha voluto raccontare, perché il silenzio è un ricamo lieve attorno al suo nome.
Tizianeda, avrebbe voluto condividere sui social, una frase, una canzone, infilare una poesia, una fotografia. Niente di niente. Le è venuto il pudore davanti a un sentimento così potente, come le cose immense a cui non sa dare una definizione, come l’universo, soggetto alle regole della gravità, dove tutti i corpi si attraggono combinando casini cosmici affascinanti. Anche se a lui ha pensato tutto il giorno, anzi dalla sera prima, quando ha poggiato sui piatti ancora vuoti della cena dei tre abitanti dei 90 mq, dei cuori di cioccolato e meringa.
Ha pensato a questa cosa impalpabile che si chiama “Amore”, che è come l’acqua nel corpo umano: occupa buona parte dei nostri pensieri e condiziona i nostri passi e dà a ognuno di noi un differente sguardo sul mondo fuori, spesso incomprensibile agli altri. E non parlo solo dei grandi sistemi dell’amore, quello che i poeti da sempre raccontano come una profezia misteriosa con il loro sguardo da rabdomanti, tramutando questo sentimento sfuggente in immagini, che ci lasciano senza fiato. Parlo anche dell’amore che si insinua di nascosto nella piccola vita minuta. Che è nei gesti, nelle parole, negli sguardi della quotidianità ripetuta. Un sorriso, un ciao, un come stai, la mano su una fronte calda, un pensare senza dire, un gesto che protegge senza sapere. Cose così. Fugaci e immanenti, che lasciano un suono invisibile, come quello delle onde gravitazionali nel cosmo. Oggi provo a starci più attenta. Oggi dell’amore non parlo. Oggi l’amore si ascolta e si fa.

Tizianeda