Ed è una danza

Mia madre accende una sigaretta. Sembra una ribelle, con le rughe. Anarchiche, sparse ovunque. Mi mostra il libro che ha comprato. Quello della sera. C’è anche quello del giorno, grosso come un vocabolario. E’ troppo pesante per reggerlo a lungo a letto. Parla senza sosta, mia madre. Ogni tanto mi distraggo, controllo i messaggi sul cellulare, guardo i social, mi dissocio. Lei si incazza. Poi ricominciamo. E’ una danza.

Sono partita alla fine di maggio. Firenze. Con Agnese, la diciassettenne. Sono stata madre e basta. Con lentezza, serenamente.  Sentendoci. Oscillando, a braccetto. Senza dire, respirando, aspettandoci.   E’ stata una danza. Per tre giorni.

Gatta Tàlia che abita i 90 mq da quasi due anni, ha ingoiato
chissà quando un filo di spago. Le si è incastrato nello stomaco e lì si è
fermato. I veterinari l’hanno aperta, ritrovato il bandolo, ricucita. Poi è
tornata a casa. Agnese l’ha vegliata tutta la notte, come chi ama. Tàlia ha
avuto una reazione da Highlander appena ferito a morte. Un Highlander stressato,
tuttavia, che piscia senza ritegno ovunque. Nessuno osa dirle niente. La
lavatrice è stressata pure lei. Con Tàlia ho ripreso la siringa in mano, dopo
un anno. Ora so pungere anche i gatti.  I
figli la rassicurano con fermezza,  io
buco e inietto. Ed è una danza. Di noi tre, vicini e concentrati.

Ché la vita è tutto un movimento. A volte il ritmo ti piace e conosci i passi, a volte ti devi adattare e imparare velocemente, a volte non vorresti smettere, a volte dici “fatemi scendere”, ma continui   a muoverti. Continui a distrarti e a essere presente, ad allontanarti perché hai un urgenze di distanza tra te e il quotidiano, a ritornare, a cercare bandoli di fili di spago, per poi scoprire che se li è mangiati il gatto e sono cazzi. Ed è così che impari a vivere, o forse non impari mai. No, non si impara mai del tutto a vivere. Ed è una danza.

Tizianeda

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