Gen
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La pandemia mi ha imminchionita. Il primo segnale è arrivato dagli occhiali e dalla mascherina. Il mio incontro ravvicinato con la dimenticanza. Esco. Cammino, guardo il mondo. “Minchia che è strano stamattina”, mi dico. Ci sono facce senza contorni che salutano. Non leggo le scritte delle insegne. Tutto ha un suo ordine sfocato. È bellissimo. Capisco. Torno a casa. Tolgo mascherina, cerco gli occhiali, per mezz’ora. Do la colpa alla gatta che si fotte tutto. Invece sono in un posto nascosto, per evitare che la gatta si fotta gli occhiali. Lo avevo dimenticato. Esco. Le genti mi guardano come fossi l’angelo della morte sceso in terra per portare l’apocalisse. Ho lasciato la mascherina su tavolo. Torno a casa. La famiglia mi guarda come una nuova specie di pesce tropicale su Superquarck. Loro dicono che ero così pure prima. Io rispondo che è colpa della pandemia che tutti i neuroni si è portata via. Saluto la gatta con più affetto, perché mi sento una brutta umana per averla accusata. Che poi la pandemia mi ha così imminchionita che sono anche diventata total gattara. Così, invece di uscire, sto mezz’ora con Priscilla (Tàlia, ovvero dell’immobilismo, dorme e se ne fotte del mondo) chiamandola “bella della nonna”, che mi pare troppo pretenzioso dire “bella di mamma”. E così con la mascherina e gli occhiali appannati, sto ancora a casa, ché Priscilla mi ha preso il cuore e ho deciso che è il mio Daimon. “Mi somiglia, vero?”, “Sì sì mamma, uguali”. “Guarda abbiamo lo stesso sguardo tra lo smarrito e il vivace con brio”, “Preciso preciso Tiziana”. “Affettuosa come me in un mondo di anaffettivi” “Ma non dovevi andare a lavorare?”, “Vero, ma la pandemia mi ha imminchionita”.
Non ci credono ma è così. Sono così imminchionita che la sera alle dieci sto in narcolessia seria. Pure prima quando tutto era meno anormale di adesso, ma ora è peggio. È che dopo una giornata a guardare il mondo, a cercare di leggere le profondità e tutti ‘sti abissi che ci circondano, e, a volte , a sentirmi smarrita per l’umano e il disumano, per l’innocenza tradita e il male che si pulisce sopra le sue suole lorde, ogni neurone che ha partecipato alla visione del ballo osceno, mi supplica di addormentarlo, come una madre buona. Anche se sogno mondi distopici dove tutti sono incazzati e neanche un gatto con cui giocare. Per fortuna poi mi sveglio, e anche se c’è la pandemia, i miei libri sono ancora sul comodino, le gatte hanno fame, i figli sono nella stanza accanto, una mano mi accarezza, ho sempre voglia di caffè e biscotti e di vedere come va a finire il giorno, il disordine della casa è lì, a dirmi che gran casino sono, e il mattino del sud sa ancora una volta di antico, con la sua luce che solo qui c’è, a ricordarci quanto ci ami, nonostante noi, che forziamo il buio.
Tizianeda