I due adulti della famigliola, lo Sposo Errante e Tizianeda, un insolito venerdì sera, si sono tuffati in una gaudente movida, grazie al benevolo soccorso degli zii- fratelli di Tizianeda e dei loro coniugi, che per una notte hanno preso in consegna il seienne e la decenne.
Tizianeda è uscita da casa eccitata come un’adolescente al primo appuntamento, elegante ed imbellettata, del tutto incredula che ad aspettarla c’erano ben due diverse serate danzanti.
L’uomo adulto è uscito da casa con le sue comode scarpe ai piedi, pazientemente consapevole che fra qualche ora, avrebbe cercato di sottrarre la sua sposa dalla pista da ballo….. inutilmente.
Festa nr. 1
La ragazzina di casa fa parte di un gruppo laico Scout. Gli adulti dell’associazione, per autofinanziarsi hanno organizzato una serata musicale, con una band di cinquantenni, indigena e filo Baden Powell.
Ad aspettarci, decine di volti sorridenti dalle età altalenanti, in un locale con le ventole sul soffitto circondato da canne di bambù. C’erano gli Scout adolescenti di sedici diciassette e diciotto anni, c’erano i ventenni, c’erano quarantenni ed anche cinquantenni, c’erano uomini e donne di sessanta o settanta anni, uniti dall’universale desiderio di divertirsi, ballare, stare insieme, dentro un insolito e sano flusso generazionale. Tutti o quasi, incuranti del caldo che faceva sudare…. tanto.
Quando la band di cinquantenni ha iniziato a suonare il twist, una moltitudine di fianchi di tutte le età, ha iniziato all’unisono ad ondulare, come attivata da un arcano comando. Mentre la miscellanea di musica, gioia ed entusiasmo trasportava la miriade di bacini verso una serata allegra, data l’ora, l’uomo adulto di casa ed io abbiamo lasciato la festa nr. 1 per recarci alla festa nr. 2.
Festa nr. 2.
La moglie di un amico di infanzia dello sposo, di quelli che se anche non si esce insieme o si scelgono vite diverse, ci si vorrà per sempre bene, ha festeggiato i raggiunti quaranta anni, in un posto aperto, appoggiato sul mare come una nave ormeggiata. All’orizzonte la rassicurante visione di mille luci fluttuanti su montagne ingoiate da una notte lontana.
Quando siamo arrivati, siamo stati accolti da decine di respiri e volti sconosciuti, rallegrati da un tasso alcolico senza ritorno.
Un gruppo di donne magrissime, abbronzatissime, altissime, dotate di nasi perfetti e insolite bocche afro, si muoveva compatto, svolgendo all’unisono le stesse azioni: abbracciarsi, chiacchierare, ridere, bere, mangiare, ballare in cerchio…. come al liceo.
Gli uomini si aggiravano iperattivi sul rumoroso pavimento di legno, tutti con un bicchiere in mano.
Lo sposo della festeggiata, per darci il benvenuto, ci ha consegnato due bevande profumate di estate e limoni, composte da un liquido chiaro, ghiaccio e foglie di menta.
“Vado a ballare!” ho detto allo sposo, mentre abbandonavo il cocktail oscuro su un tavolo.
Ho approfittato della felice condizione di chi, ad una festa, non conosce quasi nessuno, come un’imbucata.
Ho chiuso gli occhi e ho iniziato a muovermi felice e sola. Ho aperto gli occhi dopo un bel po’. C’era un tipo palestrato cinquantenne che ballava accovacciato, facendo fluttuare le braccia verso l’alto.
Ho richiuso gli occhi. Poi qualcuno mi ha urtato. Ho riaperto gli occhi. Attorno al danzatore con le gambe piegate a 90 gradi, c’erano quattro donne nella stessa posizione che muovevano i sederi su e giù, vicino al pavimento. Lui sembrava un santone folle in preda ad una visione, circondato dalle sue adepte. Una donna con tacchi altissimi, vestito bianco corto, magra ed abbronzata si è unita alla setta danzante, rischiando di cadere più volte, con le gambe all’insù.
Ho richiuso gli occhi. Finalmente la musica ed io. Dopo un po’ ho sentito l’aria intorno spostarsi con forza. Ho riaperto gli occhi. Una quarantenne abbronzata e magrissima vestita con un mini abito nero si agitava convulsamente. Si abbassava sulle gambe, facendo serpeggianti movimenti con il bacino, per rialzarsi in un’ ola verticale. L’effetto domino è stato immediato. Sono stata circonda da corpi in preda a crisi convulsive, compreso il tipo palestrato accovacciato, ora con una bottiglia in mano, piena di liquido marrone, che ha tentato ripetutamente ed inutilmente di offrirmi.
Mi sono allontanata, ho richiuso gli occhi.
“La tortaaa!!!!”.
La musica si è spenta, e tutti, seguendo il flusso ci siamo recati per assistere all’irrinunciabile soffio delle candeline. Gli amici abbandonate momentaneamente le bevande allegre, si sono dedicati ad altra attività ludica: il lancio della torta sulla festeggiata e gli invitati.
Saggiamente la musica ha ricominciato a pompare forte.
Mentre mi avvicinavo alla pista, una donna non più giovane, vestita come Marta Marzotto a Portofino, ha deciso di socializzare con lo sposo errante invitandolo a ballare ed a bere qualcosa insieme. Lui l’ha guardata come se un alieno gli avesse proposto di vivisezionarlo per scopi sperimentali.
Caina, mi sono goduta il fallito approccio, pensando a quanto fosse stata sfortunata la signora, intercettando, per rallegrare la sua serata, l’uomo con il tasso alcolico più basso della festa ed il meno avvezzo ad incontri occasionali.
Poi son tornata a ballare, mentre lo sposo fuggiva da un amico sobrio.
Stavolta gli occhi li ho tenuti aperti per osservare lo spettacolo che mi girava intorno. Così ho ballato e guardato, guardato e ballato, perché quando ti si dispiega un mondo che è così lontano dal tuo, lo sforzo è quello di comprendere senza giudicare, di osservare per cogliere le sfumature, percepire le pieghe nascoste. E dopo occhi chiusi ed aperti, balli e musica, bottiglie ormai svuotate, visi veri e artificiali, allegria indotta che non c’era e divertimento sincero, io ed il paziente sposo siamo tornati a casa nostra.
P. S.: Ancora oggi non ho smaltito tutto quel danzare nella notte umida, tra cervicale, sinusite e dolori articolari.
Tizianeda
Ore 5 del pomeriggio.
Con le cuffie attaccate alle orecchie e l’i-pod acceso, cammino per strada. Vado a lavorare.
All’improvviso si materializza un collega avvocato. Ci salutiamo. Ci baciamo….. siamo meridionali.
“Ciao, tutto bene?”
“Sì tutto bene, e tu ?”
E’ infervorato per la discussione tenuta davanti ad un collegio di giudici.
Speriamo non inizi a raccontare.
“Non hai idea di cosa mi è successo oggi in udienza !”.
Perché non esiste il tele-trasporto? ☹
Spengo il dispensatore di musica portatile e tento di sintonizzarmi sui suoi racconti…..tento, appunto.
Le mie capacità di concentrazione sono pari a quelle di un bambino iperattivo costretto da un maestro ottuso a studiare.
Lo guardo senza vederlo, fingendo attenzione. Per dare credibilità alla mia patetica pantomima, immobilizzo la faccia dentro un sorriso ebete , ogni tanto annuisco e commento con vaghi “certo”, “ovvio”, “sì”.
Solo a tratti mi arriva alle orecchie l’eco di suoni familiari: “…..giurisprudenza……collegio…………notificazione……………inconsistente……….cancelleria……..giudici……………………………………………..”.
“Allora tu che ne pensi?”. Sono fottuta!
Ecco a cosa penso: ad un grande immenso gigantesco BOH!
Penso che hai interrotto il mio momento zen, tragitto casa-studio, con i tuoi discorsi uggiosi. Che sono stanca. Che la mattina sono sopravvissuta, come Frodo nella Terra di Mezzo, al Tribunale e alla sua varia umanità. Che a casa ho sostenuto un’avventura ancora più perigliosa : i miei figli. Che vorrei essere in un centro benessere a farmi massaggiare da mani pietose, anziché concludere la giornata chiusa nel mio studio di avvocatessa!
Questo penso. Però non glielo dico.
Poi come per incanto, l’intuizione, soffiata dalle Anime Buone delle Mamme Sfiancate venutemi in soccorso .
“Hai un’aria affaticata. Sei pallido. Dovresti andartene a casa e mangiare qualche cosa!”.
“Dici?”. Mi risponde preoccupato. Annuisco subito pentita (ma non troppo) della mia perfidia.
Ci salutiamo, sfiorandoci con le guance .
Lui mi volta le spalle e si incammina mesto con la borsa 24 ore dondolante. Io mi rimetto le cuffie alle orecchie, per godermi i pochi minuti di sospirata solitudine.
Tizianeda
Lui, l’uomo piccolo di casa, è dotato di ciuffi disorganizzati sulla testa, e di una scura bellezza inconsapevole. Si aggira magro e veloce per le stanze. Lo segue una tipa con due dispettosi occhi azzurri, minacciati da pendule molle bionde, che rimbalzano ad ogni movimento. Sono semi nudi e bagnati, hanno entrambi sei anni e quattro mesi di differenza. Sono cugini pasciuti dalle pance di due sorelle. Loro due insieme, già prima di occupare questo mondo bizzarro. Due fratelli gemelli anche se etero corporei.
I due tipi fuggono dal bagno, dopo aver annegato dentro un lavandino pieno d’acqua due bambole, una macchinina, Super Mario ed una pecora dalla faccia tonta .
La ragazzina decenne, sorella del seienne magro, con un abito da festicciola, tutta bardata di collanine e braccialetti come la Madonna in processione, si aggira disinvolta su due tacchi poco sostenibili.
“Mamma non le rovinare queste scarpe perché fra qualche anno le devo indossare io”
“…”
Improvvisamente il piccolo di casa in preda ad un nirvana rap, inizia a ballare convulsamente sulle note di un disco di Fabri Fibra.
“Non potresti ascoltare una canzone con meno parolacce?” gli dico sfiancata dal caldo e del tutto incapace di reagire a tanto delirio, esploso alle tre di un pomeriggio avvolto dall’estate.
“Non ti preoccupare mamma, io sono un reppista educato! Ho composto anche della musica. La vuoi sentire?”
Per venti minuti, si spertica in un furore onomatopeico traboccante di tzi tzi … .
“Ho finito la saliva, non riesco più a cantare”
“Peccato” .
Nel frattempo la cugina che si crede sorella gemella, prende un oggetto tubolare di legno, ed inizia a soffiarci compulsivamente dentro….esce un suono che fa pensare ad un’anatra con l’enfisema.
Maledico il momento in cui abbiamo consentito alla decenne di collezionare decine di fischietti che riproducono il verso degli uccelli, anche se lei avrebbe preferito riempire la casa, di cani, gatti, rettili, volatili, pesci rossi, criceti e squali.
Meno male che la giovane vicina di casa del piano di sotto, artista e folle, è partita da tanto tempo e forse non torna più. Avrebbe certamente risalito veloce le scale del palazzo, avrebbe pigiato più volte il dito sul nostro campanello. Io avrei aperto la porta e lei dopo averci fatto vibrare con una delle sue risate, sarebbe entrata dentro casa……per diventare parte di questo circo surreale, come il colore giusto dentro un quadro allegro .Perché si sa gli artisti ed i folli, sono visionari e sorprendenti come i bambini. Panni stesi al vento, su una tela tutta bianca.
Tizianeda
Quando arriva sera, quando hai già cenato, quando la casa poggia su un surreale silenzio perché i piccoli sono stati rapiti dal Signor Morfeo, quando pensi dopo una nevrotica giornata di lavoro, di mollemente abbandonarti sul divano con la lieta visione televisiva di una commedia, insomma quando tutto questo, ti accorgi con disappunto che il maschio adulto di casa ha scelto anche per te.
Dopo i primi 15 minuti di sconsolata visione, capitoli e te ne vai mesta a dormire.
Perché lui, ha un talento oscuro in questa scelta, la cui genesi appare misteriosa.
I “suoi” film sono ambientati:
a) dentro claustrofobici sommergibili o navicelle spaziali, dove tutti sudano, corrono, sgranano gli occhi e prima o poi si accendono luci rosse intermittenti.
b) Su alte vette, dove una o più persone si arrampicano, non mancano mai tempeste di neve e congelamento agli arti.
c) All’interno di grotte nel centro della terra in cui un gruppo di sconsiderati rimane intrappolato per tutta la durata dello spettacolo.
Il comune denominatore: qualche cosa va sempre storto, una guerra, una tempesta, un allagamento, un alieno rivoltante e malefico…. Se ci sono donne appaiono maldestre e scemotte, quindi muoiono subito.
Quanto agli uomini, muoiono pure loro, ma soltanto alla fine del film.
Tizianeda
Cinque come le dita di una mano che afferrano e tengono stretto.
Cinque come le vocali che rendono musicali le parole.
Cinque come gli anni di un tempo perduto.
Cinque come le maestre di una scuola elementare da salutare, senza potersi più voltare indietro.
“Come ti vesti per il pranzo di fine quinquennio scolastico?”
“Da funerale!”, ha risposto incisiva la decenne, mostrandosi indispettita per un tempo che, bastardo, si sfalda inesorabile.
Così, avvolti da una luce bianca, in un posto con il cielo addosso, una classe di quinta elementare, che classe più non era, tanti genitori e le maestre, hanno celebrato un addio.
Dentro un girotondo di emozioni nostalgiche, una maestra ha pianto, le bambine hanno pianto, qualche mamma ha pianto, suggellando un talento matriarcale a stare dentro le cose, con coraggio. Mentre i papà ed i ragazzini (tranne sparse eccezioni), si defilavano con il corpo o con la mente, perché si sa, l’attitudine oscura dello stare altrove è tutta maschile.
E tra chiacchiere, risate, lacrime, sguardi di intesa, amicizie consolidate, siamo rimaste ferme e vicine, ancora un po’ e ancora un po’, con addosso la silente percezione, come un dejà vu capovolto, come una premonizione, che l’urgenza del presente rapirà la memoria di questi anni lievi.
Tizianeda
L’uomo adulto della famigliola, prende lezione di basso elettrico da un maestro paziente.
Poi a casa, con il suo strumento, si esercita serio.
Mentre suona mi sento la sua groupie dissoluta, tutta sesso, droga e rock and roll.
Convengo con me stessa, tuttavia, che la maglietta sbrindellata e gli infradito rosa ai piedi richiedono uno sforzo di fantasia eccessivo.
Dovrei cambiarmi d’abito e indossare il corpetto sexy con reggicalze, regalo di un’ amica ottimista, giovane e non sposata.
Apro il cassetto del mobile in camera da letto, guardo il corpetto, ma due rumorosi minori semi-irrazionali che vagolano per la casa, dissolvono i miei sogni di gloria.
Sospiro, saluto mesta l’accessorio pretenzioso, mentre la groupie si allontana indispettita, dopo avermi lasciato addosso il suo sguardo rassegnato.
La mando al diavolo…ma lei ormai, è troppo lontana per sentirmi.
Tizianeda
La Puzzodite è una terribile malattia mortale trasmessa dalle mosche, svolazzanti insetti domestici invisi al piccolo di casa, che dinanzi alla loro ronzante visione cerca riparo in ogni possibile anfratto.
Il contatto con queste bestie feroci innesca una catena di effetti nefasti, almeno così dice il seienne:
1) La mosca infida si poggia su una parte del tuo corpo.
2) Immediatamente contrai la Puzzodite.
3) Da quel giorno inizi a pestare tutte le cacche dei cani abbandonate sui marciapiedi.
4) Gli scontri ravvicinati con gli elementi organici dei quadrupedi ti fanno puzzare terribilmente.
5) Muori.
6) Quando muori però guarisci.
7) Ma non subito.
8) Prima devi arrivare dinanzi al cospetto di Gesù.
9) Gesù sente la tua immonda puzza.
10) Capisce che sei malato di Puzzodite
11) Lui però è Gesù e non si scompone.
12) Ti tocca sul braccio, smetti di puzzare e guarisci.
13) Finalmente entri in cielo profumato.
Tizianeda
“Vai a comprare i cornetti, giù al bar”.
L’uomo adulto di casa, un ozioso sabato mattina, ha soffiato dietro le spalle della ragazzina decenne, il vento dell’indipendenza.
“Mamma, papà ha detto che devo comprare i cornetti al bar, posso ?”
“Tesoro, ma certo, papà sa quello che dice!”, sorrido inespressiva.
Sa quello che dice, spero, questo ex bambino che si arrampicava sulle impalcature dei palazzi in costruzione per poi buttarsi giù sui cumuli di terra, che finiva i suoi giochi dentro stanzette di ospedale, davanti agli occhi rassegnati di santa Gina, la sua mamma. Sa quello che dice, anche se in un tempo non lontano, saltellava felice tra le nuvole come un moderno Peter Pan. E mi serpeggia l’idea che lui non abbia il senso del pericolo, così come a un cieco dalla nascita, manca la percezione del colore.
Perciò aspetto di sentire il rumore del portone che quattro piani più sotto si richiude alle spalle di mia figlia, per lanciarmi sul balcone, disapprovata dal democratico incosciente.
Vedo la decenne attraversare lieve e colorata il marciapiede, e sparire dietro l’angolo, mentre controllo la gente passare: sono tutti malfattori, rapitori di bambini, distributori di caramelle avvelenate, spacciatori, truffatori, streghe malvagie travestite da fatine tonte.
Poi lei riappare, dallo stesso angolo, con passo soddisfatto, con in mano il sacchetto dei cornetti: il suo piccolo trofeo per il coraggio.
E capisco che in quell’angolo da valicare sta la differenza tra restare e partire, tra rimanere a terra e volare leggeri, tra il sentirsi imprigionati e una libertà da conquistare un pezzo alla volta, fregando la paura, appassionandosi alla vita, come ad un chiassoso spettacolo di strada.
Tizianeda
Tra i ricordi gioiosi dell’infanzia ci sono le feste, fatte nella rilassata confusione della famiglia allargata, tra nonni, zii, zie, cugini e….. cugine.
Crescendo, tra le piccole donne di famiglia si sono create relazioni più o meno intense, o incolmabili distanze, perché anche i parenti alla fine si scelgono, come gli amici.
Questa la “ lista delle cugine ”, con dentro quel po’ che ci rende uniche, quello che fa la differenza tra la vicinanza e la lontananza:
1) C’è quella tosta, che potrebbe guidare sola con la macchina fino a vattelaapesca, senza paura di non trovare più la strada del ritorno.
2) C’è quella dolce, quella che quando ama, ama e basta, quella che non si lagna, quella che conserva l’innocenza… nonostante tutto.
3) C’è quella che non c’è mai stata affinità elettiva, neanche da piccolissime, due pezzi di un puzzle non combacianti.
4) C’è quella caruccia, simpatica, claunesca, dai pensieri profondi e dalla lingua biforcuta, quella che da piccola si picchiava con i maschi per non essere remissiva (prendendole…perché il fisico purtroppo…), sentendo che le ingiustizie e la prepotenza erano un’onta da far pagare con il sangue, se necessario.
5) C’è quella fighissima, quella con il tacco 12 nella testa, prima che nei piedi. Quella che anche quando si smoccia riesce ad essere sexy, quella che se stringe la mano ad un uomo e dice solo “buongiorno”, lui si sente come se fosse stato invitato ad una notte di sesso selvaggio, quella che sa ancheggiare senza essere volgare, che ha le tette grosse e le gambe lunghe.
6) C’è quella che è sempre stata la prima della classe, quella intelligente, quella brava in matematica, quella che ancora oggi quando per lavoro studia, rifiorisce come se avesse fatto una seduta da un chirurgo estetico.
7) C’è quella in giro per il mondo, che vive in una bella città Europea, che comanda in un mondo maschilista, ma quando ritorna per fugaci incursioni alla sua Itaca, sa riprendersi la freschezza di figlia.
Una di queste, sono io. Una di queste di queste, porca miseria…avrei voluto essere…almeno un po’.
Tizianeda
Sei uscito dalla porta frettoloso, con la valigia in mano.
Sei lo sposo errante di questa terra capovolta, di questo posto strambo, segnato da treni sbrindellati ed interrotte strade malferme.
Quando tu vai via, divento la regina del nostro tempo ordinario, su un trono solitario.
Quando tu vai via, lo sai e ridi, i due invasori della nostra libertà, nell’ora del sonno misto ai pensieri, occupano il lettone del loro respiro caldo e lento, con pretesti truffaldini: “perché mamma, le regole sono regole e vanno rispettate. Quando papà non dorme a casa, noi dobbiamo stare con te nel letto grande ”.
Quando tu vai via, per sfiancare la paura, mi esercito nella dimenticanza di te….
E se poi ti dimentico davvero?
No, non ti spaventare, non è possibile. Io di te mi ricordo tutto.
Tranne di quella prima volta, perchè la memoria vecchia ormai di 15 anni, è annegata in un bicchiere di vino di troppo, quando mi hai vista dentro una stanza rumorosa di gente, in una sera fredda, con il mare accanto a quella casa festaiola. Tu, che ricordi, dici di aver puntato come un segugio, il mio sguardo liquido e le mie gambe nude, in una gonna allegra.
Poi ti ho conosciuto qualche mese dopo, in un altro posto, con la stessa gente, nella stagione dei vestiti lievi e sottili .
“Ero davvero brilla quella sera per non ricordare la tua bella faccia” ti ho detto.
Mi hai guardato incredulo, come si guarda una tipa un po’ stramba, un’audacia insolita, o un destino inaspettato, che sta per arrivare.
Ma ora basta. Ora che è notte, devo trovare un punto libero del letto, tra il sonno dei due inquilini. Devo riempire la tua assenza dei miei sogni, nel mare calmo di questo presente.
Tizianeda