2014 archive
L’ottenne ha un braccialetto al polso. Si può stringere e allargare, ci sono tre lacci annodati tra di loro, viene dall’India e il colore predominante è il rosa. Glielo ha regalato la sua compagna di scuola. Lei, è andata nel suo villaggio, che devi fare mezzo giro della terra per arrivarci. Anche se lontana lontana, ha pensato all’ottenne, e dentro un negozio chiassoso e colorato (almeno così a Tizianeda piace immaginarselo) gli ha comprato il bracciale. Poi ha rifatto un altro mezzo giro della terra, è ritornata nella città sbilenca e da lì a scuola dove ha consegnato il regalo al suo compagno gentile. Lui ha indossato subito il braccialetto rosa e ha continuato a farlo anche quando un bambino gli ha detto che il rosa è un colore da “femmina”. L’ottenne, ha attivato il suo pensiero positivo-zen, che usa come lo scudo protettivo di Guerre Stellari che si aziona contro gli attacchi intergalattici, e ha archiviato per sempre la questione giungendo a un’univoca conclusione: “secondo me le femmine ragionano meno per stereotipi rispetto ai maschi”.
Tizianeda non sa se le femmine ragionino meno per stereotipi rispetto ai maschi, anche se tende a pensare che sia vero. Però sa che lo stereotipo è un’erba cattiva che si può annidare ovunque, un buco nero in cui è facile cadere, una pozzanghera melmosa dentro la quale trovarsi invischiati.
Per questo ai due minori dei 90 mq, prova a spiegare che non esistono giochi da maschi e da femmine, canzoni da maschi e da femmine, cartoni da maschi e da femmine, colori da maschi e da femmine, che piangere non è da femminucce ed essere coraggiosi da maschietti e l’elenco potrebbe continuare per giorni e giorni. Lei dice che esiste quello che ci piace, quello che ci fa stare bene e che gli schemi rigidi dentro i quali ci collocano possono intossicarci la vita, che le verità impacchettate e consegnate tra le mani non sempre vanno bene, che il mondo fuori va osservato in profondità e da millemila prospettive diverse, se occorre.
Così ora, il braccialetto rosa può rimanere placidamente annodato attorno al polso dell’ottenne, che gode di un oggetto che gli piace, ma soprattutto del gesto gentile di una bambina che un giorno, in India, ha scelto un regalo proprio per lui.
Tizianeda
Parole che mi piacciono:
1. “Ciao”: è una confidenza furtiva, è un bacio sulla guancia. “Ciao” è: “ci rivediamo, vedi”, è un’altalena che va su e poi giù, è allegria, è un sorriso dentro la voce.
2. “Ti voglio bene” e non TVB, eh, che sembra l’acronimo brutto di un canale televisivo, che è sbrigativo come un segno di insofferenza con la mano. “Ti voglio bene” va musicato per intero, nel tempo di più respiri. Va lanciato con calma noncurante e allegria coraggiosa. “Ti voglio bene” con quel modo placido di risuonare ti fa venire voglia di restare. Non è “Ti amo” con la sua perentorietà possessiva, poco generosa. “Ti voglio bene” è molto di più, è un regalo desiderato. Per te.
3. “Ascolta”. Ma solo quando è l’incipit di una frase. Ché è un modo morbido per iniziarla. Ti porta con dolcezza lenta alle parole che verranno dopo. E’ dire: io sono qui per te ora, in cambio ti chiedo di ascoltarmi. “Ascolta” si completa con il silenzio fugace che lo segue. Poi le parole possono susseguirsi, tante e veloci. “Ascolta” è un gesto vocale calmo e rassicurante. E’ un soffio di intimità, prima che tutto il dopo abbia inizio.
4. “Buongiorno”, quando è la prima parola del risveglio. Quando è stropicciata e impastata di sogni e di buio. “Buongiorno” è un parola mai lasciata sola, ché se la pronunci, ti verrà restituita. Ma con un’altra voce, incartata della vicinanza del mattino. Anche lei ugualmente stropicciata di sogni e di buio e di intimità.
5. “Ritornare”. C’è sempre una storia prima della parola “ritornare”. C’è il viaggio, c’è la fisicità, che scompare piano, di chi va via. “Ritornare” è la parola dell’attesa che finisce, è una promessa, è qui e ora che sostituisce la nostalgia, è sapere che da qualche parte, ovunque ti trovi, c’è un luogo che è casa.
P.S: a proposito di ritornare, solo per dirvi che lo Sposo Errante, dalla Normandia, dove è stato per cinque giorni con il suo amico di tanti tanti anni fa, è tornato. Con lui ha riportato storie da raccontare, posti da far vedere ai nostri occhi stupiti, abbracci stretti stretti, ma soprattutto un faro a strisce bianche e rosse, piccolo e solido come un Hobbit nella Terra di Mezzo. La luce dentro c’è e questo significante dettaglio, lo rende un Faro perfetto. Il faro perfetto di Tizianeda.
Ciao.
Tizianeda
Lo Sposo Errante e il suo amico di tanti tanti anni fa, vagano liberi e leggeri tra le spiagge della Normandia, in mezzo a fari, rocce, isole e mari sconosciuti.
Tizianeda, che ha avuto negli ultimi dieci giorni, ore intense e felici, in questo fine settimana, si è goduta il suo stato di famiglia mono-genitoriale con i due minori, sostando buona parte del tempo dentro casa.
Insieme alla dodicenne e all’ottenne ha aspettato i racconti serali dell’uomo adulto di casa con cui si vedono grazie ai prodigi dell’informatica. Tizianeda ha manifestato entusiasmo da stanziale in ascolto, la dodicenne nostalgia da “quando torni?” e l’ottenne ha espresso con la crudezza delle persone sincere, la sua filosofia zen nei confronti della lontananza genitoriale: “ottenne, ma ti manco?” “senza offesa papà, ma tu sai come sono. Quando non ci siete non mi mancate mai, perché la mia mente è sempre occupata in altre cose. Però ti voglio bene uguale, stai tranquillo”.
Tizianeda sabato ha deciso di rinunciare a inviti e serate tra adulti, ha impastato la pizza e nell’intimità della cucina dei suoi 90 mq, l’ha mangiata con i due minori di casa, tra chiacchiere e risate. Ed è stato un bellissimo sabato sera.
Domenica pomeriggio hanno guardato un film insieme, scelto dalla dodicenne. Lo hanno visto seduti sul divano, lei in mezzo ai due. Uno attaccato al suo braccio sinistro con gamba ossuta sopra le sue gambe e l’altra attaccata al suo braccio destro.
Il film era orribile, come le guerriere fighissime sui tacchi dodici dalla messa in piega indistruttibile. Vederlo insieme e fare commenti cretini lo hanno trasformato in un film comico. Distruggendo per sempre la sua allure gotica auto celebrativa
Tizianeda ha cucinato più del solito, sempre con la musica in sottofondo, passando con disinvoltura da Bach alla Samba. Entrambi, le hanno regalato, con la loro essenza svolazzante, un divertito piacere leggero. Come tante cose, del resto, che le scivolano tra le mani e lo sguardo, come un regalo.
E ora, che è tardissimo, qui dormono tutti. Lo Sposo Errante in Normandia, a concedersi una piccola pausa sorridente e i due quarti dei 90 mq, nel sud suddissimo.
Tutti a gioire dei propri attimi di felicità e della felicità che plana leggera su chi abita le loro vite.
Un buon inizio settimana a tutti voi e un saluto lieve e allegro.
Tizianeda
“Me lo porti un regalo, Sposo Errante?”
“Certo Tizianeda, cosa ti porto?”
“Non so…quello che vuoi”…
Ciao. Ho cambiato idea. Lo so quello che voglio. Voglio che mi porti un faro. Cioè, non di quelli veri che vedrai, quando arriverete lì, con il tuo amico, in quel posto lontano lontano, che la terra finisce e inizia un mare che non ho mai visto. Ché come lo stacchi un faro vero per portarmelo, e poi nei 90 mq non ci entra nemmeno. Mi basta un faro piccolo piccolo, con la luce dentro che la puoi accendere. E la luce deve essere potente e il faro deve poterla contenere, anche se è piccolo piccolo. Che poi, le cose piccole, che le puoi racchiudere tutte in uno sguardo, a volte, possono sopportare montagne di luce, che non ti capaciti.
Ho contato tutti i fari che abbiamo a casa, quelli che sono riproduzioni tridimensionali solide ed esatte e quelli che sono stampati e sparsi sulle pareti. Anche il poster che ti ha regalato il tuo amico e che hai incorniciato e messo sospeso sul muro. Un faro sospeso, pensa. Come si esce dal paradosso di un faro sospeso? A illuminare cosa, la notte sopra il mare che ondeggia anche lei?
Il poster che anche il tuo amico ha uguale uguale, che anche lui lo guarderà sospeso su qualche muro di casa sua, lì su, nella città lontanissima dalla nostra. L’amico che la distanza la beffate, che avete la stessa età, che avete sognato insieme quando eravate piccoli e conosciuto le stesse visioni tonde e colorate dell’infanzia. L’amico con cui sei adesso ,e vi immagino nei vostri discorsi a ridere ridere ridere, mentre viaggiate in macchina, in questi quattro giorni che avete regalato al vostro volervi bene.
E insomma volevo dirti che i fari, nei 90 mq sono tredici. Io ne voglio quattordici, come i nostri anni di matrimonio.
Ché i fari non sono mai abbastanza e io ne voglio un altro. Per quando il buio fuori diventa troppo buio, per quando la luce dentro traballa e non mi fa vedere, come dico io, i contorni del mio cuore e del mio respiro.
Ora devo proprio andare. Divento faro per quei due e così, rassicurarli nella notte.
Divertitevi, Sposo Errante. E ridete tantissimo. Ciao.
Tizianeda
“Mamma, io fra qualche anno devo andare a Tokyo!”
“Veramente ottenne, a far che?”
“Mamma lo sai che voglio diventare da grande creatore di video-giochi… e in Giappone c’è la Nintendo Company, devo andare lì a lavorare”
“Cielo, ma lo sai che se hai questo obbiettivo dovrai applicarti in questi anni nello studio…”
“Mamma, certo che lo so. Intanto devo imparare benissimo l’inglese ché non posso andare alla Nintendo Company e dire soltanto : “my name is o good morning”… l’inglese lo devo sapere benissimo. E poi devo studiare la matematica e soprattutto la tecnologica!”
“E certo, tesoro!!”
“Mamma…ora posso giocare un altro po’ ai video giochi…mi sono rimasti ancora 20 minuti…”
“Ok…metto il timer allora”
L’ottenne, tra le sue passioni sfrenate e compulsive, ha inserito anche i video-giochi. A muovere personaggi strambi e improbabili dentro mondi ancora più strambi e improbabili ci passerebbe giornate intere. Se non fosse per la regola temporale imposta e scansita da un salvifico timer. Per ora dentro i magici mondi pixsel dice di voler mettere i suoi bambini volanti, l’universo con i suoi attraenti pericoli e il rassicurante mondo fuori, popolato da genitori, sorella, cugini amici e parenti. Tutti lì, a volare in fantastiche avventure spaziali, dove nessuno muore e alla fine ci si salva tutti.
Poi quando saprà benissimo inglese, matematica e soprattutto tecnologia, farà le valige e questa volta a volare sarà lui, non nello spazio, ma ancora più lontano. In Giappone.
La Nintendo Company è avvertita.
P.S.: Solo per dirvi che sabato 27 sarò a Catania, felicemente persa tra i saloni del Palazzo della Cultura, che ospita il “Buk Festival della Piccola e Media Editoria”. Non andrò solo per bighellonare tra i libri, ma anche per chiacchierare piacevolmente con uno degli autori lì presenti e così presentare insieme a lui (alle ore 18,00) il suo suggestivo libro – che parla di Sicilia, viaggio, potenti illuminati, poesia, cultura araba e molto altro – di cui ho scritto qualche settimana fa, questa recensione qui: http://www.zoomsud.it/index.php/cultura/72375-il-libro-cutrupi-siate-coraggiosi-come-i-poeti-t-calabro.html
Se venite son contenta. Con me ci sarà lo Sposo Errante, senza i minori intorno, a sostenere come sempre il mio entusiasmo allegro. E sarà contento anche lui.
Tizianeda
Oggi ti ho detto che il post del lunedì forse non lo avrei scritto. Sono sveglia dalle cinque sai, è un po’ che apro gli occhi prima dell’alba e non so perché. Nessun motivo, almeno apparente e questo un po’ mi spaventa, io che devo trovare la spiegazione a tutte le cose, per sistemarmele dentro i pensieri. E insomma mi hai detto che no, il post lo devo scrivere uguale, che lo aspetti. Ma sai, non mi viene nulla da scrivere. Mi appaiono immagini nella testa e niente da dire, se non che oggi sono stata bene con te e con le altre due che insieme ci chiamiamo “Noi 4”. Come “I 4 moschettieri”, come “I Fantastici 4” anche se noi che siamo femmine dovremmo chiamarci “Le Fantastiche 4”, o come “I 4 punti cardinali”, che però dovremmo decidere chi è Nord, chi Sud, chi Est, chi Ovest. Che poi, cosa importa. Noi donne siamo tutti e quattro i punti cardinali, ché dove andiamo, dove il nostro sguardo si posa, diventa quello il nostro posto dove stare, fino a che non sentiamo ancora una volta l’urgenza di rialzarci e cambiare direzione. Divago come sempre. Ecco dicevo che oggi nella casetta montanara, che abbiamo chiacchierato e mangiato e c’erano i figli di tutte noi e anche i mariti, uno a testa, oggi sono stata una meraviglia. Sto sempre una meraviglia con voi. Così diverse che ci siamo notate nella mischia, con calma e pazienza. Da quando i nostri ormai adolescenti dodicenni, hanno iniziato a frequentare la stessa classe elementare. Quattro mocciosi e ora il ragazzo ha una voce che non riconosci più e i piedi lunghi lunghi e le ragazze con quei corpi lievi che fanno prove di femminilità. E hanno tutti lo stesso odore sottotitolato : “in questa casa è passato un adolescente, si prega di arieggiare le stanze”.
E insomma mi è piaciuto quando abbiamo passeggiato e poi ci siamo fatte scattare la foto tutte vicine vicine, con le felci fresche nello sfondo e mi è venuta in mente una fotografia, di quando avevo sette anni e tenevo le mie amiche abbracciate e vicine, proprio come oggi e ho la stessa faccia e lo stesso sorriso felice, anche se con due incisivi superiori in meno. Chè a me piace sapervi presenti – anche se a volte non ci vediamo e sentiamo per un po’ -e cercarvi con urgenza, quando ho bisogno di voci, occhi, sorrisi, mani, abbracci, consolazione femmina .
Oggi, mentre percorrevamo le strade sperdute dell’Aspromonte (ho imboccato con la famigliola, la strada alternativa, quella che a un certo punto vedi la vallata giù e ti sembra che voli), abbiamo visto un campo incolto abitato da centinaia di farfalle. Una roba mai vista, che ho fatto fermare la macchina allo Sposo errante e sono dovuta entrare nel campo per chiamare tutte le farfalle. Si nascondevano nell’erba alta per poi sbucare all’improvviso, come amanti giovani. Sembravano delle ciglia di bambine che sbattono veloci, sembravano dei giochi d’ombra anche se loro erano luminose, sembravano delle risate allegre, sembravano felici e libere, proprio come mi sento io quando sto con voi che sono libera di essere tutto quello che sono e non ho paura di essere interpretata, che vi posso inviare le fotografie mie bruttissime che tanto chi se ne frega.
L’esatto opposto delle farfalle nello stomaco, a pensarci. Quelle fastidiosissime che se ce le hai, ti senti come una tempesta che sta per scoppiare. Con voi invece nessuna tempesta. Ecco, con voi, io mi sento come dentro quel campo incolto, piena di meraviglia e leggerezza e gratitudine.
Tizianeda
E’ sbrindellata, maltrattata, trascurata, con pochi soldi. E’ un po’ come i treni malfermi su cui viaggia lo Sposo Errante. Che sono pochi e sopprimono le corse. E invece di portarne nuovi e funzionanti a vagonate, lasciano invecchiare e morire qui al sud suddissimo quelli consuntissimi, che d’inverno il riscaldamento è in modalità “ocongelioarrostisci” e d’estate l’aria condizionata è perennemente accesa sul tasto “comediotelamanda”.
Così è la scuola pubblica, che la carta igienica te la porti da casa, che si fanno collette, che ci si organizza, che è a volte un percorso arduo e periglioso . Ma poi si sa, che è proprio nei posti imperfetti che fiorisce l’umanità, la passione per il proprio lavoro e per i bambini e i ragazzi a cui tramandare la conoscenza e la bellezza del sapere. Dove i minori, che minori non sono, sentono di essere ascoltati e importanti anche per il mondo fuori. Non sempre succede di incontrare insegnanti così, ma succede. Come succede per esempio, che una maestra il primo giorno di scuola detti ai bambini di una quarta elementare, per esempio, una serie di parole con sopra il titolo: “La promessa dell’insegnante”. E lì dentro leggi una dichiarazione d’amore, di quelle bellissime, di una maestra a tutti i suoi bambini, che non è che sono veramente suoi, ma un po’ è come se lo fossero. Insomma ai bambini con quelle testoline e gli occhi grandi che sono pieni di sorprese e stupore, ma che sanno anche essere molesti fino all’inverosimile e ci vuole un mucchio di pazienza e tanta forza per non fuggire certe volte. E poi è successo che la maestra abbia chiesto ai bambini di scrivere le loro promesse, dei buoni propositi da lasciare a lei, alla maestra. Tizianeda non lo sa in realtà cosa abbiano scritto tutti quei mocciosi dai pensieri iperattivi, eccetto che per uno di loro di cui ha potuto leggere il componimento sul quaderno, ma sa, perché le è stato riferito da un affidabile testimone oculare, che la maestra leggendo si è commossa tanto, ma così tanto che non è riuscita ad andare oltre.
E Tizianeda pensa che quando succede una cosa così, dentro l’aula di una scuola pubblica che non è perfetta, ma sbrindellata proprio come i treni su cui sale lo Sposo Errante, ecco lei pensa che se lì dentro si lavora con tanto sentire, qualche pezzo di questo mondo che a volte va in frantumi, si riattacchi all’altro, come delle dita che si intrecciano o un bottone che si sistema perfettamente nella sua asola o le ciocche dei capelli che formano una treccia lunga lunga e finisce con un bel fiocco colorato.
Ecco, questo è quanto ha pensato Tizianeda, in questa prima settimana di scuola.
Tizianeda
Non li rimandano indietro, non li rimproverano per questo. Fanno spazio tutte le volte che i due, arrivano a sconvolgere fasi rem con le loro presenze calde e silenziose. Ché a volte il loro letto diventa un luogo ostile, diventa il bosco buio di Hansel e Gretel, la terra di mezzo popolata da Orchi e Draghi, il luogo della nostalgia. Così la notte, approdano in quell’isola a doppia piazza su cui gli adulti di casa galleggiano ignari. Si incastrano perfettamente tra i due corpi grandi e si addormentano.
Succede nei 90 mq.
Tizianeda e lo Sposo Errante, ai due minori non li rimandano indietro, tutte le volte in cui chiedono conforto notturno. Li accolgono senza ragionare troppo, facilitati dal sonno. Tanto poi ci pensa il giorno, multiforme, imprevedibile, prepotente, a spiegargli come si fa a diventare indipendenti, a diventare grandi.
Nei 90 mq, a volte il lettone – quando il buio si prende i contorni del mondo fuori – diventa il luogo nel quale approdare, perchè accogliente, rassicurante, amorevole. E forse così, attraverso l’esercizio reiterato di questa transumanza notturna, impareranno a loro volta ad accogliere e consolare, diventeranno presenze luminose per loro stessi e anche dentro la notte degli altri di cui potranno capire lo sperdimento.
E così se il giorno insegna a vivere, la notte può insegnare ad amare.
Tizianeda
Conversazioni carpite in una notte buia, tempestosa e montanara tra l’ottenne e il suo amico del cuore G. dai tempi dell’asilo, prima di addormentarsi .
Due letti messi per l’occasione vicini vicini. Nella stanza accanto, Tizianeda.
Consigli maschi:
G: se tu vuoi conquistare la bambina M., c’è solo una cosa da fare…
O.: cosa?
G : il segreto sta tutto nell’approccio diretto, hai capito? Non te lo dimenticare APPROCCIO DIRETTO! Vedrai che è un metodo infallibile… e poi devi parlare con lo sguardo, io parlo sempre con lo sguardo.
Popolarità:
G : sai io sono molto popolare tra le femmine, sono il corteggiatore della classe.
O : anche io sono stato molto popolare in prima elementare… con i bulli…
Fatiche:
G : ora io andrò in terza elementare dove ci vuole: attenzione e precisione. La terza elementare non è come la seconda.
O : ecco perché a fine anno ero stanco morto.
Consigli fitness:
G : il problema di chi è carino e gentile è che è anche un po’ mollusco. Ma tu non devi arrenderti. Devi fare addominali.
Incubi:
G. : io faccio incubi terribili. L’altra notte ho sognato che mia nonna si faceva un piersing .
O : io ho sognato che ero dentro un treno e finiva l’aria. Per fortuna mi sono svegliato in tempo, altrimenti morivo.
Morti felici:
G : io ho sognato che morivo e andavo in paradiso e incontravo i morti, ma non quelli del cimitero che sono tutti zombie, questi erano morti felici…lo sai che in paradiso puoi mangiare le nuvole?
Mano nella mano:
G : dormiamo tenendoci per mano così ci facciamo coraggio?
O : va bene.
G : però non sognare di baciare M., chè poi baci la mia mano…
Poi hanno smesso di chiacchierare da dentro il loro letti. Hanno richiesto il supporto emotivo di Tizianeda che era nella stanza accanto, che si è accucciata vicino all’ottenne. Così i due amici del cuore dai tempi dell’asilo, si sono addormentati placidi, stringendo l’uno la mano dell’altro.
Tizianeda
Cammino veloce davanti al mare la mattina presto (sì ho ripreso, i 40 minuti solitari, ché mi girava dentro la nostalgia) e mentre cammino scorrono volti e corpi in movimento . Li guardo appena quell’attimo che serve a conservare negli occhi l’ultimo gesto, come una polaroid.
Ecco alcune foto:
– signora, età tanta, rossetto colorato, capelli color distesa di grano bruciato dal sole di agosto. Il completo da corsa: vestito comodo, in lycra forse, con grandi fiori rosa e neri, sandali Dottor qualcosa tutti d’ oro. Ci guardiamo, è un attimo. Mi supera, mi giro a osservarla. Sì, è vera. Sorrido in ritardo a lei che non può più guardarmi . Avrei voluto dirle che mi piace la sua libertà sportivo-espressiva, mi piace la sua strafottenza. E’ un punto fiorato lontano, ora.
– signore dai capelli color nero irreale. Baffi conquestimisentoungigolò dello stesso colore improbabile. Camicia a righe color mal di testa, cintura e pantaloni color tristezza. Giace appoggiato alla ringhiera che delimita la Via Italo Falcomatà. Dall’altra parte il mare. Che il tipo non guarda. Osserva le donne. Non tutte intere: nella zona che va dall’attaccatura del collo alla bocca dello stomaco.Intanto il suo dito indice destro esplora le sue profonde cavità nasali. Sarà un gesto tribale. E poi dicono che gli uomini non sono in grado di compiere due azioni contemporaneamente.
– due donne. Stessi leggins neri. Canotte ugualmente scollate , ugualmente tecnologiche. Una è rosa fluo, l’altra giallo fosforescente. Sembrano due evidenziatori, ma un tantino più boni.
– signore che corre con giacca anti vento e lungo ombrello dal manico ricurvo. L’ombrello non è aperto. Ancora non piove. L’acqua dalle nuvole arriverà tra cinque minuti. Il signore non si bagnerà. Io che oltre al cellulare e le cuffie per ascoltare la musica, in mano non porto niente, sì.
Sarà bellissimo.
Tizianeda