Ott
Ciao voi due. E’ da un po’ che non vi parlo da qui. Da questo mio cuore matto di mamma, da questa composizione di pezzi presi da mille altrove.
Ciao ragazzina. Che quando ti avvicini a me per farti abbracciare, quando l’adolescenza che è distanze ci dà un po’ di tregua, mi avvolgi tutta con quel corpo tuo morbido e bello, e io mi vedo piccola e scompaio e mi fondo e mi immergo con te nel liquido amniotico che ci ha generato. Lo so a volte mi faccio pretesa di mille fare. Studia, obbedisci, lavati, vestiti, sbrigati, chiudi il cellulare, apri i libri, non ti distrarre mentre studi, non mangiare porcherie, vai a letto, lavati i denti, pettinati, il deodorante, non rispondere, rispondi per favore, quelle scarpe no, apparecchia, sistema i tuoi vestiti nell’armadio, non essere superficiale e cose così. E più spesso forse dovrei dirti semplicemente, ti voglio bene e mi piaci un casino. Più spesso dovrei lasciarti essere, piuttosto che chiederti di fare.
Ciao ragazzino, che hai quasi dieci anni. Tu che tieni stretta la tua infanzia per non disperderla nel mondo degli adulti e io so che devo aiutarti invece a lasciarla andare. E’ difficile con te che mi assomigli tanto e ti porti addosso tutta la tenerezza spiazzante degli uomini. E devo trovare la misura giusta tra gli abbracci e le distanze che ti fanno respirare e allargare i polmoni. L’indipendenza nasce dai gesti fatti in solitudine, come un primo volo. Muoversi nello spazio è importante come la conoscenza delle parole. E’ a te, che chiedo sempre più di fare. Perché ogni gesto imparato prende la misura delle nostre possibilità, facendoci diventare grandi.
Ecco è tutto, miei tutti belli, almeno per ora. Portate dentro di voi la memoria dei baci ricevuti nel sonno. Quelli sono i più teneri e preziosi.
Tizianeda