Se ne è andato aveva una voce stanca…dormo ancora un po’……coraggio Tizianeda alzati dal letto…..ce la puoi fare. Ecco …..santo cielo chi è questa tipa sconvolta che mi guarda dallo specchio…che bel silenzio c’è in casa…dai fai colazione che poi svegli i due mostri…orrida cioccolata con le nocciole esci fuori da questa casa… ne assaggio solo un pezzetto che tanto durante il giorno lo smaltisco….
Che ci fa la decenne con lo zaino in spalla alle sette e venti…il seienne sta facendo ancora colazione in mutande con lo sguardo perso..ora lo riporto nel mondo degli umani… come sono belli…..madonna quanto è sbrindellato ….i calzettoni sopra i pantaloni della tuta non si possono guardare……noooo e quelle unghie nere quando gli sono cresciute…cosa penseranno di me le maestre..un bambino allevato nella foresta pluviale dai primati…ecco lei è andata..ora esco sul balcone e la vedo girare l’angolo, ma le ho fatte tutte le raccomandazioni??…Bella della mia vita che bel passo fermo…finisci di prepararti Tizianeda dai che devi accompagnare il seienne…..piove un po’ non ho preso l’ombrello… ma tanto sono cinque minuti a piedi…corriamo…sono l’unica mamma con minore senza ombrello che corre…pero’ è divertente e magari smaltisco il pezzo di cioccolata….siamo due sbrindellati.
Maledette carte quando scomparirete tutte….ogginoncelapossofare….devo rispondere a unmiloneduecentosessantamilacinquecento mail….ho bisogno di caffeina..chiamo la mia amicatuttabella per caffè e chiacchiere al bar giù..tanto sono cinque minuti, vabbè dieci..a volte venti… è che il tempo passa in fretta quando parliamo…
….già le dodici e cinquanta..devo andare a scuola….ha smesso di piovere meno male..avevo l’ombrello stavolta..eccolo…ma cosa penserà mai tutto il tempo..mi avrà vista?..devo portarlo dal barbiere ha i ciuffi in testa esplosi…dov’è la ragazzina… imbronciata come sempre… no è un finto broncio c’è il suo amico del cuore..prove tecniche di femminilità. ..povera me.
…non capisco niente maledetti problemi di geometria..nuocciono gravemente all’autostima delle mamme..quasi tutte le mamme..chiamo la zia Dada così glieli spiega…a me no perché tanto è inutile…
Finirà mai questa giornata?……cosa preparo per cena…vediamo un po’….
Dormono finalmente quanto sono belli… gli dò due bacetti…bene un po’ di pace… ora posso vedermi un bel film o leggere uno dei dieci libri impolverati sul comodino, scrivere un post, chiacchierare con lo sposo errante, o potrei dedicarmi alla cura del corpo, lavarmi i capelli fare ginnastica cucinare per tutta la settimana che viene………mi corico sono troppo stanca.
…anche se venisse Johnny Depp in versione erotica pirata dei caraibi tra lui ed il cuscino sceglierei il cuscino.…ma come mi sono ridot…………………………………………………………………
Tizianeda
“Mamma voglio stare con loro perché gli voglio bene e non così per caso”.
Questo ha detto piangendo l’ormai quasi settenne, dopo aver salutato la zia M., lo zio M., la cugina M e la cugina I., sotto un cielo domenicale gonfio di nuvole, mentre piano ci allontanavamo da un viale fresco di alberi di un quartiere romano, per ritornare a casa nel Sud Sud.
Ed è vero l’amore non è mai così per caso.
Quando per la prima volta Tizianeda ha conosciuto questa famigliola piena di M dove l’unica lettera dissonante era un forse nella pancia della sua mamma, le vite di lei e dello Sposo Errante fluivano parallele e vicine da neanche due mesi, come un gioco allegro, un vortice prodigioso, come due correnti ondose nello scorrere del mare, che si incontrano si toccano e mai si confondono.
Era il 1998, Tizianeda aveva 28 anni, anche se sembrava una ragazzina. Aveva sopracciglia folte, un guardaroba scarno, labili risorse economiche per un lavoro, quello di avvocatessa, ancora poco strutturato e l’entusiasmo incosciente di chi è innamorato.
“Voglio farti conoscere mia sorella e la sua famiglia. Vivono a Roma… ti piaceranno”. Le ha detto sicuro l’uomo adulto di casa.
Così sono partiti la mattina di un dicembre freddo ed umido, attraversando strade malferme dentro un avvicendarsi di Regioni, spensierati e leggeri come la giovinezza.
Poi sul pianerottolo della casa romana, Tizianeda ha poggiato i suoi occhi su un sorriso di attesa e sollievo, il sorriso della prima M, un sorriso con la frangia bionda, con gli stivali ed un prato fiorito rosa su un vestito morbido. Il sorriso di una bambina di nove anni dalla voce calma e riflessiva.
Quella bambina ha sorriso a Tizianeda, ai suoi ribelli capelli neri e ricci, ai suoi pantaloni larghi, alle sue scarpe da tennis, alla sua faccia senza trucco, al suo corpo piccolo e formoso. Quella bambina è stata la porta aperta che ha fatto entrare Tizianeda serena nella nuova famiglia che da quel giorno è diventata anche la sua.
“Sai zietta quel giorno avevo paura che dall’ascensore uscisse una donna bionda alta con la minigonna le calze a rete ed i tacchi a spillo”. Questo ha confessato a Tizianeda molto tempo dopo la nipote M., affascinata e spaventata dai racconti che sentiva sullo zio scapestrato e libero, che scompariva con la sua Enduro e volteggiava felice tra le nuvole con un paracadute sulle spalle.
Così Tizianeda è entrata in quella casa che profuma di cucina buona, di lenzuola fresche e ricamate, di pane, di vino rosso sulla tavola apparecchiata, di pulito.
E’ entrata avvolta dai sorrisi, che l’hanno ammaliata e conquistata.
Ed ancora oggi, in questo tempo mutato dal nostro vivere, con dentro la nipote I, oggi tredicenne sottile e fluttuante, nata dopo un silente e sorprendente colpo di teatro, con dentro la decenne ed il seienne, si sono salutati domenica mattina, la famigliola e la nonna santa Gina venuta anche lei dal Sud Sud, con le tre M ed una I, con gli stessi sorrisi di tanti anni fa e quel piacere lieve e riposante di quando si sta insieme e che ferma il tempo, che non è mai così per caso, come dice sagace il piccolo di casa, avvolto dalla nostalgia.
¬
Tizianeda
Driiiin
“Signora siamo gli elettricisti in quale stanza dobbiamo andare?”
Driiiin
“Avvocatessa sono venuto a controllare lo scanner che non funziona”
Driiin
“Tizianeda, sono la mamma vecchietta, apri”
Driiin
“Ciao collega, sono venuta a prendere le misure della stanza”
Driin
“Mamma mi puoi stampare il disegno di una zucca?”
Driin
“Riciao mamma, anche di un albero di ulivo”
Driin
“Mamma mi ero dimenticata… devo fare una ricerca su internet sugli dei dell’Olimpo ”.
“Signora dobbiamo staccare la luce dieci minuti”
“Io non ho finito di controllare lo scanner”
Driin
“Ciao collega sono venuta per parlare di quella questione”
Driin
“Mamma scusa se ti disturbo ma volevo ricordarti di comprare i denti di Dracula per la festa di Halloween”.
Din don
“Tizianeda sono la Fatina delle Donne Sfiancate! Oggi esaudirò un tuo desiderio, ma sappi che non puoi chiedere cambiamenti epocali della tua vita, tipo diventare alta bionda magra e figa, ma solo un piccolo desiderio che possa portare un po’ di sollievo alla tua vita supercinetica”
Se succedesse una cosa del genere, cioè se davvero all’improvviso suonasse alla porta questa tipa con un desiderio da esaudire, anche se piccolo piccolo, Tizianeda chiederebbe senza pensare di poter dormire. Dormire di un sonno profondo e ristoratore. Dormire per due giorni di seguito come la Bella Addormentata sul Baldacchino, senza però il noioso Principe Sempreazzurro con il suo zelante bacio del risveglio. Perchè in questi giorni di un autunno tardivo, Tizianeda è un tripudio di sbadigli accompagnati dalla voglia di accasciarsi ovunque: sulla sua scrivania di lavoro, mentre il primo pomeriggio controlla i compiti del seienne, in Tribunale sulla spalla di un qualsiasi comodo collega, o mentre aspetta il suo turno da qualche parte, o ancora mentre guida.
Però siccome è avida di desideri, lei vorrebbe anche avere i capelli auto-pulenti ed auto-ordinanti invece di ricorrere ad orari terroristici e nemici del sonno per dargli una forma ed un contegno, vorrebbe le gambe lisce e lucide, anziché un habitat incolto e rigoglioso, vorrebbe ingozzarsi di cioccolata e dolci senza soffrire di apocalittici sensi di colpa e delle diatribe con la bilancia in cui finisce sempre per essere perdente.
E poi vorrebbe lo sposo errante stanziale, e lei lavorare meno. Uno stare lento in casa, un bicchiere fumante di tè, il vento del Sud, che gira fuori la sera, che è un rimprovero ed un canto malinconico, un libro stretto tra le dita come un incontro fortunato e salvifico, i bambini indaffarati nel loro fare rilassato.
Solo questo chiederebbe alla Fatina delle Donne Sfiancate….sempre che un giorno non troppo lontano, questa tipa strana, suoni alla sua porta.
Tizianeda
“Signora buon pomeriggio chiamo dalla scuola media di sua figlia…. abbiamo pensato a lei in qualità di rappresentante di istituto e quindi le chiediamo di candidarsi”.
Tizianeda che avrebbe potuto dire cose del tipo “ Gentile signora della scuola media di mia figlia, sono lusingata per questo invito che denota stima, ma i molteplici impegni che mi vedono protagonista e da me assolti con modalità ineccepibili mi costringono a declinare la richiesta”, invece ha detto “Ehm……grazie ma già ho la sensazione di fare tante cose e tutte male e francamente non vorrei infoltire l’elenco”.
Questo il brillante esordio di Tizianeda nella scuola media della decenne, neofita frequentatrice della classe prima, il venerdì pomeriggio prima di varcarne la soglia per incontrarsi con gli insegnanti della ragazzina.
Perché venerdì è stato un pomeriggio di votazioni ed incontri nelle scuole media ed elementare dei due minori, contemporaneamente e nello stesso orario, costringendo Tizianeda a esercitare il talento matriarcale dell’ubiquità.
In questo correre nevrotico ha carpito notizie e informazioni sulla vita scolastica dei due. Ha appurato che il laconico “tutto bene tutto ok” usato dalla decenne come risposta univoca e monocorde alle domande invasive di Tizianeda sul suo profitto, sono condivise dalle insegnanti, anche se espresse con frasi più articolate e complesse.
Poi Tizianeda veloce come Wonder Woman, si è catapultata nell’altra scuola per ascoltare le maestre del seienne il cui responso anelava come la profezia di un oracolo. “Signora il bambino è bravo ama particolarmente la matematica ma durante le lezioni a volte si assenta, noi lo richiamiamo ma lui sembra non sentirci”. Questo mi ha detto la maestra di matematica, bionda e piena, come una dea dell’Olimpo.
“Lo so” ha risposto piano Tizianeda.
Lo sa, perché anche a casa all’improvviso il piccolo sognatore varca i confini della nostra dimensione spazio-temporale per viaggiare chissà dove.
Lo sa perché il quasi settenne ti spiazza con domande tipo “ma perchè tu e papà non mi avete chiamato Gesù?”
O che dice cose tipo”quando il bambino fastidioso è fastidioso io non voglio fare come lui altrimenti mi riempio di negatività, perché io sono pieno di positività”.
Che ha declinato l’invito a far parte del “club” del compagno più temuto della classe “mamma io sono contrario ai club io voglio solo essere amico”
Che zio Peppino,fratello di Tizianeda, dopo neanche un mese che aveva occupato il suo spazio tra noi umani, ha ribattezzato piccolo Buddha per quella sua aria serafica e distaccata.
Che ama il gioco delle bocce come un tranquillo pensionato.
Che ha inventato un mondo abitato da minuscoli esseri fluttuanti, nati da un uovo, che parlano il mimiese una lingua che solo lui capisce.
Che dice che il mondo sarebbe triste senza le ragazze.
Che disegna continuamente bambini felici e saltellanti con le braccia e le gambe mai in asse, che sconfiggono mostri, vivono fantastiche avventure, e che fa vivere sul suo diario i quaderni i libri ed ogni spazio bianco che trova, del tutto incurante delle minacce di Tizianeda.
Per questo Tizianeda alla maestra ha risposto piano : “lo so”.
O forse avrebbe dovuto dire “maestra tranquilla, tutto bene tutto ok”.
Tizianeda
Quando Tizianeda è triste triste, lei pensa ad un tavolo.
Perché, quando era una bambina dalla sensibilità complicata, e il mondo che le girava intorno infastidiva la sua fantasia anarchica, andava da quel tavolo scuro e solido della stanza da pranzo di casa, si accovacciava tra le sue gambe storte e scompariva . Seduta sopra il pavimento rosso, guardava i suoi pensieri che correvano veloci. Pensava indispettita ai grandi, alle loro vite strane con tante parole e troppe cose da fare.
Poi, si sa che quando si è bambini all’improvviso la rabbia e la tristezza passano e si dileguano. Allora lei usciva dalla sua tana domestica, per rientrare nel presente giocoso con i fratelli.
Quando Tizianeda è triste, ora che bambina non sarà mai più e se la deve cavare come un abile funambolo incosciente tra tante storie da tenere salde, tra il lavoro con dentro decisioni da prendere, scelte da fare persone da incontrare o con cui scontrasi, quando tutto questo le costa una fatica triste, lei pensa al suo tavolo di tanti anni fa, che fermava il tempo che era grande e solido come una nave solitaria nell’oceano, e che oggi ha perso la magia .
E allora aspetta che la tristezza passi, mentre attraversa vibrando la sua vita strana da adulto, con tante parole e troppe cose da fare.
Tizianeda
Ci sono domeniche che vanno così come devono andare.
Domeniche che sembra che non succeda niente ed invece a pensarci si riempiono di tante cose. Anche se rimani a casa, arriva sera e pensi “oggi non sono uscita”, ma anche “però non mi dispiace”.
Quindi così è andata questa domenica:
° Tizianeda ha cercato di dare una consistenza più dignitosa alla cesta del suo bucato, perchè se avesse aspettato ancora, tutta quella roba informe le sarebbe caduta addosso seppellendola per sempre.
Ha conversato sul balcone con le sue vicine di casa del piano di sopra. Ha cercato di carpire i segreti del loro bucato profumato e soffice, mentre prendeva dal filo steso i suoi jeans inodore e paralizzati, apprendendo che loro usano detersivo e ammorbidente e pigiano un bottone per avviare la lavatrice. Poi le sue vicine di casa le hanno confidato che se si lava i capelli con acqua ed aceto di mele, verranno morbidi e lucenti. Domani Tizianeda comprerà al supermercato l’aceto di mele, sperando di non rimediare capelli puzzolenti e crespi.
° Ha lavorato. E’ uscita dalla porta di casa sul pianerottolo, ha fatto una sola rampa di scale, ha aperto un’altra porta e già era nel suo studio di avvocatessa.
Ha scritto un bel po’ di cose noiose, ma siccome era domenica e di domenica non si può essere disciplinati come gli altri giorni della settimana, sempre che si riesca ad essere disciplinati gli altri giorni della settimana, ha contemporaneamente ascoltato musica a tutto volume, e sulle note di “People have the Power” di Patty Smith che la decenne dice essere bellissima – “mamma ha una luce speciale”- ha anche cantato e ballato tra faldoni, codici, stampanti e scanner. Ogni tanto ha dato una sbirciata a tutti i social network in cui è coinvolta, dicendosi a cantilena “giuro questa è l’ultima volta”.
° Lo sposo errante che era andato a trovare santa Gina la sua mamma, è ritornato insieme al seienne ed alla decenne, con lasagne al forno e parmigiana preparate dalle mani sapienti della nonna. Tizianeda che ha mangiato tutto come un camionista affamato dopo una lunga trasferta, poi si è lamentata per il resto della giornata, progettando nella sua testa strategie dietetiche e ginniche ed ossessionando lo sposo errante : “ma hai visto che pancia che ho?” “quale pancia?” “ma puoi una buona volta dirmi che sono ingrassata?” “a me non sembra e poi mi piaci così” “ho capito è inutile parlare con te”.
° Ha anche sonnecchiato sul letto insieme alla parmigiana ed alle lasagne che resistevano ad ogni forma di digestione. Ha giocato con suo nipote Simone di quasi quattro anni, prodotto divertente e folle dell’unione amorosa di Elisabetta e zio Peppino, fratello di Tizianeda, Simone che è figlio dell’ottimismo dell’ostinazione e del coraggio di questi due. Ha ripassato le tabelline del due del tre del quattro e del cinque, fatto il solletico alla decenne che ride anche se non la tocca, ha ascoltato lo sposo errante che suona il basso elettrico e si esercita a casa, e quando ha un po’ tempo lui con il suo strumento va a musicare in casa di un amico. C’è chi suona il piano, chi la batteria, chi la chitarra elettrica. “Che nome ha la tua band? No perché un nome ci vuole” “mmmm” “io propongo “la speranza è l’ultima a morire” o “The last hope” come diceva Elisabetta, oppure “siamo attempati ma pieni di buoni propositi”” “…”.
° A proposito di Sposo Errante. Oggi sono 14 anni che lui e Tizianeda stanno insieme, intendo da quando sono fidanzati. Lui se ne è dimenticato, lei non gliel’ha ricordato, perché vuoi mettere la soddisfazione di immaginarlo mentre legge questo post, si batte la mano sulla fronte e dice ”porca miseria è vero!”. Tizianeda dinanzi al buco nero dell’uomo adulto di casa, ha avuto una reazione imprevedibile: ha pensato “ma sì capita!”. Sarà che il tempo scorre e si modifica e tu con lui, sarà che Tizianeda sa che la sostanza è fatta di altro e non di date da ricordare, o forse sarà stata questa domenica che è andata proprio così.
Tizianeda
L’infido mostro Ogginoncelapossofare si aggira inquietante e minaccioso, non solo la mattina, quando la sveglia suona in orari incompatibili con il tuo bioritmo.
Non solo nel turbine nevrotico del tuttoprestosubitobene che è il tuo lavoro.
Oppure la sera quando tu e la tua stanchezza siete un tutt’uno melmoso ed informe ed il sonno diventa la prospettiva migliore della tua vita.
L’infido mostro Ogginoncelapossofare gongola beato anche nell’ora in cui i bambini si trasformano in sofisticati strumenti di tortura.
“Cari bambini, è giunta l’ora dello studio, chiudete i vostri amati libri di letteratura, scienze, filosofia e recatevi nelle vostre stanzette”.
“Sì madre con slancio e gioia”.
Questo è quello che nell’intimo ogni genitore vorrebbe accadesse nel caos della propria casa.
Tuttavia il più delle volte le dinamiche familiari prendono sentieri differenti e più tortuosi.
“Ora basta chiudete la televisione ed iniziate a studiare !”
“…..”
“Insomma!!”
La decenne, neofita della scuola media, si impossessa della sua postazione nella stanzetta. Si alza dalla sedia una quantità di volte accettabile, è sempre “tutto bene tutto ok”. Quando le chiedo di ripetermi la lezione del giorno, così all’improvviso, come fa un Finanziere a cui un attimo prima hai aperto le porte del tuo locale e un attimo dopo è con i tuoi libri contabili in mano, lei non batte ciglio e si rende disponibile come un onesto cittadino.
La guardo incredula, pensando che forse è stata rapita di notte da due compassionevoli genitori extraterrestri per poi essere riportata nel suo letto, ignara e geneticamente modificata. O forse, la non più bimba è soltanto cresciuta.
Poi c’è il seienne ormai quasi settenne. Il tempo dei compiti per lui è un grafico impazzito che sale fino alle più alte vette dell’efficienza per poi all’improvviso scendere giù giù verso gli abissi della disperazione : “Sono staaaaanco, ho bisogno di riposaaaarmi, ho trooooppi compiti…..” ecc ecc.
In mezzo a questo delirio pomeridiano c’è un po’ di tutto.
Ci sono le irrinunciabili ed improcrastinabili urgenze. “che ti prende ora” “Mi scappa la cacca…però vieni con me”. Poi c’è la pipì, la sete inconsolabile di un maratoneta nel Sahara, il dolore alle gambe, prima la destra e poi la sinistra e viceversa, e la pausa respiro. Nella stanza con la sorella non studia più, perché ineluttabile arriverebbe tra i due il momento degli insulti e della rissa. Se distolgo lo sguardo, in un lampo, il quaderno, le penne, il diario ed il borsellino vengono accerchiati da pupazzi con le facce allampanate e pazze “mi devono guardare mentre faccio i compiti”.
Ogni tanto decide di esprimersi nella lingua dei suoi esseri immaginifici “la smetti di fare le pernacchie?” “non sono pernacchie è il pernacchiese”, che si aggiunge al mimiese al titiese ed al fiffiese.
Però gli piace ripetere le lezioni per infarcirle di fantasie poetiche ed aggettivi sorprendenti. Come quando ha dovuto imparare il modo in cui l’uomo nei secoli è riuscito a misurare il tempo. Gli è piaciuto talmente che ormai la ripete tutti i giorni.
“Quando il sole si trasformava in luna gli uomini capivano che era notte” “ma il sole non si trasforma in luna” “si lo so mamma ma mi piace dire così”
“E poi l’uomo è diventato più tecnologico, più intelligente e creativo, così ha inventato l’orologio” “Accidenti e questi aggettivi chi te li ha insegnati?” “nessuno, lo sai che io penso tanto”.
E così il pomeriggio scorre e sfrigola come i moti ondosi.
Dopo tutto questo, Tizianeda fugge non molto lontano, solo un piano più giù rispetto a quello di casa, nello studio di avvocatessa, ignara che alle sue spalle c’è quel tipo strano ed inopportuno in agguato: il silente e malefico mostro Ogginoncelapossofare.
Tizianeda
Ha i capelli lunghi e biondi, cadono uguali sulle guance e le spalle. Li sposta distrattamente con un gesto veloce della mano, lato destro, lato sinistro e così via, eco di un vezzo antico da ragazza. Ha il sorriso aperto e gli occhi di chi ha il peso di tante vite da gestire, perché tutto fili in qualche modo. Sono occhi che guardano dall’alba. Vorrebbe essere a casa, nel silenzio della notte, i bambini a letto, il respiro lento e caldo, il tavolo in cucina già pronto di tazze per il latte, zucchero e biscotti, mentre la moka sul fornello ti rimanda al profumo del caffè che domani ti consolerà da un risveglio inopportuno.
Ed invece è lì, seduta ad un tavolo con me accanto e tanta gente intorno. Non ci vediamo spesso. Sempre alla festa di compleanno di qualcuno. Anche io sono stanca. Penso al mio letto e alle lenzuola fresche, al momento in cui il corpo si rilassa ed i pensieri lentamente sfumano.
Parliamo e mi racconta quello che già so, perché è una storia che mi ripete quando ci vediamo. Ed io l’ascolto ogni volta come fosse la prima.
“Non mi aiuta in niente. Ho tutto sulle mie spalle, lavoro, figli, scuola, cucina, casa, spesa…. Se gli chiedo il favore di fare una cosa mi dice sempre che è stanco……”
“ E tu non gli parlare più se non ti rispetta, non gli preparare i pasti caldi, non fare l’amore, non gli comprare i suoi cibi preferiti, non lavargli le camicie e se proprio lo devi fare lavale a 100 gradi ed infila un capo rosso fuoco possibilmente suo in lavatrice, così rovini pure quello, tagliati i capelli fatteli folli o sbarazzini, guardati allo specchio e ripeti mille volte che sei magnifica ed importante, accendi ogni tanto la musica a tutto volume ed invece di passare l’aspirapolvere balla e canta a squarciagola. Prendi i tuoi figli ed uscite, camminate piano e ridete insieme….”
Avrei voluto dirle tutto questo, ma no, non l’ho fatto. Per mancanza di coraggio, per il pudore che ti impedisce di invadere con le tue parole le storie altrui. Perché a volte la vita raccontata ha un peso diverso per chi la racconta rispetto a chi invece la riceve. Per il suo sorriso buono, perché lei sa come la penso, perché non ho mai dispensato suo marito dalle mie dispettose battute piene di rivendicazioni femministe.
“Io non credo che se collabora in casa faccia un favore a te, perché in famiglia tutti aiutano tutti , ci si viene incontro, è un rapporto di solidarietà, ognuno dà il proprio contributo”.
Questo soltanto le ho detto.
Così la sera ha proseguito lenta con la nostra voglia di andare via da lì, fino agli auguri al festeggiato ed ai saluti di commiato e poi finalmente casa a farci consolare dal sonno dentro lenzuola fresche e spiegazzate.
Tizianeda
Tutti e quattro seduti in torno alla tavola. Mangiamo.
Poi irrompe il Piccolo con i suoi discorsi visionari.
“Mamma tu e papà non vedete in HD”
“…”
“Io e mia sorella invece vediamo in HD”
“Che vuol dire HD ?”
“Alta definizione, ovvio. Il mio amico Giuseppe che porta gli occhiali come te e papà, non vede in alta definizione”.
“Ovvio certo”.
……..
“Mamma pensavo…”
“Si tesoro”
“Pensavo che, se con la mente mi sforzo per spostare gli oggetti poi mi può scappare una puzzeta”.
“Come?”
“Certo. Quindi è meglio che non fisso troppo le cose per spostarle con il pensiero. Che se poi mi scappa una puzzetta mi imbarazzo”.
“Sono perfettamente d’accordo amore mio”.
“OK ho finito di mangiare…ora mi posso alzare da tavola?”.
“Sì ti puoi alzare”.
p. s. :
nei giorni scorsi è stato sciolto il Consiglio Comunale della mia città, Reggio Calabria, per il miscuglio melmoso con ‘ndranghetisti ed affaristi.
Al posto degli abitanti di questa nave sfasciata, il Governo ha nominato tre uomini che si chiamano Commissari, che sono un po’ come i cavalieri della tavola rotonda nominati dal re, o meglio i tre moschettieri chiamati dalla regina a proteggere la corona.
Me li immagino (perché la speranza è un atto dovuto) coraggiosi e indomiti come i bambini, i poeti e i visionari, o semplicemente come la gente onesta e sagace.
Spero che il loro sguardo sia in HD, come quello del seienne e della decenne. E spero che riescano a spostare tante cose brutte della mia città, anche se per lo sforzo gli scapperanno molte puzzette.
Un’ultima cosa sui Moschettieri. Il quarto, quello più importante, siamo tutti noi.
Un saluto allegro e speranzoso.
Tizianeda
Lo Sposo Errante ed il suo amico di sempre, vagano beati per le lande sperdute della Scozia, viaggioregalo per i loro compiuti cinquant’anni e antica promessa mantenuta. Per loro sono giorni miracolosamente sospesi, pieni di chiacchiere solitarie in un generoso tempo autogestito.
Me li immagino come spavaldi Indiana Jones, curiosi come Bruce Chatwin ed empatici come il capitano Kirk e il signor Spock però senza il teletrasporto.
Tizianeda, che ama le storie che viaggiano nel tempo, proprio come questa, che avrebbe voluto seguire i due cinquantenni per sbirciare curiosa le loro gesta, per lenire l’ansia da lontananza e il timore che non torneranno più, per dare sfogo alla sua fantasia compulsiva e soprattutto perché è una buffona senza speranza, in questi giorni si è rappresentata nella sua mente iperattiva, cosa sarebbe potuto accadere ai due girovaghi :
1. Scoprono che il mostro di Loch Ness esiste davvero. In una notte nebbiosa ed umida, mentre contemplano il lago fermo e silenzioso ricordando i loro trascorsi fanciulleschi, quella specie di drago acquatico sbucherà infido dalle acque, imprigionandoli nelle sue viscere come Geppetto e Pinocchio nel ventre della Balena. Nessuno li troverà più.
2. Mentre percorrono nell’ automobile noleggiata, le lunghe strade desolate della Scozia che tagliano la brughiera, distratti dalla corsa di centinaia di daini su un prato, non scorgeranno il gregge di pecore che attraversa la strada, così le investiranno e ne uccideranno una decina.
Il pastore padrone, grosso peloso vagamente odoroso di whisky e di stalla , in preda ad una funesta ira compulsiva, sfascerà la macchina dei due malcapitati con una grossa clava causalmente in suo possesso. Li sequestrerà, e per farsi risarcire li costringerà a sposare le sue figlie grosse, pelose, vagamente odorose di whisky e di stalla. Ci sarà un rito gaelico al cospetto di tutte le bestie della fattoria. Nessuno li ritroverà. Forse un giorno riusciranno a fuggire.
3. Si sistemano comodi su un battello pensando di godere di una breve gita panoramica. In realtà per un inspiegabile equivoco, salgono su un peschereccio rompighiaccio che li porterà sino alla Groenlandia. Il barcone sosterà lì per tutto l’inverno. I due saranno adottati dalla comunità Inuit, si dedicheranno alla caccia del bue muschiato ed alla pesca di gamberetti e narvali facendo buchi nel ghiacci . Ritorneranno in primavera.
4. In Scozia non sono mai arrivati.Sono a Rio de Janeiro ad ancheggiare al suono di salsa e merengue con toniche e discinte fanciulle in un tripudio di sudore e mojto. Se ritorneranno non lo so.
In realtà niente di tutto questo è successo, almeno non ancora.
Lo sposo Errante ed il suo amico in questa serena pausa dell’età di mezzo, hanno già ammirato le bellezze del Lago, senza tuttavia avere incontri ravvicinati con il mostro. Si sono placidamente accomodati sui sedili di un battello che li ha portati davanti alle rovine di un antico castello, e poi sono ritornati al porticciolo dal quale erano partiti, senza perdersi o essere divorati da esseri immaginifici.
Hanno percorso chilometri e chilometri in macchina e contemplato paesaggi e villaggi scozzesi. I daini li hanno visti veramente, le pecore pure. Nessuna di queste bestie è stata travolta dalla loro guida disinvolta. Non hanno incontrato pastori.
Sono approdati su un’isola che si chiama Arran, non molto lontana dall’Irlanda , dove la flora e la fauna sovrasta numericamente la presenza umana. Mentre la nave scivolava sul mare freddo del nord, hanno avvistato uno squalo elefante potente ed imperturbabile.
Ogni mattina lo Sposo Errante, per integrarsi con gli indigeni, mangia pane tostato, bekon, uova che a guardarle nelle fotografie che ci manda, sembrano mozzarelle di bufala campana, beve anche il caffè o qualcosa di simile.
La sera ci sentiamo e ci vediamo con i sorprendenti strumenti tecnologici di internet.
Il seienne gli rammenta di portargli qualche regalo, la decenne sogna di andare anche lei un giorno in un posto lontano, con un’ amica.
Così la famigliola partecipa gioiosa a questo viaggio, perché non c’è chi parte e chi invece resta ad aspettare, ma un miscuglio potente di esperienze e di vita che si mescolano si sovrappongono ed a volte si dividono, perché alla fine siamo tutti viaggiatori e non è il dove ma è sempre lo sguardo quello che conta.
Tizianeda