Qualcosa di inaspettato

La giornata, si prospettava uggiosa e uguale alle altre. Una mattina che proprio non hai voglia di andarci in quelle stanze che sono delle scatole chiuse, luce e aria in un tutt’uno grumoso. Con i neon neri di polvere, che colorano le facce di giallo.
Si chiamano aule di udienza questi posti, ché sei avvocata e la mattina così è il lavoro, a prendere i fascicoli, che poi tra le parole scritte a macchina ci sono storie di persone. Devi parlare con i colleghi e il giudice seduto sullo scranno. Tutti dentro questa nave ormeggiata di sbieco. Così sei lì insieme agli altri, che si vede vorrebbero essere altrove, forse fuori sotto il cielo a bighellonare per le strade, o davanti al mare a farsi ipnotizzare, a guardare la Sicilia dall’altra parte, con le montagne bitorzolute in fila. Invece aspetti il tuo turno e parli con i colleghi e il giudice e blablablabla.
Poi però, quel giorno è successo qualcosa di inaspettato.
“Avvocato il consulente è già qui per il conferimento dell’incarico…gentilmente, parlate a bassa voce e rispettate la fila. Stanotte non ho dormito e non mi sento bene…allora ingegnere lei accetta l’incarico che le ho conferito vero?”
“Sì giudice”
Ora glielo chiedo. Con quell’affermazione rimasta sospesa…
“Ha il bambino malato? Per questo non ha dormito ?”.
“Sì avvocato, mio figlio ha vomitato tutta la notte non le dico lo stavo per portare all’ospedale”
“Gastroenterite?”
“No catarro…gli viene la tosse così violenta che vomita..infatti scusate ho il cellulare aperto ma se mi chiamano dovrò andare via….Ingegnere di quanto giorni ha bisogno per la perizia? Novanta, va bene scriviamo….sono stanchissima avvocato forse due ore avrò dormito…. è che non si fa fare l’aerosol”.
Qui con il corpo, lì con il cuore, e un po’ qui e un po’ lì con le parole: una donna.
Così l’aula ingessata si è sciolta in un abbraccio empatico tra muscoli facciali finalmente rilassati, che per un attimo ho pensato che ci saremmo tutti presi per mano e avremmo intonato un canto gospel, chiedendo esultanti di essere salvati dal catarro, dal vomito e dalla tosse.
“Giudice le volevo dire una cosa”
“Mi dica Ingegnere, abbiamo omesso qualcosa nel verbale di udienza?”
“No…se il bambino non si vuole fare l’aerosol, gli dia le gocce pediatriche xyz, sono miracolose!”
“Grazie ingegnere le scrivo qui sul foglio!”.

Tizianeda

Carissima e insostituibile sorellina

“Carissima e insostituibile sorellina…” . Un incipit lieve e innocente, per una lettera appoggiata su una storia che inizia in un tempo lontano lontano, che quasi non si crede. Una lettera su un foglio bianco e ruvido, riempito di parole chiare. Parole intrecciate dentro una trama antica, che quando tutto è cominciato c’erano due bambine di dieci anni, due compagne di scuola, due vicine di casa, due amiche. Insieme hanno visto il loro corpi riempirsi, e poi… poi i loro ventri gonfiarsi e ancora svuotarsi. Hanno visto i seni e la pelle dell’altra raggrinzire, senza troppa paura del tempo, che inesorabile, si prendeva la loro giovinezza.
Una lettera appoggiata su una storia che inizia tra due bambine di dieci anni l’una l’opposto e il completamento dell’altra. G. svampita, anticonformista, passionale, svogliata, generosa, ostinata, alta di una bellezza nervosa. M. obbediente, studiosa, timorosa, sincera, sognatrice, piccola e riccia di capelli neri e fitti su una faccia tonda. Loro due insieme a percorrere spazi antichi fatti di poche cose, dentro un tempo semplice, in bianco e nero. Lungo questa linea le bambine sono diventate donne. Una studiava, studiava e sospirava con le narici sopra libri pieni di amori romantici e improbabili, l’altra che l’amore lo aveva davvero, con lui si sposava diventando madre . Poi si sa che il destino fa giochi di prestigio con la vita e M. quella seria e sognatrice, la consolidata zitella, la laureata, la professoressa di lettere, diventava anche lei insieme a tutto il resto, sposa e poi madre, di tre figli, di Tizianeda e dei suoi fratelli Dada e Peppino oggi zia e zio della decenne e del settenne .
Dentro questo tempo mutato, le due, hanno continuato a vedersi ed amarsi di un amore antico e misterioso che solo l’amicizia sa. Come due adolescenti, hanno continuato a telefonarsi tutti i giorni ed incontrarsi, per chiacchierare, consigliarsi, raccontarsi e abbandonarsi senza ritegno alla loro passione senile, i rebus, ossessionando figli nipoti e mariti per accellerare la soluzione da portare trionfante all’altra.
“Questo animale cos’è Peppino?” “”Un muflone” “Oh fai il serio..Tizianeda cos’è questo?” “Mi sembra un muflone” “Ho capito lo chiedo a vostra sorella che non è come voi!” “Sì però se ti fai suggerire mica è corretto!” “Anche lei si fa aiutare e non le dicono scempiaggini come fate voi due !”.
Ed ora che l’amica del cuore della mamma vecchietta, da ormai due anni vive in una città dalla parte opposta all’Italia di qua giù, perché lì c’è chi ha troppo bisogno di lei. Ora che non le vedo più sedute una accanto all’altra spalla contro spalla a chiacchierare fitte con la Settimana Enigmistica tra le mani nodose. Ora che il telefono è il filo che le fa sentire più vicine. Che si spediscono fotografie e lettere piene di tenera intimità scritta a mano, perché loro vengono da un tempo altro. Insomma, ora penso al prologo di questa storia così bella e antica, penso al valore dell’amicizia che non chiede, ma si nutre del rilassato piacere di stare e crescere insieme con la persona che la vita ti ha portato davanti, ma che tu hai scelto. Penso alle quattro lievi parole scritte dall’amica lontana : “carissima e insostituibile sorellina”, che magicamente mi hanno fatto capire che le due donne anziane sono sempre quelle due bambine di dieci anni, nel tempo in cui scoprivano stupite la grazia e l’innocenza dell’amicizia.

Tizianeda

Due versioni

Versione nr. 1:

Nel condominio dove abita la famigliola, vive da pochi anni una coppia di sposi cinquantenni.
Lui è uomo del Sud come Tizianeda, lei viene da una civile e composta nazione europea.
Sono alti, belli, eleganti e sobri.
Lavorano entrambi per una società. Non staranno molti anni in città.
Salutano cordialmente quando ti incontrano, si soffermano per chiacchierare senza essere invadenti. Per il resto del tempo sono presenze discrete e impercettibili.

Versione nr. 2:

Nel condominio dove abita la famigliola, vive da pochi anni, una coppia di sposi cinquantenni.
Lui dice di essere uomo del sud, lei dice di venire da una civile e composta nazione europea.
Sono alti, fascinosi, eleganti e discreti.
Non è dato sapere se come e quanto si fermeranno nella stessa città di Tizianeda.
Quando ti incontrano, salutano accennando un sorriso, si intrattengono appena, per il resto del tempo sono presenze evanescenti e misteriose.
Apparentemente lavorano per una società.
In realtà sono due spie sotto copertura per i servizi segreti internazionali. Praticano il Judo, il Karate, il Kung Fu, il Taekwondo e la Lotta greco-romana. Parlano perfettamente l’inglese, il francese, il tedesco, il cinese, l’arabo maghrebino e tutte le lingue caucasiche nord-occidentali. Maneggiano pistole e bazooka con la stessa naturalezza con la quale Tizianeda appoggia i piatti sulla tavola per apparecchiarla. Hanno una collezione di armi Ninja nascoste in un cunicolo segreto, come Batman o Highlander.
Nel buio della notte, vestiti con aderentissime tute nere, come quelle di Eva Kant e Diabolik, saltano tra i tetti dei palazzi per stanare pericolose bande di criminali.
Ora……
Una delle due versioni è vera, l’altra pare di no …ma Tizianeda non ricorda più quale…

Tizianeda

Camminando a zig zag la domenica pomeriggio

E’ successo che Tizianeda è uscita con la ragazzina, la sua quasi undicenne. Domenica pomeriggio, che già fuori era buio e i negozi sulla via principale tutti aperti. E’ successo che hanno passeggiato lente, insieme al fluire umano, come piace a noi del sud che tanto anche d’inverno, non fa mai troppo freddo. E’ successo che hanno riso e scherzato e camminato a zig zag come due ubriachi, perché Tizianeda non sa procedere dritta ma ondeggia – “Non hai il controllo del tuo corpo” le dice sempre lo Sposo Errante – così come la decenne che ha assorbito come un’osmosi, la stessa andatura incostante. E’ successo che la serata procedeva allegramente, tra chiacchiere, risate e improvvise dichiarazioni d’amore filiale. E’ successo tutto questo fino a quando Tizianeda ha ricordato che doveva rinfoltire quegli indumenti del guardaroba che languivano ormai scarni dentro un cassetto di casa sua. Una parte mai utilizzata, perché regalo di amiche spiritose ed ottimiste ma nemiche della praticità e del confort.
“Dai entriamo nel negozio tesoro, così ne compro qualcuna”.
“Mamma che ne dici di questa?” “Ma che scherzi?” madonna è da porno star. “Allora questa?” “Sono al contrario. Vedi la parte sottile, quella che sembra un filo va dietro. Pensa che scomode. Comunque no ” “Queste?” “Per carita, è come non averle!” .
Così Tizianeda ha scelto in totale autonomia, mentre la minore, inorridiva dei gusti per lei bacchettoni della sua mamma.
“Tesoro non le lasciare incustodite sul bancone che magari qualcuno non sapendo le prende”
“Mamma stai tranquilla, nessuno vorrebbe le tue mutande tristi”.
Così le due sono tornate a casa insieme al pacchetto con dentro gli indumenti “tristi” ma sufficientemente arditi per Tizianeda. Hanno camminato ridendo rassegnate per quella distanza estetica, hanno camminato ondeggiando,in quel modo strambo che appartiene solo a loro.

Tizianeda

L’ozio,la scuola, il funambolo e gli alieni

Dopo quasi quindici giorni di permanenza dentro casa, dopo che li ha visti aggirarsi in mutande e vestaglia o stravaccati sul divano. Dopo aver urlato un numero imprecisato di volte, per lo stato di devastazione indifferente della loro stanza. Dopo essere stata travolta da infidi sensi di colpa per non avergli riempito questo tempo vacante, con gite, incontri culturali, viaggi, cinema, libri, teatro, escursioni, inviti di amici con torte e biscotti, con attività ludiche e altro.Insomma dopo tutto questo, le sinapsi cerebrali, quelle poche sopravvissute, si sono concentrate su un unico palpitante desiderio: la riapertura delle scuole, evento salvifico, ripristinatore di vite caotiche e ormai senza regole.
Tizianeda invoca la scuola, così quei due minori debosciati, la finiranno di fregarla tutte le sere, facendosi trovare caldi e incollati sotto il piumone matrimoniale. “Stanotte dormiamo qui!” le dicono quando pensa di trovarli addormentati nei loro letti. Mentre l’uomo adulto di casa sacrifica il talamo nuziale, pregustandosi la solitudine notturna nella stanza dei minori, Tizianeda si rassegna a dormire con i due tipi sorridenti e felici. Per questo lei invoca la scuola, santa protettrice delle notti agitate. Così il bambino magro e spigoloso la finirà di addormentarsi lungo la metà del suo corpo regalandole un risveglio scricchiolante. Così il settenne troverà un limite nella stanchezza scolastica, alla sua logorrea compulsiva – “mamma lo senti questo rumore?” “mmm” “forse è un cadavere” “i cadaveri non fanno rumore” “allora è un cadavere che sta per morire “non credo” “allora è uno zombie” “può darsi però ora dormi”. Invoca la scuola, così tra lei e il suo sonno non si piazzerà il respiro profondo e cavernoso della decenne interrotto da frasi in una lingua di provenienza aliena.
Invoca la scuola, perché la sbracata rilassatezza di questi giorni ha causato una crescita allarmante delle unghie del settenne, libero anche dall’acqua come Pig Pen, che è stato sottoposto a un restailing come quello di un competente specialista, o di un autolavaggio fate voi.
Invoca la scuola, perché ci sono state mattine in cui tutta la famigliola ha dormito fino alle undici, con gran stupore generale specie di Tizianeda che ha un ricordo annebbiato di questi risvegli giovanili e senza figli. La invoca, perchè quando sei cresciuta con in testa il mantra della sua mamma ora vecchietta “l’ozio è il padre dei vizi”, tutte quelle ore perse hanno il peso gravoso dei sensi di colpa. Invoca la scuola, perché in fondo Tizianeda ha uno spirito anarchico, che deve un po’ imbrigliare in regole e orari per non dargli troppo spazio, perché le piace trovare l’equilibrio tra la follia e il bisogno consapevole di ordine. Come il funambolo, certo che per non cadere dal filo sospeso, sì deve essere un po’ tocco, ma anche straordinariamente equilibrato, con addosso una divertita fiducia in se stesso e nel filo che lo protegge dal vuoto.

p.s.: mentre Tizianeda vi scrive lo sposo errante sta guardando un film. “Ho comprato un film bellissimo stasera lo vediamo tutti” “ solo se e’ d’amore, dove lui ama lei, lei ama lui e poi vivono felici e contenti” “no è il prequel di Alien, bellissimo!” “vado di là a scrivere il post!”.
Ecco perché Tizianeda invoca la scuola e la fine delle ferie. Così la sera lui, nel bisogno impellente di ricongiungersi con il letto non potrà scegliere film con orridi mostri bavosi e musiche agghiaccianti, dove tutti o quasi tutti muoiono dopo due ore di ansiogene scene sanguinolente.

Tizianeda

Due mesi prima…ed ovviamente auguri

“Mamma ho deciso come mi vesto a carnevale, ho disegnato tutti i pezzi del vestito che devo indossare. Guarda”
“Carnevale? Ma mancano ancora due mesi!”
Il settenne, che fa schizzare i suoi pensieri verso lontani mondi spazio-temporali, che ama perdersi in altrove bizzarri e fantasiosi, ha costretto l’intera famigliola a esaminare il foglio di carta su cui nell’ordine erano disegnati: 1) un pantaloncino azzurro 2) due guanti neri 3) un maglione nero 4) una pallina nera con sopra scritto “naso” 5) una coda a forma di nuvola 6) la parte davanti e la parte di dietro di una testa con due orecchie lunghe lunghe accompagnate dalle seguenti didascalie: “partedidietro” e “parteavanti”.
Poiché il tentativo di distogliere il settenne dalla progettazione ed immediata realizzazione del costume ha avuto lo stesso effetto della luce dentro un buco nero. Poiché il minore, è dotato dell’insana ostinazione di uno scienziato pazzo con le sue invenzioni, tutta la famigliola ha trascorso il pomeriggio, che sognava ozioso e privo di movimento cerebrale, nella programmazione del costume.
“I pantaloncini azzurri li abbiamo ed usi quelli. Compriamo una calzamaglia nera. Poi ti metti il tuo dolcevita. Il naso si disegna. Per la coda trovo un pon pon e lo cucio o almeno ci provo. Il problema sono le orecchie con quella forma lì”.
E mentre Tizianeda sottoponeva i suoi pensieri ad immani sforzi per adattare le sue inesistenti capacità sartoriali alla chieste creazione, lo Sposo Errante, uomo notoriamente pratico, silenzioso, e sbrigativo, trovava sul web il cappello con quelle orecchie lunghe da coniglio e senza pensarci troppo lo acquistava. Finalmente la pace e l’ozio venivano ripristinate nel micro regno della terra capovolta.

p.s.: Auguro a tutti voi curiosità, stupore e umanità. Che sia un anno di luoghi dove incontrarsi. Buon 2013!

Tizianeda

E’ successo in questi giorni

Il giorno della vigilia.

Tizianeda si è svegliata presto presto, quando ancora tutto attorno a lei dormiva e la casa muta galleggiava dentro l’ultimo buio. Si è svegliata all’improvviso, perché sono emersi dai meandri del sonno pensieri natalizi, da lasciare dentro la sua terra capovolta. Ha preso il suo mini computer da sopravvivenza e lo ha acceso. Mentre scriveva la famigliola ha cominciato a ripopolare le stanze, nel frattempo abbandonate dalla notte. Prima il settenne, poi lo Sposo Errante, in fine la decenne. Tutti scalzi e con la stessa faccia sgualcita da sbaciucchio.
Dopo la colazione, siccome il giorno della vigilia ci sono tante cose da fare, tipo completare la spesa, pensare alla tavola da imbandire in attesa dei dieci adulti e dei sei bambini che avrebbero occupato dopo qualche ora i 90 mq della casa, Tizianeda, che è avvocatessa, è andata in Tribunale per fare un favore ad una collega di un’altra città. Che mica poteva farla venire il giorno della vigilia: “ma scherzi ci penso io! Dieci minuti e sono fuori dalle cancellerie”. Ed invece nella stanza della cancelliera Tizaneda è stata più di un’ora, perché la poveretta che quel giorno si sentiva male, che svolge il lavoro per le dieci persone che in quel Tribunale non ci sono, che tra qualche mese andrà in pensione, la vigilia di Natale ha sentito irrefrenabile il dovere di andare al lavoro. “Come faccio se non vengo metto l’ufficio nei guai”. Per questo Tizianeda si è fermata e ha ascoltato questa signora dal corpo generoso e dagli occhi buoni e stanchi. Per questo si è seduta e l’ha ascoltata con pazienza, pensando che l’Italia galleggia perché c’è la cancelliera che non ce la fa più, ma non è riuscita a stare a casa mandando tutti al diavolo.
Poi Tizianeda è ritornata nei suoi 90 mq, ha accertato il persistente stato di devastazione della stanza dei due minori, ha rivolto ai due frasi poco Natalizie, ha lanciato strali e minacce ed è di nuovo uscita.
E’ entrata ed uscita da varie botteghe per comprare viveri, per poi approdare in un negozio piena di latticini gastroterroristici. Lì c’era una sua collega sopravvissuta al quarto parto, con la pelle luminosa da allattamento compulsivo della figlia nr. 4.
“Vi dispiace se passo prima che devo correre ad allattare?”.
Una donna giovane ben vestita ben pettinata ben impellicciata e molto molto bionda, l’ha guardata rilasciando la sua disapprovazione estetica alla pancia della quartipera non ancora rientrata nei ranghi della normalità. Una signora anziana molto cotonata e tristemente truccata, ha avuto un sussulto stizzito che le è partito dall’angolo destro della bocca rossa per espandersi in tutto il corpo. Un signore dal volto dimesso ha cercato di rimpicciolire fino a scomparire. Dal fondo una voce “ci mancherebbe passa pure”. Gli astanti si sono girati all’unisono verso la voce, accomunati dallo stesso sguardo livoroso, che Tizianeda ha accolto con un sorriso serafico. La donna che doveva allattare nel frattempo si è fatta servire ed è andata via.
Tizianeda è poi ritornata a casa dove per pranzo l’aspettava una quantità imbarazzante di crispelle fatte dalla mamma vecchietta. Lei ha mangiato quella morbida pasta di pane fritta, ripiena di alici e pomodori secchi insieme a bicchieri di vino generosamente versato dallo Sposo Errante. Tizianeda così ha proseguito il pomeriggio molto allegramente, sentendosi un tutt’uno armonico con l’universo e leggera come una silfide.
“Ci vediamo l’ultimo film di Harry Potter?”
“C’è “Mai dire Mai”, mamma, che è cattivo!”
“Chi?”
“Mai dire mai, Voldemort!”
“Settenne, si chiama Colui che non si deve nominare, non Mai dire mai!”.
Tizianeda che doveva cucinare per il cenone di Natale, che si era ripromessa mentendo a se stessa, di vedere solo la prima mezz’ora del film, ha iniziato a cucinare due ore dopo, alle cinque del pomeriggio. Ha apparecchiato alle sette di sera, ma per l’ora di cena tutto era miracolosamente pronto. La casa si è riempita dei nonni, dei fratelli di Tizianeda e i loro sposi e spose, di sei bambini e di un casino infernale. E dopo tanto cibo, vino, risate, imposti canti natalizi pedriatici, un tripudio di grida misto ad eccitazione compulsiva, un tipo strano vestito di rosso e la barba bianca, quest’anno alto e magro, dopo regali scartati, carta colorata e nastri sparsi per un pavimento ormai invisibile, anche questa vigilia di natale è stata archiviata nell’armadio dei ricordi allegri della famigliola.

Il giorno di Natale.

Il giorno di Natale, il copione è sempre lo stesso, ma cambiano i protagonisti e la location. C’erano la nonna santa Gina, le sorelle dello sposo errante M ed A, i nipoti belli, hanno mangiato, bevuto, riso tanto, chiacchierato, ricordato e giocato a carte. Tizianeda ha provato un gusto rilassato nel puntare capitali che andavano dai due ai venti centesimi.
Per il resto la giornata è stato un tripudio di ozio e pensieri che oscillavano tra il proposito di iniziare una dieta ferrea e punitiva o mangiare uno dei torroncini al cioccolato che giaceva insieme ad altri in una ciotola della casa. Poi Tizianeda tra la strada ardua e tortuosa piena di spine e serpi che l’avrebbe condotta al paradiso dei magri, e quella piana ed asfaltata che porta verso le anime dannate dai chili di troppo da smaltire, ha scelto. Si è alzata dal suo letto dove giaceva spalmata da tempo immemore, si è avvicinata alla ciotola appoggiata sul tavolo, ha tolto l’involucro dorato dal torroncino, e se lo è mangiato, che tanto la strada della santità non fa per lei.

Tizianeda

Che ci sia

Che ci sia un abbraccio che sciolga la tristezza, come la primavera il ghiaccio che copre la terra.
Che ci sia un sorriso per chi non crede più nell’uomo, come un passaggio magico che ti porta in un altrove colorato.
Che ci siano carezze per i pezzi rotti di una vita, come mani prodigiose che passano sugli oggetti frantumati per aggiustarli.
Che ci siano parole calde e lente per chi non si riconosce più, come un mantra antico o una preghiera arcana che scaldano e consolano.
Che ci sia un incontro lieve per chi ha ricordi che offuscano l’anima, perché il presente diventi la sola storia da conservare nella memoria.
Che ci siano occhi per intercettare la bellezza anche sotto un cielo nero.
Che ci sia stupore che scopre il prodigio dentro l’ordinario, come quando si era piccini .
Che ci siano tepore e mani da stringere per chi attorno alla tavola imbandita ha posti vuoti.
Che ci sia la passione che muove il tempo facendolo deviare, che fa sentire vivo un popolo anche se la storia gli sta implodendo addosso.
Che ci sia l’onestà che sberleffa i potenti chiusi nei palazzi.
Che ci sia la sagacia che non giustifica ma supera e scavalca.
Che ci sia la bontà che salva l’innocenza e che proteggerà il bambino.

Buon Natale dalla terra capovolta. Buon Natale a tutti voi da Tizianeda.

Tizianeda

Un pomeriggio, tacchi dodici e calzettoni di lana

“Vieni che ti abbraccio, magari è come la legge dei vasi comunicanti la bonaggine passa da te a me!”
Ride ed è bella con quella fila dritta di denti bianchi. Lei è la cugina tacco dodici, femmina in pensieri parole opere ed azioni. Si sono incontrate con Tizianeda. Lei, che abita in un’altra città calabrese è arrivata con la sua macchina e sua figlia che le somiglia. “Aspetta che mi cambio le scarpe”. Si risiede sui sedili posteriori. Tizianeda si accorge solo adesso che ai piedi, ha normalissimi stivali bassi. Una bestemmia praticamente. Dalla profondità della macchina tira fuori due oggetti contundenti. Le sue fedeli compagne di vita. Le sue scarpe dal tacco acuminato. Sfila le altre e si mette il prolungamento naturale delle sue gambe. Ora è proprio lei. Le due cugine iniziano a camminare a piede lungo una ripida discesa. E mentre Tizianeda nella normalità dei suoi accessori bipedi deambula zigzagando, lei scende con lieve naturalezza, la stessa che Tizianeda ha, quando vagola per casa con i suoi calzettoni di lana, senza la parte lieve però.
E’ tanto che non si vedono. Oggi sono felici perché l’amore vuole abbracci e corpo. Lei cammina e guarda, consapevole di ogni centimetro femmina del suo corpo. Tizianeda si affianca a lei, figlia della zia Sisa, la zia che non c’è più, la zia santa. Le cinge il braccio con il suo. “Parlami di nonna Ines, io ho pochi ricordi, tu l’hai vissuta di più” le chiede “Era bellissima, alta e con le gambe lunghe e sottili ” “Porca miseria avevo un 50% per cento di possibilità di assomigliarle e mi sono beccata il 50% sbagliato” Ridono e sembrano una cascata .“A volte stava a casa con la sottoveste nera e le scarpe eleganti, e cuciva a macchina. La nonna era matta, amava la vita, era una bambina, litigava con il nonno, si amavano follemente”.
Passano veloci le due ore che si sono regalate, si riabbracciamo. Si sentono consolate da questo fluire amoroso che ha viaggiato per generazioni e vite, dove ognuno si porta qualcosa dell’altro.
Quanto alla bonaggine invece, la cugina se l’è riportata tutta con sé insieme ai tacchi dodici, che poi mica Tizianeda ci sa camminare. Lei che già sta pensando ai suoi comodi calzettoni che l’aspettano a casa, dove ritorna lieta e carica di storie che le appartengono.

Tizianeda

Quello che piace alla decenne al settenne…e a Tizianeda

A Lei:

1. Johnny Depp. Tizianeda non avrebbe dovuto farle vedere “I pirati dei caraibi”: Johnny Depp nuoce gravemente alla salute e provoca dipendenza.
2. I gioielli, purchè non di bigiotteria e ricoperti da uno spesso strato di brillanti dalla luce accecante .
3. Il suo ciuffo, che sposta in continuazione prima a destra e poi a sinistra, a volte si ferma in questa attività oscillante, lo liscia con le mani compulsivamente, poi ricomincia con l’atavica danza femminile dei capelli.
4. Strass e pailette su magliette, pantaloni, camicie, vestiti. L’assenza di questi “sobri” elementi renderebbe per lei ogni guardaroba triste,vecchio, anonimo. Tizianeda ogni tanto guarda il suo e si chiede da chi abbia preso questa graziosa ragazzina.
5. Le scarpe con i tacchi. A volte prende quelle di Tizianeda, le indossa, cammina per casa rumoreggiando, emette mugolii di piacere e si spertica in raccomandazioni – “Non le rovinare mamma mi raccomando che poi le dovrò indossare io”, ”Si però ora posale che altrimenti non arriveranno intere”… già, per quel giorno molto molto lontano in cui uscirai la sera con i tuoi amici gridando a Tizianeda e a tuo padre, io vadooooo, mentre la loro reazione si scontrerà con la porta chiusa di fretta e con il cigolio dell’ascensore che si allontana.
6. Cani, gatti, serpenti, squali e ogni essere vivente strano. Tutti i documentari che parlano di cani, gatti, serpenti, squali e di ogni essere vivente strano.
7. La chitarra. Da sabato lei e lo sposo errante andranno insieme a musicare dallo stesso maestro. Prima uno e poi l’altra. Lui con il basso lei con la chitarra, elettrici tutti e due. Speriamo che il settenne non decida di suonare un altro strumento. Tizianeda non sopporterebbe l’idea di quei tre che si esercitano contemporaneamente in 90 mq.

A Lui:

1. La matematica. Il mistero familiare più grande, effetto di modifiche genetica sin dal concepimento…o di uno scambio nella culla. “Sai perché la matematica mi piace così tanto?” “Francamente mi sfugge” “Perché i numeri sono infiniti ed ogni giorno ne posso aggiungere uno in più, e poi la matematica è come un video gioco, è difficile però io mi diverto e così diventa facile e supero tutti i livelli” , “…”.
“Ma come hai fatto ad imparare la tabellina del nove così velocemente?” “Mamma è facile..nella tabellina del nove andando avanti le decine crescono, l’uno diventa due, il due poi tre … e le unità diminuiscono, parti da nove ed arrivi a zero, vedi si muovono così “ , “…!”.
2. La pasta e lenticchie. Più dei dolci, più delle caramelle, più della cioccolata. La mangerebbe la mattina al posto del latte, la porterebbe a scuola per merenda, la vorrebbe cucinata a pranzo e cena, od in qualsiasi momento di impellente bisogno di conforto.
3. Le donne formose. “Mamma non dimagrire per favore!” “E se mi facessi gli addominali scolpiti!” “Che schifo!”. Tizianeda non avrà mai gli addominali scolpiti anche se si sottoponesse a sedute sfiancanti, però le piace sentire dall’artefice dell’irreversibile modifica del suo ventre, che le donne con l’addome scolpito fanno schifo, anche se lei la rivorrebbe la sua pancia di tanto tempo fa!
4. La sua compagna di banco M. dagli occhi grandi circondati da ciglia che volano verso l’alto e scendono verso il basso. Sua cugina della sua stessa età che si crede sua sorella gemella, e la fidanzata da sempre F. che un giorno dice sposerà, anche se non si frequentano più da due anni.
5. Ballare, che fa con ipnotici gesti decisi e virili. Anche un ticchettio per lui è ritmo e musica. L’unica autorizzata a guardarlo è Tizianeda.
6. Ballare con le canzoni dei tamarrissimi Black Eyed Peas, la sua musica preferita. Con buona pace dello Sposo Errante che da anni diffonde per l’aria casalinga ben altro genere. I Black Eyed Peas piacciono molto anche a Tizianeda ed a volte quando è sola in casa, li ascolta a tutto volume e balla.
7. I fumetti di Topolino che legge avidamente sperticandosi dalle risate. Tizianeda ancora non ha capito cosa di quel topo educato e bacchettone lo faccia così tanto ridere.

Quanto a Tizianeda, a lei piacciono da impazzire questi due così diversi così unici, come uno spettacolo di cui non riesci ad immaginare il seguito, ma che contempli e segui … perché non puoi fare altro.

Tizianeda